Vitamina D e creme solari: facciamo il punto

Uno studio dimostra che le creme solari, anche ad alta protezione, non riducono la produzione di vitamina D, fondamentale nelle donne specie in menopausa

La produzione di vitamina D non è ridotta dalle creme solari. A dimostrarlo, sgombrando il campo da un equivoco creatosi qualche tempo fa, è un recente studio pubblicato sul British Journal of Dermatology, che ha dimostrato come anche i solari ad elevato livello di protezione dai raggi UVA e UVB non inibiscono la sintesi di questo ormone, prezioso soprattutto per le donne e in particolare in menopausa. A dispetto del nome, infatti, la vitamina D non è una vitamina, bensì un ormone che aiuta a contrastare il rischio di osteoporosi, rachitismo, infiammazioni, problemi cardiovascolari

Creme solari e vitamina D

Alcuni studiosi avevano sollevato il dubbio sulla reale utilità (se non addirittura sulle possibili controindicazioni) delle creme solari nel meccanismo di produzione della vitamina D, arrivando in alcuni casi a sostenere che fosse meglio prendere il sole senza protezioni. Dichiarazioni che però sono state smentite da una ricerca recente, coordinata dal professor Antony Young del King’s College of London e condotta su un campione di volontari esposti ai raggi solari per una settimana a Tenerife, dopo aver applicato protezioni anche con filtri elevati (da 15 a 50+). Il risultato non ha lasciato dubbi: i liquidi cromatografi usati per rilevare i livelli di vitamina D nei soggetti esaminati hanno confermato che questo ormone era stato sintetizzato in modo corretto, pur ricorrendo a protezioni solari elevate. Da qui l’appello dei dermatologi a non farne mai a meno: “Il fattore di protezione viene calcolato su 2 grammi per centimetro cubo di creme solari spalmate sul corpo. Si tratta di una quantità che nella realtà risulta pressoché impossibile da applicare: significa, infatti, usare un intero flacone in un solo giorno, considerando anche che le protezioni andrebbero riapplicate ogni due ore” spiega Maria Teresa Rossi, dirigente dell’Unità Operativa di Dermatologia degli Spedali Civili di Brescia.

Nessuna rinuncia alla tintarella, dunque, ma neppure alle giuste precauzioni. L’esperta conferma infatti che anche i filtri solari con fattore di protezione più elevata come i +50 devono sempre essere utilizzati per proteggere la pelle, in particolare dal rischio di melanomi. Ma allora quanta crema va usata e come applicarla, per non rinunciare ai benefici della vitamina D?

Come esporsi al sole

“Occorre tranquillizzare tutti e in particolare le donne: per attivare la produzione di vitamina D è sufficiente esporsi ai raggi solari anche solo 15 minuti al giorno, con i soli avambracci. Non temiamo le creme solari, dunque, e ricordiamo che i popoli nordici, che godono di meno ore di sole rispetto a quelli mediterranei, non hanno problemi di mancanza di vitamina D, a riprova che le quantità di sole necessarie per produrla non sono eccessive” spiega l’esperta. 

Altri benefici: il contrasto alla sindrome metabolica

Oltre a incidere sulla quantità di calcio e fosforo, la vitamina D ha altri benefici, specie in menopausa. Uno studio appena pubblicato dall’Università Sun Yat-Sen di Guangzhou, insieme a quella di Albany (Usa) e alla Capital Medical University di Pechino, ha dimostrato che alti livelli di questo ormone e di estrogeni forniscono un contributo importante nella prevenzione della sindrome metabolica, quella combinazione di fattori che aumenta la probabilità di malattie cardiache, infarto e diabete di tipo 2. Una sindrome a cui concorrono, oltre a bassi livelli di vitamina D, anche ipertensione e glicemia alta. Analizzando un campione di 616 donne tra i 49 e gli 86 anni in post-menopausa, si è visto come la carenza o insufficienza di vitamina D era associata a una minore presenza di estradiolo, il principale ormone estrogeno, la cui ridotta quantità è uno dei maggiori fattori di rischio per l’insorgenza della sindrome metabolica, che colpisce dal 30 al 60% di donne in menopausa. 

La vitamina D e la menopausa

La vitamina D ha dunque un ruolo importante in menopausa, perché aiuta a regolare il metabolismo del calcio e del fosforo, oltre a quello del magnesio, facilitandone l’assorbimento. Un ridotto apporto, dunque, può causare sintomi come senso di affaticamento e stanchezza, maggiore fragilità sia del sistema immunitario che di capelli e unghie. La sua carenza, inoltre, può essere associata a un maggior rischio di andare incontro a osteoporosi, in particolare in menopausa o post-menopausa. Un aiuto per mantenere un adeguato livello di questo ormone arriva anche dalla dieta. 

La dieta: gli alimenti con vitamina D

Tra gli alimenti più ricchi di vitamina D ci sono i pesci con un elevato contenuto di Omega 3, come il salmone: “E’ curioso notare come ci sia una sorta di meccanismo di compensazione: gli abitanti dei paesi del Nord Europa, che godono di meno ore di sole, compensano in qualche modo con l’alimentazione la neceissità di produrre vitamina D, mangiando più alimenti che ne sono ricchi, come appunto il salmone” dice la dermatologa. Altrettanto indicati sono sgombro, sardine e pesce azzurro in genere (non dunque i crostacei). Anche il tuorlo d’uovo ne contiene una buona dose, così come i funghi e l’olio di fegato di merluzzo. Anche i latticini sono importanti, specie se assunti sotto forma di latte, yogurt e formaggi vaccini. Per chi avesse intolleranze o difficoltà nella digestione di questi ultimi, una buona alternativa è rappresentata dal succo d’arancia.

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