Orso bruno europeo

Con gli orsi si può convivere

Vent’anni fa sulle Alpi non ce n’erano più. Ora in Trentino e in Abruzzo si moltiplicano i contatti con l’uomo e le polemiche. Un grande esperto ci indica la via d’uscita

di Daniele Zovi, autore del libro Italia Selvatica (Utet)

Padre e figlio feriti lungo un sentiero del monte Peller a giugno e, a fine agosto, un ragazzo di Andalo che passeggia con la fidanzata e viene aggredito. Due attacchi da brivido, sulle Dolomiti, per fortuna senza nessuna grave conseguenza. Ma resta il fatto che questa è stata un’estate in cui gli orsi hanno attirato l’attenzione e sollevato polemiche. Pensiamo solo a M49, soprannominato Papillon, l’orso bruno fuggito tre volte e tre volte catturato e riportato nel recinto di Casteler, così come l’esemplare di Andalo.

Quest’ultimo mi ha particolarmente colpito perché è protagonista di un fatto nuovo: un maschio giovane comincia a frequentare un posto per frugare fra i bidoni immondizia, non sigillati, e finisce per attaccare l’uomo. Nei casi più frequenti, quando si verificano episodi simili, si tratta di un’orsa che difende i cuccioli, come farebbero una cagna e una gatta. Qualcosa sta cambiando?

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Di orsi bruni sulle Alpi 20 anni fa non ce n’erano più, mentre una volta erano presenti in tutta Italia. Basta osservare la toponomastica – in Puglia c’è un paese che si chiama Orsaria – e l’iconografia di questo animale che ha suscitato sempre un grande fascino. Alla fine degli anni ’90 il Parco Adamello Brenta e la provincia di Trento hanno avviato il progetto Life Ursus, sostenuto dall’Unione europea, che ha inserito nella zona 10 esemplari provenienti dalla Slovenia, dove gli orsi sono tantissimi. Il ripopolamento ha avuto successo: oggi abbiamo 80 individui monitorati dagli “orsologi”, così mi piace chiamare i tecnici trentini che se ne occupano con competenza. Poi c’è l’orso marsicano, in Abruzzo, una sottospecie dell’orso bruno che ha sviluppato un carattere più buono. Non si sono mai registrati attacchi sull’uomo e gli abitanti hanno imparato a difendere anche ovili e alveari, per esempio con i recinti elettrificati. Ora si contano 60-70 individui e questo è un segnale positivo perché l’orso marsicano è unico: se scompare in Abruzzo, scompare per sempre.

In Italia, dove la densità abitativa è molto elevata, è più difficile per questi animali evitarci. Per questo nelle zone in cui l’orso è presente bisogna adottare comportamenti che ci proteggano. Il primo è non dargli da mangiare, altrimenti lui impara a non aver paura di noi, attraversa le strade, entra nei cortili. Chi passeggia con un cane dovrebbe tenerlo al guinzaglio, come vuole la regola. Se l’animale corre libero, e l’orso lo incrocia, scapperà tornando dal padrone insieme all’orso. Io sono d’accordo nel prendere un esemplare e isolarlo se è pericoloso, ma ci vuole una detenzione rispettosa delle sue esigenze. Cosa che che non è stata ancora fatta. Il recinto di Casteler, che ora ospita 3 esemplari, è grande quanto un campo di calcio, ma un orso si muove 50 chilometri al giorno! Ci vorrebbero 100 ettari e, una volta recintato, questo spazio potrebbe essere visitato per conoscere meglio l’orso e vederlo attraverso i video delle telecamere o con il cannocchiale. Con i selvatici dobbiamo creare una nuova convivenza e sarà questa la nostra scialuppa di salvataggio: più un ambiente è ricco di specie, più sarà stabile ed equilibrato. Senza dimenticare che l’uomo ha bisogno di contemplare la natura per vivere momenti di felicità.
(testimonianza raccolta da Anna Scarano)

Chi è l’autore di questo articolo
Daniele Zovi, laureato in Scienze forestali, ha prestato servizio nel Corpo forestale dello Stato dove è stato nominato generale di brigata del Comando Carabinieri-Forestale del Veneto. È autore del libro Italia Selvatica (Utet).

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