virus sinciziale
Un anticorpo monoclonale come "vaccino" contro il virus sinciziale nei bambini

Cos’è il monoclonale contro l’infezione sinciziale (che aveva avuto Vittoria Fedez-Ferragni)

Il virus sinciziale colpisce i bambini piccoli. Approvato dall'Ema, pediatri e neonatologi chiedono che diventi un "vaccino"

Un nuovo anticorpo monoclonale può aiutare a combattere gli effetti del virus sinciziale, che colpisce i bambini piccoli (solitamente entro i 5 anni), come era accaduto a Vittoria, la secondogenita di Chiara Ferragni e Fedez. Approvato ufficialmente dal’Ema, l’Agenzia europea per il farmaco, ora pediatri e neonatologi italiani ne sollecitano l’uso per prevenire le polmoniti che può causare nei piccoli. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), infatti, lo sta valutando. “Non è ancora autorizzato in Italia. È un anticorpo e non un vaccino, ma come i vaccini previene una malattia infettiva e quindi potrebbe essere inserito nel calendario di immunizzazione. La somministrazione ai neonati nati nel periodo invernale subito dopo la nascita li difende per circa 6 mesi dalla bronchiolite da VRS che si manifesta nella forma più grave nei bambini sotto i 6 mesi di vita”, spiegano i neonatologi.

Un nuovo monoclonale contro la malattia

L’Ema, dunque, ha approvato in via definitiva l’anticorpo monoclonale Nirsevimab per la prevenzione delle malattie da VRS (virus respiratorio sinciziale) nel neonato. Un virus è ritenuto tra i principali agenti patogeni che colpiscono le vie respiratorie nei più piccoli, in particolare i neonati e i bambini fino ai 5 anni. Si stima che a livello mondiale provochi 3.6 milioni di ospedalizzazioni e la morte di oltre 100mila bambini all’anno. Tra i piccoli colpiti dal virus, un anno e mezzo fa, c’era stata anche Vittoria, la secondogenita dei “Ferragnez”, come vi raccontiamo di seguito.

Intanto, però, è giunto l’appello da parte della Società Italiana di Neonatologia (SIN) e del Board del Calendario per la vita, formato da Società Italiana d’Igiene (SItI), Società Italiana di Pediatria (SIP), Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP), Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG), che ne chiedono l’inserimento nel Calendario di Immunizzazione Nazionale.

Il farmaco “preventivo”

“Attualmente non vi sono terapie specifiche per la prevenzione. Ad oggi, la sola misura efficace è un anticorpo monoclonale, chiamato Palivizumab, in grado di prevenire le forme più gravi di malattia del tratto respiratorio inferiore, le cui indicazioni cliniche sono, però, limitate ad una esigua
quota di soggetti in età pediatrica – spiega Annamaria Staiano, Presidente di SIP – La disponibilità di un nuovo anticorpo monoclonale, il Nirsevimad, potrebbe consentire di proteggere in via preventiva tutti i neonati da un virus”. Sia lo scorso anno, in autunno, sia quest’inverno, infatti, si è assistito a un boom di casi, complice l’allentamento delle misure si protezione, come le mascherine. “In queste ultime stagioni è stato grande il contributo delle neonatologie e terapie intensive neonatali nell’assistere i bambini più
piccoli, quelli maggiormente esposti alle forme più gravi di bronchiolite da VRS. La neonatologia italiana è pronta a dare, come sempre, il proprio contributo, ad una campagna di immunizzazione che si spera possa essere al più presto estesa a tutti i neonati”, ha aggiunto Luigi Orfeo, Presidente SIN.

Perché dovrebbe diventare una “vaccinazione”

Manca, infatti, l’autorizzazione all’immissione in commercio del nuovo monoclonale. Per questo gli esperti delle società scientifiche si sono resi disponibili per una valutazione sulla sicurezza del farmaco, “considerando la sua classificazione non quale presidio terapeutico (come sempre avvenuto per gli anticorpi monoclonali), ma preventivo, nella
prospettiva dell’inserimento nel Calendario Nazionale di Immunizzazione
“. Insomma, perché diventi un vaccino al pari offerto al pari di altri in età pediatrica. “Con la disponibilità di Nirsevimab appare possibile una strategia di prevenzione universale delle malattie da VRS”, conferma Paolo Bonanni, Coordinatore scientifico del Board ‘Calendario per la Vita’, che aggiunge: “Si dovrebbe pensare ad organizzare la somministrazione universale di tale anticorpo direttamente in ambito ospedaliero, prima della dimissione dal reparto di maternità, per tutti i bambini nati nel periodo epidemico ottobre-marzo. I nati nel periodo aprile-settembre, dovrebbero invece essere immunizzati passivamente ad ottobre dell’anno di nascita, a cura dei servizi territoriali e del proprio pediatra di libera scelta”.

