Foto e testo di Diana Bagnoli

Un’esperienza che può essere d’aiuto e ispirazione

La IM Clinic, per Maria Vittoria, è un luogo dove i sogni si avverano. I toni lilla e le grandi vetrate anche in sala operatoria la fanno sembrare un hotel di lusso, con i soffici asciugamani, le creme di bellezza, il design minimalista e impeccabile. Al centro della clinica, visibile da ogni piano, c’è un grande disegno dell’uomo Vitruviano, simbolo della perfezione per eccellenza, quella a cui ambisce Maria Vittoria.

Un po’ è colpa della sua Luna in Vergine, racconta, ma per lei è soprattutto una questione di rivincita, perché quando nasci nel corpo sbagliato passi la vita a desiderare di essere qualcosa di diverso: «Quando ho iniziato il cambiamento con la terapia ormonale, mi si è addolcito il volto, si sono riempite le forme e mi sono vista bella negli occhi degli altri per la prima volta. Dopo anni di transizione, finalmente mi sento soddisfatta di me, la gente mi guarda e ammira il corpo che oggi mi rappresenta. È stata la grande conquista della mia vita».

Tanti ragazzi e ragazze la contattano sui social (Instagram e TikTok @iamvittoriaiodice) chiedendole aiuto e informazioni, per questa ragione ha deciso di rendere pubblica la sua transizione, anche quando ha fatto la colonvaginoplastica* un anno e mezzo prima nella stessa clinica, perché sa che la sua esperienza può essere d’aiuto e ispirazione per chi sta affrontando, come lei, questo difficile percorso.

Diana Bagnoli
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Il sostegno della famiglia

Oggi Maria Vittoria, 21 anni, si trova di nuovo nella IM Clinic Gender, per una chirurgia di femminilizzazione facciale alla fronte, per addolcire i pochi tratti di mascolinità che le rimangono, nonostante la cura di feromoni e la sua innata bellezza. Questo luogo accompagna a 360° le persone che soffrono di disforia di genere**, che cioè non si sentono identificate nel genere assegnato alla nascita, occupandosi dalla chirurgia estetica a quella di riassegnazione del sesso, fino al sostegno psicologico anche per i familiari.

Rispetto all’operazione precedente Vittoria è molto più tesa, firmando i vari fogli di consenso informato, con un nome che le appartiene solo più legalmente, l’ultimo ostile retaggio della sua vecchia identità, le viene l’ansia. Quando sua mamma la aiuta a indossare il camice azzurro da sala operatoria, scoppia in lacrime, perché se un anno e mezzo prima non aveva altra scelta oggi è diverso, è una questione puramente estetica e, se qualcosa dovesse mai andare storto, ha molto da perdere, la vita da donna che aveva sempre desiderato. La mamma Tina, anche lei preoccupata e commossa, la consola, la incoraggia e le ricorda che da casa, a Napoli, fanno tutti il tifo per lei.

Un’attrice le ha dato speranza

Maria Vittoria è arrivata in questa clinica grazie ai consigli di quella che oggi considera la sua madrina, l’attrice italiana Vittoria Schisano, anche lei di origine napoletana. Quando all’età di 16 anni, a casa di sua nonna, la vide per la prima volta in tv che raccontava la sua transizione M to F, nel cuore di Maria Vittoria è scoccata la scintilla della speranza: ha pensato che allora anche per lei era possibile sognare.

Anni dopo, sarà la stessa Vittoria Schisano a raccomandarla alle mani esperte del dottor Ivan Mañero, riconosciuto da oltre 20 anni come esperto in chirurgia plastica sia estetica sia ricostruttiva. Dopo la prima operazione Maria Vittoria chiese al dottore cosa avrebbe potuto fare per completare ulteriormente il suo processo di femminilizzazione e i due si sono trovati d’accordo: il suo unico difetto era l’ipertrofia frontale, cioè si sarebbe liberata di una fronte particolarmente pronunciata e mascolina. Così per un anno e mezzo ha messo i risparmi da parte, ha convinto sua nonna ad anticiparle i soldi della dote di matrimonio e oggi si ritrova in sala operatoria con il sogno di diventare ancora più bella, ancora più donna.

