Alienazione parentale: cos’è e cosa cambia con il ddl Pillon

Le madri sono sempre più spesso accusate di “svalutare” gli ex partner agli occhi dei figli al momento di separazioni e divorzi. Un fenomeno che sta crescendo soprattutto nei casi di violenza e che il ddl Pillon rischia di far lievitare

Sono oltre 174 mila le separazioni e i divorzi in Italia, in crescita rispetto ai circa 138 mila del 2008. Secondo l’Istat nel 54 per cento dei casi i figli minori sono affidati alla madre, nel 24 per cento stanno alternativamente con entrambi i genitori, mentre nel 17 per cento vivono col padre. Ma per i centri antiviolenza si sta assistendo a un’inversione di tendenza: secondo i legali che assistono le donne vittime di maltrattamenti, sono in aumento le CTU contro le donne, le perizie che accertano la Parental Alienation Syndrome (PAS).

L’alienazione genitoriale nei casi di violenza

Si tratta dell’alienazione genitoriale, il tentativo di un genitore di screditare l’altro, spingendo il figlio a rifiutarlo o ad averne paura. “È un fenomeno preoccupante su cui abbiamo deciso di avviare un monitoraggio specifico dopo aver raccolto testimonianze sempre più numerose, che crediamo cresceranno se il ddl Pillon diventerà legge” spiega Raffaella Palladino, presidente di D.i.Re, Donne in Rete Contro la Violenza, che riunisce oltre 80 centri antiviolenza in Italia. “Le donne corrono il pericolo di diventare vittime due volte: la prima per le violenze in casa subite dal partner; la seconda nelle aule di tribunale, dove sempre più spesso vengono accusate di alienare il figlio rispetto al coniuge, in pratica spingendolo a non volere stare con lui. In questi casi il rischio è che il giudice decida di togliere i figli alla madre, per affidarli a una comunità. Crediamo che non sia un bene né per la donna né per il minore, che magari ha anche assistito alle violenze domestiche” dice Palladino. 

Quando si può parlare di bambino “alienato”?

Il tentativo di svalutare l’altro genitore in un conflitto di coppia è un comportamento noto, ma oggi a far discutere è il riconoscimento sempre più frequente di una vera e propria “sindrome”. Fu ipotizzata dal medico statunitense Richard Gardner e pur non essendo riconosciuta come tale dalla comunità scientifica (L’Organizzazione Mondiale della Sanità non la prevede), compare in alcune sentenze della Corte europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo e nelle normali cause di separazione e divorzio: “Se c’è violenza è normale che il genitore vittima attui un comportamento di tipo protettivo nei confronti del figlio, cercando di evitargli contatti con quello maltrattante. Spesso si parla di bambino alienato, ma occorre una valutazione profonda delle situazioni, senza generalizzare. Il problema è che l’alienazione è invocata anche in casi di non violenza e a volte è usata in modo strumentale nei conflitti di coppia per orientare i giudici e ottenere un affido. La difficoltà per i periti (psicologi, neuropsichiatri) è saper distinguere tra i vari episodi e valutare se un genitore è realmente adeguato o inadeguato a occuparsi dei figli” spiega Paola Ventura, avvocato esperto di Diritto di Famiglia, mediatore civile e familiare. Ad aggravare la situazione ci sono i casi sempre più diffusi di genitori che non sono d’accordo tra loro e neppure su come gestire l’educazione dei figli: “Secondo la mia esperienza presso il Tribunale di Milano, sono in aumento le coppie non sposate che arrivano in giudizio senza avere il minimo accordo, spesso neppure sui principi educativi da seguire con figli nati magari da una breve relazione, in età matura. Ma sono proprio i figli quelli da tutelare” spiega l’avvocato.

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Il ddl Pillon: “bigenitorialità perfetta” o “crociata contro le donne”?  

