Quali sono e cosa fanno le scuole all’aperto in Italia

  • 19 05 2017

Alcune scuole primarie tengono i bambini fuori dalle aule e svolgono attività didattiche nei giardini, nei boschi, per le strade. Un metodo che guadagna sempre più consensi, anche tra le mamme 

“Il bambino ha diritto a sporcarsi, a giocare con la sabbia, la terra, l’erba, l’acqua. Ha diritto a costruire un rifugio-gioco, ad avere alberi sui cui arrampicarsi, canneti in cui nascondersi”. Sono solo due dei dieci diritti naturali dei bambini scritti da Gianfranco Zavalloni, insegnante della scuola dell’infanzia diventato dirigente scolastico prima di lasciarci per una grave malattia. Il suo manifesto è diventato realtà in molte scuole che hanno scelto di uscire dall’aula per imparare ad apprendere nel giardino, in un bosco, per la strada. Ma prima ancora di Zavalloni c’è una scuola a Bologna, nei meravigliosi giardini “Margherita” a due passi da piazza del Baraccano che da 100 anni crede nelle lezioni all’aperto.

Il suo “compleanno” lo festeggia proprio in questi giorni. Nata per i bambini di debole costituzione è aperta per otto ore ogni giorno. Glia allievi vengono dotati di banchi portatili, zoccoli, mantelli impermeabili e coperte: devono studiare, leggere e scrivere il più possibile all’aria aperta e seguire norme igieniche precise. Risultato? I miglioramenti nella salute dei piccoli sono notevoli: si rileva un generale aumento di peso, non vi sono malattie e poche sono le assenze.

Le scuole con la didattica all’aperto 

Insomma, la scuola tra querce e pini piace molto più ai ragazzi ed è più sana. Lo sanno bene i due istituti comprensivi, Lucca Due e Lucca Tre che hanno scelto come motto della loro scuola “non esiste tempo buono o tempo cattivo per stare all’aria aperta, esiste il giusto equipaggiamento”. Sembra che mamme e papà abbiano archiviato la preoccupazione del mal di gola e del raffreddore in nome di una didattica più naturale, più esperienziale, più divertente.

Lo hanno capito anche alla primaria statale “Rinnovata Pizzigoni” di Milano: «Non è pensabile» spiegano gli insegnanti «imparare se prima i bambini non hanno fatto esperienza diretta all’aperto. La quotidianità è ribaltata: il centro è il mondo, e l’aula è uno dei tanti luoghi per studiare». Alla Pizzigoni un contratto con una azienda agricola consente a bambini ed insegnanti di sperimentare delle responsabilità educative concrete e delle competenze anche riferite alle discipline. 

E a Gaggio Montano, in provincia di Bologna, sono già sei anni che fanno scuola all’aperto: i docenti si sono resi conto che l’apprendimento dei bambini è faticoso in aula. Per coinvolgerli e renderli protagonisti hanno scelto di uscire dalle classi. Hanno iniziato con una terza e poi coinvolto tutti gli altri. Anche in questo caso i risultati non sono mancati a conferma di quanto sperimentato fino ad oggi.

Esiste anche una Rete nazionale delle scuole all’aperto che unisce le diverse esperienze. Ma ad uscire dalla classe, ad avere necessità di ritrovare un rapporto con la natura non sono solo le scuole primarie ma anche quelle dell’infanzia e i nidi. È il caso dell’asilo nel bosco nato a Ostia dove i bambini seguono le loro lezioni all’aria aperta  e svolgono tutte le attività didattiche con i materiali che trovano nel bosco: sassi, foglie, rami, pigne, legni.

E a Milano, tra i grattacieli e i palazzi, è nato Dadà, un’oasi di 700 metri quadrati aperta ai bambini da zero a sei anni, dove gli spazi di divisione sono fatti da fioriere di legno con piante, c’è una cascata, il manto erboso, le balle di fieno, un orto dove i bambini giocano e piantano anche piccoli ortaggi da consumare durante il pranzo.

Una riscoperta che non può che far bene al nostro sistema d’istruzione italiano: abbiamo bisogno di ridare un valore ai giardini delle nostre scuole, al territorio in cui viviamo.

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