Ultimo step: addolcire i tratti

Il dottor Ivan Mañero, pioniere nel suo settore, sa riconoscere i tratti più maschili o femminili nei corpi dei pazienti e, rispettando la sofisticata armonia delle proporzioni, li aiuta a rispecchiarsi al meglio nel genere che hanno scelto. In sala operatoria, prima dell’operazione di Maria Vittoria, spiega che gli uomini primitivi hanno sviluppato una fronte più pronunciata per evitare che le gocce di sudore gli cadessero negli occhi durante la caccia. «Questo è il tratto maschile più evidente e, considerato che non abbiamo più bisogno di stare concentrati sotto il sole rincorrendo una preda» continua, «possiamo liberarci senza timore di questo ricordo del passato».


Per completare il processo di femminilizzazione è stata ritoccata la fronte pronunciata, particolarmente mascolina


Il dottor Mañero ha sempre sostenuto l’equilibrio e la naturalezza nella chirurgia plastica, famoso per la sua capacità di trasmettere in modo semplice il lato più umano della chirurgia estetica e per ottenere risultati personalizzati per ogni paziente. Nel 2006 nasce con lui la prima unità di Chirurgia Genitale Femminile in Spagna e nel 2013 inaugura la IM Clinic a Sant Cugat, 5.000 metri quadri di sale operatorie, stanze intelligenti e domotiche, giardini e spazi accoglienti che la rendono oggi un riferimento internazionale per la chirurgia genitale, o chirurgia di riaffermazione del genere. Il suo obiettivo è sempre stato quello di rendere la sua clinica uno spazio confortevole e lussuoso, pensato per mettere a proprio agio il paziente sotto tutti i punti di vista. Per questa ragione, nella IM Clinic di San Cugat, le stanze sono inondate di luce naturale, il personale è particolarmente accogliente, la sala operatoria riesce a farti sentire al sicuro e c’è anche un ristorante che propone piatti ricercati, lontani dal tipico cibo ospedaliero di cui abbiamo tutti almeno un grigio ricordo.

Non una paziente, ma un’amica

La IM Clinic Gender, una sezione della IM CLINIC di chirurgia estetica, si prende cura in modo specifico e approfondito delle persone trans che hanno deciso di sottoporsi a un trattamento di chirurgia plastica del viso, del corpo, del torace o dei genitali. Questo è un luogo dove i sogni si avverano, sostiene Maria Vittoria, un luogo di transizione, in cui tutto è pensato per accompagnare un percorso così complesso come la transizione di genere.


Nella clinica non esistono specchi interi, per non vedere riflesso un corpo che non ti appartiene


Nella clinica, per esempio, non esistono specchi interi, mi fa notare lei, nessuna superficie in cui riflettere un corpo che non ti appartiene e questo dettaglio è pensato apposta per le persone trans. Maria Vittoria ha stretto amicizia con le infermiere Maria e Marta, con cui è rimasta in contatto dall’anno precedente. Da loro non si è mai sentita trattata da paziente, ma da ragazza, bambina impaurita, amica. Loro hanno sempre visto la vera lei, ancora prima che, in quello stesso luogo, la facessero nascere.

Quando è tornata a casa, dopo la prima operazione, molto dolorante ma altrettanto felice, ha riletto la lettera che la Maria Vittoria del passato aveva scritto a quella del futuro: «Grazie per non aver mai mollato» scriveva a se stessa, «e per aver reso la Vittoria di oggi quella che spera di essere: forte, sicura, femmina. Grazie per aver sognato e per aver saputo aspettare. Grazie a quella bambina che, soffiando sulle candeline blu, ha sempre espresso un solo desiderio, quello di rinascere donna: ce l’abbiamo fatta!».

* Colonvaginoplastica: operazione di riassegnazione di sesso.
** La disforia di genere, ovvero il non riconoscersi nel genere associato alla nascita, non è una patologia psichiatrica, come si riteneva ufficialmente fino al 2013, quando l’American psychiatric association ha rimosso la terminologia “disturbo dell’identità di genere” dal Dsm (il suo manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) per sostituirlo con l’espressione “disforia di genere”, chiarendo che di per sé non è un disturbo mentale. Questo termine descrive meglio il disagio sperimentato dalle persone trans e può facilitare l’accesso alle cure psichiatriche, ormonali e chirurgiche che si potrebbero desiderare.

Diana Bagnoli, autrice di questo servizio, è impegnata da oltre un anno in un ampio progetto sulla disforia di genere a Napoli.