Il disegno di legge 735 che prende nome dal suo firmatario, il senatore Simone Pillon, mira a una “bigenitorialità perfetta”, cioè vuole riscrivere la legge del 2006 sull’affido e la condivisione dei figli. In pratica, il nuovo piano genitoriale terrebbe conto del tenore di vita a cui è abituato il figlio. Chi ha più mezzi contribuisce di più. Ogni genitore manterrà il figlio nel periodo che gli spetta: ciò comporterà, nella pratica, che il minore debba dividersi tra la casa del padre e quella della madre per un numero di giorni stabilito dal Tribunale. Tutto ciò ha lo scopo di “contrastare il grave fenomeno dell’alienazione parentale. Secondo Linda Laura Sabbadini, ex responsabile del Dipartimento per le Statistiche Sociali e Ambientali dell’Istat, il ddl Pillon è “una crociata contro le donne, che limiterà la possibilità di denuncia e dunque di separazione” specie per le donne (37 per cento) che hanno subito violenza dal partner e avranno più paura a esporsi, per non perdere i figli. “Se il figlio si rifiuta di vedere il padre, succederà che si addossi automaticamente la responsabilità alla madre e in questo modo entrambi verranno ‘puniti’. Come ho detto in audizione alla Commissione Giustizia del Senato, il 64 per cento dei bambini assiste alla violenza domestica. Non può essere che il bambino si rifiuti di vedere il padre perché lo ha visto picchiare la madre?” aggiunge Sabbadini.

Diversa l’opinione del pediatra Vittorio Vezzetti, Co fondatore del gruppo di studio International Council on Shared Parenting sull’affido di minori e collaboratore di Pillon: “PAS è una definizione che non si trova in nessuna parte del contratto di governo né dei vari testi per la riforma dell’affidamento condiviso. Il testo unico che riassumerà le diverse istanze emerse anche dalle audizioni servirà a ridurre il fenomeno dell’alienazione genitoriale perché metterà in campo la miglior arma preventiva: il riequilibrio dei tempi di frequentazione e cura. Una campagna di svalutazione e indottrinamento ha, infatti, meno probabilità di avere successo se la prole ha modo di frequentare adeguatamente il genitore-bersaglio, cosa che oggi purtroppo avviene raramente. Inoltre saranno previste sanzioni severe per chi formulerà accuse di violenza fisica o psicologica palesemente strumentali, fino alla revoca della responsabilità genitoriale” aggiunge Vezzetti, che spiega: “Stiamo adattando alla realtà italiana la positiva esperienza dell’Australia che, inserendo contemporaneamente percorso obbligatorio per coppie con figli fino a 16 anni e presunzione giuridica di affido materialmente condiviso, ha ottenuto una riduzione delle giudiziali del 30% in due anni. In Svezia le cause sono scese a 400 all’anno, in Danimarca entra nei Tribunali il 4/5% delle coppie separande. Ecco perché i professionisti sono preoccupati”.

La mediazione obbligatoria

Il ddl 735-Pillon prevede anche la mediazione familiare: un incontro obbligatorio e gratuito, da cui però sono escluse le persone soggette a misure di protezione. L’obiettivo è ridurre il ricorso alle cause giudiziali. Quanto al costo (10/30 o 60/80 euro a seconda che ci si rivolga a centri convenzionati, alla Asl o a privati), “si stanno cercando risorse per il gratuito patrocinio per i meno abbienti e comunque i costi sono inferiori rispetto a quelli di una causa in tribunale” conclude Vezzetti. 

Cosa succede all’estero

L’affido paritetico in Italia è pari solo al 2%, che sale al 3% per quello materialmente condiviso, mentre quello materialmente esclusivo riguarda la quasi totalità dei casi (95%). In Europa la situazione è differente: in Danimarca i minori affidati di fatto solo ad un genitore sono il 52%, che scendono al 45% in Belgio e al 30% in Svezia. Anche in Australia e Quebec rappresentano meno della metà (54%). In compenso sono maggiori gli affidi materialmente condivisi con percentuali che variano dal 25% della Danimarca al 35% dell’Australia, e di quello paritetico, con punte fino al 40% in Svezia. (Fonte: Comparative Research on European Children ad Divorced, 2016)

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