Separazione e divorzio, chi paga le vacanze dei figli?

Con l’arrivo dell’estate e l’inizio delle vacanze, molte famiglie separate sono alle prese con le spese per campus e ferie. Ecco cosa dice la legge

Le prime iscrizioni a campus e centri estivi per i figli sono già state effettuate, ma non sempre saldate. Proprio il pagamento delle attività, insieme alle vacanze per i figli, sono oggetto di liti e controversie tra genitori separati o divorziati. Cosa dice la legge? Chi deve pagare? È necessario il consenso dell’ex coniuge o compagno per far frequentare le attività estive ai propri figli? A rispondere è l’avvocato Lorenzo Puglisi, del foro di Milano, fondatore di Family Legal, studio legale interamente dedicato al diritto di famiglia ed in particolare alle cause di separazione e divorzio.

Un primo aspetto riguarda la distinzione tra spese ordinarie e straordinarie, quindi quelle che rientrano nell’assegno di mantenimento per il figlio o la figlia (come vitto, abbigliamento, ecc.) e quelle che invece sono versate a parte. I campus in che categorie rientrano?

Campus: sono spese ordinarie o straordinarie?

«Sono considerate straordinarie quelle mediche, come le visite specialistiche dal dentista; quelle scolastiche, come libri e materiale di cancelleria a corredo di inizio anno; quelle ludiche e sportive, come corsi vari di nuoto, inglese o teatro. Rientrano in questa categoria anche i costi per oratori estivi e campus» spiega l’avvocato Puglisi.

Chi paga per i campus, quindi?

In caso di separazione o divorzio, la legge prevede che entrambi i genitori debbano contribuire alle spese straordinarie per figli in ragione del 50% ciascuno, a meno che il giudice non abbia previsto una diversa ripartizione. Generalmente il genitore che propone l’attività estiva, anche eventualmente per impossibilità di occuparsi direttamente del figlio per motivi di lavoro, informa l’ex.

Cosa succede se non c’è accordo sull’iscrizione?

«Può accadere – e succede spesso – che non ci sia accordo. In genere i gestori dei centri estivi richiedono l’autorizzazione da parte di entrambi i genitori. Se c’è una conflittualità elevata, è frequente che uno dei due neghi il consenso. I casi solitamente sono due: il genitore che pone il veto offre anche un’alternativa fattibile, cioè per esempio si offre di tenere il figlio o mette a disposizione i nonni, che si fanno carico dell’accudimento dei nipoti. Oppure ci si può trovare di fronte al puro ostruzionismo di un genitore che si oppone al campus per ledere la serenità dell’ex partner» spiega l’esperto.

Ci si può opporre ad affidare i figli ai nonni?

«In genere no, anche perché solitamente si tratta di una soluzione che riguarda le ore di spettanza dell’altro genitore, cioè quelle nelle quali è previsto a lui l’affido e può decidere eventualmente di delegare qualcuno di fiducia (un nonno o una baby sitter). Qualunque giudice non accetterebbe un rifiuto, a meno che non ci siano gravi motivi come un potenziale pericolo per il minore» chiarisce Puglisi.

Cosa si fa se l’ex dice no al campus?

«In questo caso, ci si rifà a quanto previsto dalla legge, che prevede che ci si possa rivolgere proprio a un giudice tutelare: è l’organo preposto per dirimere controversie che hanno come oggetto la regolamentazione dell’affido, quindi le questioni pratiche come scuola e campus estivo, ecc. – spiega il fondatore di Family Legal – Casi come questo sono molto frequenti. A volte i motivi sono economici, cioè la difficoltà a sostenere la spesa extra, ma più spesso dietro ci sono ragioni ideologiche. Ci si oppone per mettere in difficoltà il partner, ma in genere un giudice tutelare autorizza l’iscrizione al campus, soprattutto se il genitore collocatario, che spesso è la madre, deve anche lavorare e quindi sarebbe non potrebbe stare a casa a seguire il figlio, perché non sarebbe corretto che tutto il peso dell’accudimento cadesse solo su di lei (o di lui, in caso di padre collocatario)».

C’è differenza tra campus pubblici e privati?

«Sì, il Protocollo della Corte d’Appello di Milano, la prima a mettere mano alla materia e che è stato recepito da tutti i Tribunali italiani, impone l’iscrizione, anche in caso di disaccordo, se si tratta di campus pubblici, mentre per quelli privati è comunque necessaria la preventiva autorizzazione da parte di entrambi i genitori» precisa l’esperto.

Cosa accade se l’ex non vuole pagare?

«Sempre rifacendosi al protocollo, il genitore che è disponibile a farlo può anticipare le spese, salvo però poi agire legalmente con un precetto, cioè l’atto giudiziario che precede l’esecuzione. Potenzialmente si può arrivare al pignoramento di beni dell’altro genitore» chiarisce Puglisi.

Chi paga le vacanze?

Le vacanze non sono ritenute spese straordinarie da suddividere tra i genitori, in quanto bene voluttuario. «In caso di affido congiunto i giorni sono divisi a metà, quindi ciascuno provvede per la propria parte. Altrimenti, per esempio, se la mamma è genitore collocatario e va in vacanza ad agosto col figlio, il costo non è considerato una spesa ripetibile straordinaria, come le cure dentistiche o scolastiche, quindi paga lei a meno che non sia specificato qualcosa di diverso nell’accordo di separazione o divorzio, che potrebbe prevedere una sorta di bonus vacanze. In genere nell’indicare l’ammontare dell’assegno di mantenimento, è già contemplata una quota che deve essere destinata anche a questo» spiega il fondatore di Family Legal.

Con quanto anticipo bisogna programmare le vacanze del figlio?

Anche questo è un punto delicato, perché coinvolge più persone e la loro organizzazione. «Teoricamente occorre comunicarsi a vicenda il piano ferie entro il 30 aprile, in modo che se manca l’accordo – come spesso accade – ci sia tempo per depositare un’istanza e fissare l’udienza davanti al giudice tutelare. Al massimo è prevista una deroga di un mese, dunque entro fine maggio» conclude l’esperto.

Riproduzione riservata