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Scarlattina, casi in aumento. Ecco perché

Il numero di contagi di scarlattina è in aumento, ma per gli esperti non si tratta di allarme: è un effetto del post Covid

Il primo segnale di allarme scarlattina era arrivato qualche settimana fa, ma è negli ultimi giorni che l’attenzione è cresciuta. Colpa del boom di contagi che si è registrato nelle scuole, soprattutto a Roma. Un’apposita circolare del ministero della Salute conferma che si sta seguendo l’evoluzione dei casi e invita i pediatri a trascurare la situazione, anche se questi ultimi esortano le famiglie a non farsi prendere dal panico.

Il picco di casi di scarlattina a Roma

Sicuramente i numeri indicano una crescita dei bambini con scarlattina, una malattia infettiva provocata da un batterio della famiglia degli Streptococchi, che causa sintomi che possono essere confusi con quelli di altre malattie, come mal di gola e febbre. La particolarità della scarlattina, però, è che si accompagna a macchie sulla pelle. Secondo la segretaria della Federazione italiana medici pediatrici di Roma e del Lazio, Teresa Rongai, ci sarebbe stato un aumento di circa il 30%, con picchi del 50% in alcune settimane. Per questi molti studi pediatrici e ambulatori sono stati tempestati di telefonate da parte di famiglie preoccupate, che chiedono cosa fare.

I sintomi sospetti e cosa fare

«A parte il mal di gola e la febbre, la scarlattina è accompagnata da una colorazione prima biancastra e poi rossa della lingua, unita a un esantema con minuscole macchioline di colore rosso acceso», spiega Susanna Esposito, coordinatrice del Tavolo Tecnico Malattie infettive e Vaccinazioni della Società Italiana di Pediatria (SIP) e ordinario di Pediatria presso l’Università di Parma.

Le macchioline compaiono prima sul tronco, poi si estendono alla zona delle ascelle e dell’inguine. Un altro segnale tipico è «un colorito del viso arrossato – chiarisce l’esperta – Sintomi come la febbre e la faringite-tonsillite potrebbero essere confusi con quelli di altre malattie, mentre l’esantema è più significativo della scarlattina».

La diagnosi: occorre fare un tampone

Per diagnosticare con esattezza la scarlattina, però, «è importante effettuare un tampone faringeo rapido dal proprio pediatra perché, se positivo, è opportuno iniziare la terapia antibiotica. Se fosse negativo, invece, come nel caso dell’adenovirus faringeo, si potrebbe evitare», chiarisce la pediatra, che però aggiunge: «Non ci sono motivi di allarme, ma è importante fare il tampone in caso di sintomi e iniziare la terapia entro 10 giorni dall’esordio, per evitare complicanze».

Niente panico, dunque, ma il tampone va fatto per chiarire ogni dubbio. Il problema è che per molti genitori il tampone ricorda il Covid e proprio il Covid c’entra con l’aumento dei casi di scarlattina.

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Perché è boom di casi di scarlattina

«Il primo segnale di questa crescita era arrivato lo scorso dicembre dal Regno Unito, dove si erano registrati molti casi di scarlattina, con alcuni episodi anche più gravi di sepsi che avevano portato a 8 decessi. In Italia in molte scuole, soprattutto materne, si è osservato un aumento significativo», chiarisce Esposito. Gli esperti, comunque, sono d’accordo nell’attribuire la causa del boom di casi al “debito immunitario” che molti bambini scontano a causa delle chiusure durante l’emergenza Covid. Insomma, dopo aver portato per tanto tempo le mascherine o essere rimasti a casa da scuola, adesso il sistema immunitario è un po’ più debole. L’unico vero rischio è legato, però, alle forme severe, che non sono così frequenti.

Attenzione alle forme severe: cosa fare

Si tratta di forme che possono manifestarsi anche con batteriemia, cioè presenza di più batteri nel sangue, o polmonite, sindrome da shock tossico streptococcico, febbre reumatica o ancora con problemi ai «tessuti molli e alle ossa». Come riporta la circolare del Ministero, nei casi più gravi «si sottopongono a sorveglianza sanitaria i conviventi e i contatti stretti (inclusi compagni di classe ed insegnanti) per 7 giorni dall’ultimo contatto con il caso». Ma quali sono le cure in caso di infezione? «Sicuramente non bisogna spaventarsi, ma rivolgersi al pediatra che potrà prescrivere l’antibiotico per 10 giorni, in genere l’amoxicillina – chiarisce l’esperta – Questo per evitare ascessi o reazioni immunomediate, che possono essere a loro volta causa di complicanze come la malattia reumatica, la cardite, la glomerulonefrite e l’artrite post-streptococcica».

Chi rischia di più

Un’ultima raccomandazione riguarda i cosiddetti “fragili”, i più a rischio di complicanze: «A meno di infezioni invasive, quindi particolarmente severe, gli unici soggetti a rischio sono quelli che hanno cardiopatie con interessamento valvolare o chi in precedenza ha avuto complicanze da streptococco, come appunto nel caso di malattia reumatica, cardite o anche sindrome Pandas (acronimo di pediatric autoimmune neuropsychiatric disorders associated with streptococcal infections), che però è più rara perché ha un’incidenza di 10 casi su 30.000 – spiega Susanna Esposito – Va ricordato che avere la malattia non dà immunità. L’eruzione cutanea, per esempio, può ripresentarsi fino a tre volte, mentre l’infezione anche in un numero maggiore di casi. È una infezione che riguarda soprattutto la fascia d’età tra i 2 e gli 8/10 anni e fino ai 12, ma può colpire anche da adulti. In questo caso, comunque, le forme sono comuni e meno gravi, perché un soggetto adulto è già venuto in contatto con il batterio ripetutamente nel corso della sua vita», conclude la pediatra della SIP.

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