Anche Vittoria “Ferragnez” tra i bambini ammalati

Ad annunciare la malattia della piccola Vittoria, a ottobre del 2021, era stata Chiara Ferragni con tanto di foto su Instagram. Poi, sempre tramite social (ma questa volta con intervento del papà rapper), la rassicurazione: la bambina stava bene. Ciò che restava, però, era l’allarme per il virus respiratorio che aveva colpito la figlia della coppia vip e che anche adesso (e più che in pandemia) causa un numero crescente di casi di sindromi respiratorie e in particolare l’infezione sinciziale, che appunto ha costretto al ricorso all’ospedale anche per la “baby Ferragnez”.

Cos’è l’infezione sinciziale

Si tratta di una infezione causata da un virus che colpisce soprattutto in età pediatrica. Da qualche settimana è la causa di una serie di ricoveri in aumento, sia nei reparti ordinari di pediatria che nelle terapie intensive. «Il virus è ben noto dal 1956 ed è responsabile periodicamente di epidemie infettive, che generalmente colpiscono i bambini piccoli, sotto l’anno di vita» spiega il professor Fabio Midulla, docente di pediatria all’Università La Sapienza di Roma e presidente della Società italiana per le Malattie Respiratorie Infantili (Simri). Quest’anno, però, il virus è tornato a colpire prima e gli effetti non sono da sottovalutare.

Che rischi si corrono

Se nei bambini più grandi (sopra i 5 anni) e negli adulti generalmente i sintomi sono lievi – in genere rinofaringite, febbre o tosse – nei lattanti può causare bronchioliti, anche in forme severe e tali da richiedere la terapia intensiva e l’intubazione. «Il virus può colpire tutte le fasce d’età, anche gli anziani, nei quali può riacutizzare la Bpco o broncopneumopatia cronica ostruttiva, può portare polmonite interstiziale o aggravare malattie respiratorie. I più a rischio, però, sono i bambini con meno di un anno, in particolare di pochi mesi. Nei più grandi, invece, i sintomi sono quelli di un normale raffreddore».

Attenzione anche ai potenziali effetti sul lungo periodo: «Da noi, a differenza dei Paesi in via di sviluppo, il rischio di decesso è molto basso, ma possono rimanere danni permanenti, a partire dallo sviluppo di asma da grandi, che si verifica nel 50% dei casi. Per questo è molto importante ridurre la circolazione del virus» spiega Midulla, che è anche responsabile del Pronto soccorso pediatrico al Policlinico Umberto I di Roma.

Cosa c’entra il Covid

Se un nuovo picco era previsto anche in epoca Covid, non si immaginava che l’infezione potesse crescere con il ritmo poi osservato o in anticipo (di circa due mesi) rispetto al normale andamento della malattia. A contribuire all’aumento dei casi recenti, però, c’è stato anche il Covid: «Questo, come altri virus, sembravano spariti durante la pandemia Covid, per una serie di motivi: il distanziamento, la riduzione della socializzazione, l’uso di mascherine e l’igiene con il lavaggio delle mani. Queste ultime misure sono quelle che permettono di ridurre tutte le infezioni che si trasmettono per via area. Ma la nostra impressione è che adesso si stia tornando a ridurre le distanze, a non usare sempre la mascherina, ecc. – spiega l’esperto – A ciò si aggiunga il fatto che anche le mamme, che prima venivano in contatto con il virus in gravidanza e sviluppavano anticorpi, durante il lockdown non hanno incontrato nulla».

Il boom di casi: dove (anche in Italia)

I dati indicano che nel mondo le infezioni da virus sinciziale (RSV) sono responsabili del decesso del 5% dei bambini sotto i 5 anni. Come riferito dalla rivista scientifica Nature, nonostante fosse “fuori stagione” si era registrato un aumento di contagi già nella primavera 2021 in Usa, Sud Africa, Giappone, Australia e Paesi Bassi.

Si attende un vaccino

«Non esiste un farmaco contro questo virus, ma solo il rispetto delle norme igieniche di base: esattamente come per il Covid, occorre lavarsi di frequente le mani, mantenere distanziamento e mascherina. Importante è anche l’allattamento materno, per trasmettere gli anticorpi ai neonati, ed evitare il fumo, che è noto che contribuisce ad aumentare le malattie respiratorie. Gli antibiotici non servono e purtroppo non esiste ancora un vaccino» spiega il presidente della Simri.

Proprio Pfizer, già produttrice del vaccino anti-Covid, è al lavoro in questa direzione. Valentina Marino, Chief Medical Officer della divisione italiana della casa farmaceutica, ha annunciato che è in corso uno studio in fase 3, dopo che negli Usa la Food and Drug Administration. «È uno studio condotto su donne in gravidanza, proprio per permettere di trasmettere al feto gli anticorpi, come già accade con il vaccino contro la pertosse. Nel frattempo, però, è fondamentale evitare la circolazione del virus, ad esempio rispettando i tempi di convalescenza in caso di malattia: come il Covid si deve rispettare una quarantena, così in questo caso non si torna a scuola dopo un giorno sfebbrati, ma solo a guarigione completa» conclude l’esperto.

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