Osteoporosi, quanto incide davvero la menopausa

Uno studio condotto in Finlandia e durato 30 anni mostra come il declino ormonale ha effetti meno gravi sull’osteoporosi di quanto si pensasse finora. Confermato il ruolo della terapia ormonale sostitutiva: muscoli e ossa si rinforzano

Quante volte lo abbiamo sentito ripetere: con la menopausa aumenta il rischio di osteopenia, cioè la perdita di densità ossea e dunque l’inizio dell’osteoporosi. Eppure gli effetti della cessazione delle mestruazioni e dunque una carenza di estrogeni potrebbero essere molto meno gravi di quanto ritenuto finora, mentre a incidere sul rischio di fragilità delle ossa ci sarebbero anche altri fattori. La terapia ormonale, inoltre, gioverebbe nel ridurre il rischio di fragilità ossea, che in Italia si stima riguardi 5 milioni di persone, delle quali l’80% donne in post menopausa. Il problema interessa, infatti, quasi 1 donna su 4 over 40 e il 14% degli uomini over 60 anni, con numeri in crescita.

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Lo studio sulle donne in menopausa

A ridimensionare gli effetti della menopausa sulla probabilità di andare incontro a osteoporosi è uno studio condotto in Finlandia e pubblicato sulla rivista scientifica americana Journal of Bone and Mineral Research. I ricercatori hanno preso in esame un campione piuttosto ampio di donne (14.200) di età tra i 47 e i 56 anni, sottoponendo loro un sondaggio periodico ed effettuando analisi quinquennali sulla densità ossea minerale a raggi X, il tutto a partire dal 1989.
I risultati dell’analisi, di tipo follow up quindi tramite controlli nel tempo, hanno fornito una sorpresa: i dati nell’arco di 30 anni mostrano che «la situazione post menopausa è decisamente meno grave di quanto si potesse pensare», come spiegato dai curatori della ricerca. «La diminuzione media della densità minerale ossea è decisamente inferiore rispetto a quanto ipotizzavamo e sorprendentemente abbiamo scoperto che sono molto pochi i fattori di rischio che influenzano direttamente questo problema» ha chiarito il coordinatore dello studio, Joonas Sirola, ortopedico del Kuopio University Hospital, la regione della Finlandia dove sono stati effettuati i controlli. «Questo studio getta nuova luce sull’osteoporosi e cambia definitivamente la nostra comprensione sulla perdita ossea nelle donne anziane» ha aggiunto l’esperto.

«Le conclusioni certamente stupiscono, perché da 30 anni sappiamo che la menopausa comporta un calo progressivo e serio del contenuto minerale osseo. Sappiamo però anche che non tutte le donne si comportano allo stesso modo, quindi è possibile che sia preso in esame un gruppo di persone che per loro natura sono più a basso rischio di perdita di densità ossea» commenta Rossella Nappi, ginecologa dell’IRCCS Policlinico S. Matteo – Università di Pavia ed esperta di menopausa.

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A fare la differenza sono i sintomi, l’età, la storia familiare

«Lo studio finlandese sicuramente dimostra che popolazioni differenti possono rispondere in modo diverso a una carenza estrogenica che si verifica con la menopausa. Ma questo vale anche e soprattutto a livello individuale, nel valutare i sintomi che ciascuna donna può presentare: in genere più sono maggiori, come nel caso delle vampate di calore, e più alta è la perdita di massa ossea. Lo stesso vale per le modalità con cui si va in menopausa o per l’età in cui ciò avviene: chi è in menopausa chirurgica, a seguito di un intervento, ha il triplo delle probabilità di andare incontro a osteoporosi, così come i rischi sono più elevati nelle donne che non hanno più il ciclo prima dei 50 anni – spiega l’esperta – Per questo vanno presi in considerazione molti fattori, come la storia personale e familiare, l’età, ecc. Questo ci permette di mettere a punto la strategia più corretta per limitare i rischi».

La terapia ormonale aiuta

Finora ad oggi si era solo potuta stimare la perdita di densità ossea, misurata al collo del femore e quantificata in oltre il 20%. La ricerca finlandese, invece, ha mostrato che si aggira tra il 7,4% e l’11,1%. Ma non solo: un altro dato interessante che è emerso riguarda il ruolo della terapia ormonale sostitutiva che, secondo i ricercatori, «si è dimostrata molto efficace» proprio nel rallentare il processo che nel tempo porta a osteopenia e osteoporosi, con aumentato rischio di rottura delle ossa.

«Il motivo sta nel fatto che gli ormoni stimolano l’azione degli osteoblasti (cioè le cellule in grado di produrre nuovo materiale osseo) e favoriscono l’assorbimento di calcio e vitamina D. Ricerche recenti dimostrano anche che gli ormoni aiutano il complesso osseo-muscolare e sappiamo che quanto più si ha tono muscolare, tanto più è rafforzato anche l’osso» spiega Nappi.

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La vitamina D serve o no?

Proprio l’attività fisica, infatti, è raccomandata come azione di prevenzione contro l’osteopenia e l’osteoporosi: «In particolare si dovrebbero fare esercizi che implicano una certa forza muscolare: il nuoto, in questo senso, è meno indicato, mentre sarebbe meglio ginnastica mirata magari con un leggero carico. Oppure la camminata nordica o il pilates, se si è in grado anche con piccoli pesi» chiarisce l’esperta. Diversamente dalle aspettative, invece, «supplementi a base di vitamina D e calcio, così come l’uso dei corticosteroidi, non hanno portato a miglioramenti». Un contrordine, quindi, rispetto alle indicazioni ad assumere corretti quantitativi di vitamina D per preservare le ossa? «Non credo sia da intendere in questo senso: sappiamo che la vitamina D è importante per le ossa, ma anche perché serve a molte altre funzioni dell’organismo e quindi sul benessere generale. Per esempio, impatta sulla forza a disposizione nel fare esercizi: è chiaro che da sola non basta a contrastare la fragilità ossea, ma occorre una visione globale dell’individuo e del suo stile di vita, che riguarda anche l’età, il peso e l’alimentazione» chiarisce l’esperta ginecologa Nappi.
Gli studiosi finlandesi non negano che l’osteoporosi riguardi principalmente le donne «a causa dei cambiamenti ormonali legati alla fertilità», ma non tralasciano alcuni fattori di rischio, compresi proprio l’aumento di peso durante il follow-up o la perdita stessa di peso.

Più si è magre, più si rischia

Quanto contano le variazioni di peso? «Il basso peso è da tempo associato a un alto rischio di osteoporosi, perché quanto più si è magre tanto meno estrogeni si hanno. Inoltre, un minor peso esercita anche un minor stimolo meccanico, quindi meno muscoli. Ma va evitato anche un eccesso di peso perché, per esempio, la vitamina D è meno efficiente in una donna obesa, che dovrà integrarla: infatti è liposolubile, quindi il grasso la cattura e ne riduce l’efficacia – spiega l’esperta di menopausa – L’ideale sarebbe evitare entrambi gli eccessi, anche grazie a un’alimentazione equilibrata nella quale non manchi il giusto apporto di calcio, vitamine e sali minerali» conclude l’esperta.

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