Quanto sono sicure le nostre autostrade?

Secondo i dati del Cnr, 10.000 infrastrutture in Italia hanno più di 50 anni e, di queste, 300 sono a rischio. Quali saranno i piani di intervento dopo la tragedia di Genova?

Non solo il viadotto Morandi a Genova. In Italia, secondo i dati del Cnr, sarebbero circa 10.000 le opere infrastrutturali che hanno più di 50 anni: di queste, circa 300 sono considerate a rischio. A Roma, per esempio, sono in molti a chiedere alla sindaca Virginia Raggi e al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti immediate verifiche sul Ponte della Magliana costruito sempre da Riccardo Morandi nel 1950. A Firenze destano preoccupazione alcuni ponti sull’Arno, in centro storico, già da tempo “attenzionati” dal Comune. Tra Emila Romagna, Lombardia e Veneto ci sono 4 viadotti sul Po sui quali sono in corso, o imminenti, lavori. Desta allarme anche il cavalcavia Milano-Meda. Una perizia ne aveva chiesto la chiusura entro agosto 2018, ma è arrivata proprio in questi giorni la rassicurazione dei tecnici della Provincia di Monza e Brianza: il cantiere sarà aperto solo nel 2019.

Sotto osservazione numerose strutture nel Sud Italia, dalla Campania alla Calabria fino in Sicilia, dove negli anni passati si sono registrati 3 crolli. Il problema non tocca solo i ponti: Autostrade ribadisce che sono sicuri, sulla base delle analisi fatte, e annuncia ulteriori controlli. Ma l’ultima relazione ministeriale sullo stato delle autostrade registra nel 2016, ultimo anno disponibile, 6.156 casi di «non conformità» su un totale di 1.101 ispezioni: significa 4 irregolarità riscontrate a ogni controllo. Si va da situazioni più lievi, come lo stato delle recinzioni, fino alla pavimentazione e alla «verifica della rispondenza dei lavori realizzati rispetto a quanto previsto nel relativo progetto esecutivo».

Un trend che in realtà dura da vari anni, se si considera che solo negli ultimi 8 sono state registrate 33.818 irregolarità su 7.837 ispezioni. I rischi maggiori derivano dalla “vecchiaia” delle costruzioni. «Il problema è che il nostro Paese non si è ancora dotato di un catasto delle opere infrastrutturali. Abbiamo un patrimonio immenso, ma non sappiamo dove intervenire» sottolinea il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini. Ed è in questa direzione che vuole muoversi il governo, dice il sottosegretario alle Infrastrutture Michele Dell’Orco: «Abbiamo scritto a tutte le concessionarie delle infrastrutture italiane, tra enti locali e gestori privati, affinché facciano una ricognizione di tutte le opere. Una volta avuto un loro feedback, individueremo le priorità su cui intervenire». Nella speranza che tragedie come quella di Genova non si verifichino più.

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