Il dramma ingiustificabile del figlicidio

Un gesto orribile senza giustificazione: l'uccisione di due bambini di 12 anni da parte del padre allunga la lista delle violenze familiari

La tragedia di Margno, in provincia di Lecco, dove un padre ha ucciso i figli 12enni, due gemelli maschio e femmina con cui era in vacanza, per poi togliersi la vita, ha riacceso l’attenzione sul dramma dell’incapacità di gestire le separazioni e le relazioni. La fine di un rapporto porta troppo spesso a casi di stalking e violenze ai danni dell’ex, soprattutto donne. Ma a colpire nel gesto estremo di Mario Bressi, 45enne di Gessate che si stava separando dalla moglie, è il fatto di aver tolto la vita ai figli, prima di suicidarsi.

Il dramma dei “figlicidi”

Secondo l’ultimo rapporto Eures, in Italia nel 2019 sono stati commessi 158 omicidi in famiglia, 1 ogni 55 ore. In 19 casi le vittime sono state figli. I cosiddetti family e intimate homicides sono dunque poco meno della metà del totale degli omicidi. Nel caso specifico dei figlicidi il picco si è registrato nel 2018, quando sono passati da 20 a 33 in un anno, mentre nel 2019 sono tornati ai livelli precedenti. Le armi da taglio sono le più utilizzate (31,7%), seguite da quelle da fuoco (27%) e dal soffocamento/strangolamento (15%), come nel caso di Margno. Quanto all’età in 1 caso su 10 (67 delle 682 vittime degli ultimi quattro anni) i figli erano minorenni. Di questi il 6,2% aveva meno di 5 anni.

Un gesto ingiustificabile

«Un gesto estremo come questo è ascrivibile a un caso di femminicidio, con l’unica differenza che invece di uccidere la moglie l’uomo ha ucciso i figli, ossia il bene più prezioso per la donna. Sono casi clinici, dietro i quali spesso c’è una problematica psicotica, una depressione magari non manifesta, che è esplosa senza che fosse preceduta da comportamenti violenti. Resta, però, la sua totale e completa ingiustificabilità. Si può cercare di inquadrare il problema da un punto di vista psichiatrico, ma non certo assolvere un atto simile o chi lo commette» spiega Paola Ventura, avvocato esperto di diritto di famiglia e gestione dei conflitti, che collabora con il Tribunale di Milano.  

C’è chi parla del complesso di Medea

Per inquadrare quanto accaduto in casi come quello di Margno, alcuni psicologi parlano di complesso di Medea. Nella mitologia greca Medea, ripudiata dal marito Giasone, si vendica uccidendo la nuova moglie e i propri figli. Ci si rifà a questa figura mitologica per rappresentare il comportamento di chi, sentitosi tradito o abbandonato, si vendica distruggendo il rapporto tra i figli e l’altro genitore. Non è infrequente in casi di separazione che un genitore spinga il figlio a scegliere tra madre e padre. In casi estremi si arriva a gesti come quello di Bressi. «Nel caso specifico potrebbe anche spiegarsi in questo modo, ma il concetto di fondo è che l’uomo sembra non essere stato in grado di vedere altra possibilità futura al di fuori del legame di coppia» spiega Carlo Trionfi, psicoterapeuta, docente di Psicologia Giuridica presso la scuola di specialità del Minotauro di Milano, perito presso il Tribunale di Milano, impegnato come consulente presso servizi e comunità di cura e tutela minorile. 

Come sono cambiate le separazioni

La moglie si era rivolta a un avvocato di Milano per le pratiche di divorzio, ma il legale ora conferma che tra i due non c’erano state minacce, denunce o tensioni. «La signora non aveva alcuna intenzione di portargli via i figli» spiega l’avvocato della donna, Davide Colombo. Eppure Bressi le ha inviato tre sms via WhatsApp per avvertirla che non avrebbe mai più rivisto i figli. La sola idea di divorziare deve essergli risultata inaccettabile.

«Da diverso tempo la gestione delle separazioni è cambiata, soprattutto in Tribunali come quello di Milano che è capofila nell’applicazione dell’affido condiviso e della bigenitorialità» spiega Paola Ventura, avvocato esperto di diritto di famiglia e gestione dei conflitti, riferendosi alla legge 54/2006: «Questo riequilibrio era necessario e ha portato a ridurre la conflittualità. Ci sono però anche diversi padri, consigliati dai propri legali, che tendono a utilizzarlo in modo “strumentale” per evitare di pagare il mantenimento ai figli. Quando però si ritrovano a vivere con la quotidianità da soli, non sempre si sentono all’altezza. Spesso sono disorientati: non sono ancora caduti gli stereotipi della madre che aveva solo la funzione di accudire i figli e del padre che si limitava a mantenere la famiglia – spiega l’avvocato – Non è semplice gestire la quotidianità con un figlio da genitore separato e questo può creare un forte senso di frustrazione».

Pari genitorialità e niente assegni di mantenimento

Da un lato le associazioni dei padri separati, che in Italia sono circa 4 milioni, lamentano una scarsa applicazione della legge sulla bigenitorialità soprattutto in alcune zone d’Italia, dall’altra un eccessivo carico dei costi di mantenimento dei figli porterebbe a un aumento della povertà degli ex mariti. I dati però indicano che in alcuni Tribunali madri e padri hanno raggiunto pari diritti, che si traducono nell’assenza di assegni: «A Milano in media i figli sono affidati 15/16 giorni al mese a ciascun genitore, il che implica che non serve alcun assegno» conferma Ventura. Anche il foro di Genova segue la stessa linea, prevedendo che ciascun genitore provveda ai bisogni del figlio nel tempo in cui lo ha in affido. Il vero problema, semmai, è arrivare a una separazione in casi di violenze, che sono aumentate ai danni delle donne soprattutto durante il lockdown.

Il lockdown e l’aumento delle violenze sulle donne

Già prima della pandemia e della successiva chiusura, ai casi di separazione si affiancavano quelli di violenze domestiche, con vittime per lo più donne. Secondo quanto emerso dalla Giornata di studio per magistrati e professionisti del Diritto di Famiglia, tenutasi lo scorso gennaio a Roma, le separazioni giudiziali erano di poco superiori (15%) alla percentuale (12%) delle denunce per violenza presentate dalle donne. Con il lockdown il numero di richieste di aiuto giunte al numero antiviolenza e App 1522 è aumentato: secondo l’Istat è arrivato a 5.031 telefonate, pari al 73% in più di quelle giunte nello stesso periodo del 2019.

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