Etna: aperta frattura eruttiva

Il terremoto dopo l’eruzione: tremano i paesi sull’Etna

La ripresa dell’attività sismica dell’Etna è stata seguita da violente scosse. Migliaia di persone, svegliate in piena notte, si sono riversate per strada. Molte non sono potute rientrare nelle case lesionate dal sisma. In tutta l’area resta lo stato d’allerta

Feriti, crolli e sfollati

Milleduecento persone sfollate e ospitate in albergo, feriti e contusi, centinaia di abitazioni sventate o lesionate, chiese storiche devastate, un antico campanile crollato, anche la statua di sant’Emidio (venerato a Pennisi, perché si ritiene che protegga dai terremoti) caduta. Migliaia di persone residenti sotto l’Etna, svegliate da una forte scossa sismica tra Natale e Santo Stefano e costrette a riversarsi per strada, stanno vivendo giornate e notti di paura, ansia, disagi, preoccupazioni.  Un uno-due micidiale. Il terremoto, con oltre 1.100 scosse rilevate dalle apparecchiature che monitorano l’area, si è associato al risveglio dell’Etna. “Si è ripetuta la storia del 1984 – raccontano nella zona, non senza note polemiche. – Come allora, la grande scossa è arrivata nella notte, senza nessun preavviso, senza piani di emergenza”.

Una scossa di magnitudo 4.8

Alle 03.19 del 26 dicembre, nel basso fianco sud-orientale dell’Etna, si è verificato quello che gli addetti ai lavori definiscono “uno dei terremoti più energetici mai registrati sul vulcano”, in piena attività eruttiva dal 23 dicembre. La scossa madre, di magnitudo 4.8, è stata localizzata un chilometro a sud dall’abitato di Lavinaio, alla profondità di circa un chilometro sotto il livello del mare. Altre scosse  violente sono partite dal sottosuolo di Ragalna e Zafferana Etnea, tra i comuni più colpiti.

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La chiesa di Fleri (frazione del comune di Zafferana Etnea, in provincia di Catania) danneggiata dal terremoto del 26 dicembre 2018

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L’eruzione dell’Etna

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L’eruzione dell’Etna 

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L’eruzione dell’Etna del 25 dicembre 2018

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Una veduta aerea dell’area terremotata a nord di Catania legata all’attività dell’Etna, 26 dicembre 2018

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Una veduta aerea dell’area terremotata a nord di Catania legata all’attività dell’Etna, 26 dicembre 2018

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Una casa danneggiata dalle scosse dei giorni scorsi

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Ancora danni provocati dalla forte scossa di terremoto, 26 dicembre 2018

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Vigili del fuoco al lavoro a Fleri dopo la forte scossa di terremoto, 26 dicembre 2018

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La chiesa di Fleri (frazione del comune di Zafferana Etnea, in provincia di Catania) danneggiata dal terremoto del 26 dicembre 2018

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La zona terremotata a nord di Catania

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La zona terremotata a nord di Catania

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La zona terremotata a nord di Catania

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La chiesa di Fleri (frazione del comune di Zafferana Etnea, in provincia di Catania) danneggiata dal terremoto del 26 dicembre 2018

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Una veduta aerea dell’area terremotata a nord di Catania legata all’attività dell’Etna, 26 dicembre 2018

Le spiegazioni degli esperti

Spiega Boris Behncke, uno gli esperti dell’Istituto nazionale di geologia e vulcanologia: “Questo terremoto, molto simile a quello dell’ottobre 1984, è verosimilmente legato all’attivazione della faglia Fiandaca e della faglia di Pennisi, due delle strutture più meridionali del sistema tettonico delle Timpe. Il danneggiamento maggiore è infatti distribuito lungo tali strutture vulcano-tettoniche, insieme ai vistosi effetti di fagliazione superficiale associati alle scosse”. E c’è una correlazione con la ripresa dell’attività eruttiva dell’Etna: la terra ha tremato violentemente il terzo giorno dall’inizio dell’eruzione vulcanica in atto: il magma – cerca di semplificare il geologo dell’Ingv  – si è spinto fortemente sul fianco del vulcano, mettendolo sotto stress. Lo stress si è trasferito nell’area interessata dalla faglia Fiandaca, che ha risposto muovendosi e liberando l’energia accumulata in decenni”.

Un mix di problemi

Al tutto si sono associate anche le conseguenze della cenere. “Una fessura eruttiva, apertasi alla base del Nuovo cratere di sud-est nella mattinata di giorno 24 dicembre, ha prodotto una colata lavica che si riversa in Valle del Bove, dopo aver attraversato la sua parete occidentale, e una nube di cenere ricaduta prevalentemente nei dintorni di Zafferana”. A causa dei problemi di visibilità, l’aeroporto di Catania è stato chiuso e poi ha operato a intermittenza.

Che cosa succederà nei prossimi giorni?

“Nelle ultime ore sembrano essere diminuite sia l’attività eruttiva, sia le scosse sismiche – spiega sempre l’esperto dell’Ingv – ma non siamo in grado di fare previsioni precise. La terra si muoverà ancora in modo violento? Non lo sappiamo. E’ possibile La prognosi, per usare un gergo medico, è riservata. Non possiamo sbilanciarci. Per il futuro prossimo sono aperte tutte le ipotesi. Resta lo stato di allerta in tutta la zona”.

E l’Etna è costantemente sotto sorveglianza speciale: “Sebbene le evidenze vulcanologiche più superficiali indichino una diminuzione dell’attività eruttiva generale – è l’analisi  degli addetti ai lavori –  le informazioni desunte dai segnali geofisici non permettono di escludere una possibile alimentazione, tuttora in corso, del dicco che si è intruso (i dicchi, ndr, sono masse eruttive che riempiono fenditure). Sulla base della distribuzione della sismicità attuale, tale dicco potrebbe interessare un settore diverso dall’attuale teatro eruttivo, con l’apertura di nuove fratture eruttive a quote più basse di 2400 metri, in coincidenza della parete occidentale ed in quella meridionale della Valle del Bove”.


Il vicepremier Luigi di Maio, il 27 dicembre in visita nei paesi terremotati, ha promesso: Domani sarà dichiarato lo stato di emergenza e saranno stanziate le risorse necessarie per dare supporto ai sindaci e alle autorità locali per aiutare le famiglie”. 

“Grazie alla Protezione civile e alle autorità locali per il lavoro fatto. Rafforzeremo il sistema antisciacallaggio in modo da rassicurare chi la notte scorsa ha dormito in auto e non in albergo”.

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