Chi è Maria Grazia Pradella

Il procuratore capo di Piacenza, che indaga sulla caserma Levante, è stata anche l’ultima a occuparsi della strage di piazza Fontana. Di lei dicono: «È un mastino»

Minuta, gentile quanto basta, determinata. Così viene definita Maria Grazia Pradella. Ma soprattutto “Un mastino“, come la ricorda una cronista di Milano, dove l’attuale procuratore capo di Piacenza ha lavorato a lungo. A Piacenza è arrivata appena un mese fa, dicendo: «Ciò che ho imparato a Milano è stata la passione per il lavoro, ma anche l’umiltà. Darò il massimo delle mie possibilità a questa provincia» aveva aggiunto il 25 giugno scorso, insediandosi al palazzo di Giustizia della città emiliana. E così è stato: il suo primo atto come coordinatrice del pool sulla caserma dei carabinieri è stato il sequestro dell’intera struttura. Non era mai accaduto prima in Italia.

Maria Grazia Pradella, una vita per la giustizia

Classe 1960, quest’anno Maria Grazia Pradella compie 60 anni, oltre 30 dei quali trascorsi alle prese con alcuni dei casi di giustizia più scottanti, dalla strage di Piazza Fontana a Milano al caso di Pier Paolo Brega Massone, l’ex primario di Villa Rita, ribattezzata la «clinica degli orrori», sempre a Milano, ma senza dimenticare il periodo ligure come sostituto procuratore a Imperia. Tutto è iniziato, però, proprio nel capoluogo lombardo. Figlia di un medico, si laurea in Giurisprudenza con una tesi sulla dissociazione dal terrorismo. Ad appena 23 anni vince il concorso ed entra in magistratura, e solo due anni dopo le è affidato il delicatissimo fascicolo su Piazza Fontana. Si trova a indagare sulla strage del 12 dicembre del 1969, alle prese con depistaggi, omissioni e connivenze, fino a che chiede il rinvio a giudizio di 4 esponenti di Ordine Nuovo: Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Giancarlo Rognoni e Carlo Digilio. Per questo riceve decine di minacce come quando, mentre è sul balcone di casa col figlio di appena 3 anni, scorge in lontananza un uomo che sembra puntare un fucile nella sua direzione.

L’inchiesta sulla clinica Santa Rita

Le viene affidata la scorta. È un momento che lei non ricorda con piacere, ma non molla. Anzi, indaga sulla clinica degli orrori, la Santa Rita a Milano, che porta alla condanna dell’ex primario Pier Paolo Brega Massone. «È sicuramente una donna con un alto senso dello Stato e una vera vocazione per la giustizia» ci racconta una cronista che da anni segue le principali vicende giudiziarie a Milano. «È stata pm del caso Brega e in quella occasione ha studiato per settimane e settimane per mettere a punto il capo di imputazione sulle lesioni volontarie e gli omicidi a carico di alcuni pazienti della clinica». Dal 2014 è procuratore aggiunto a Imperia, in Liguria, dove contribuisce alle indagini sulla criminalità organizzata. Il 21 gennaio scorso la commissione del Consiglio Superiore della Magistratura ha votato all’unanimità per la sua nomina a procuratore capo a Piacenza, dopo aver vagliato ben 14 candidature.

Donna, madre e magistrato

«Con noi cronisti è sempre stata gentile, ma solo quando era possibile esserlo. Maria Grazia Pradella, infatti, è una donna guardinga e per entrare “in confidenza” con lei doveva prima averti conosciuto, dovevi essere per lei – giustamente – una persona di cui fidarsi» ci racconta ancora la giornalista, aggiungendo: «Ripeto, è una grande lavoratrice».

Minuta, sempre curata, il suo sguardo intenso con gli occhi verdi non passa inosservato. Madre di un bambino, il suo lavoro non le ha certo semplificato la vita privata. Quando il figlio aveva 5 anni, alcuni genitori della scuola che frequentava a Basiglio, in provincia di Milano, chiesero che il bambino fosse allontanato, perché infastiditi dalla continua presenza della scorta davanti a scuola quando lei lo accompagnava o lo andava a prendere.

Una vita sotto scorta

Quando, però, nel 2017 le venne tolta la scorta, non mancarono attestati di solidarietà, tanto che fu organizzata una raccolta firme: in oltre 60mila la sottoscrissero per chiedere che le fosse riassegnata. Non a caso era nota anche come «il pm più scortato del nord Italia», come scrisse il Corriere della Sera già nel 1997: «Gli agenti la seguono dovunque, persino davanti alla toilette. E non a caso: durante una missione a Catanzaro, un biglietto di minacce venne piazzato proprio nell’unico bagno per le donne».

Gli strani furti a Imperia

Quando le venne tolta la scorta, la notizia spiazzò tutti, anche perché il magistrato aveva appena subito due “strani” furti: alcuni sconosciuti erano entrati nella sua abitazione sottraendo soltanto alcuni documenti e lasciando invece gioielli e denaro. Su quei casi non è stata ancora fatta chiarezza, ma pare che i ladri fossero interessati ad alcuni fascicoli, che pare siano scomparsi. «Di recente l’ho sentita e mi è parsa quella di sempre: determinata a rendere giustizia alle vittime, chiunque esse siano» racconta la cronista giudiziaria.

Nessuna paura dei potenti

Solo pochi mesi fa, in occasione del 50esimo anniversario della strage di Piazza Fontana, intervistata sul quel caso da una tv locale, Maria Grazia Pradella ha dichiarato: «Non si riflette mai abbastanza su quello che è accaduto affinché non accada più e questo non è ammissibile in una democrazia (…) Un Paese senza memoria non riuscirà mai a comprendere veramente i propri limiti». Per questo il passato deve essere «conosciuto da un punto di vista storico, non solo necessariamente giudiziario, perché non accada più». E l’auspicio è che anche i fatti di Piacenza non accadano più.

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