Le botte della madre e le assenze del padre. Gli amori burrascosi e la paura di avere figli. Le molestie e le denunce. In questa intervista l’attrice Asia Argento si confessa a cuore aperto. Racconta dell’immagine da dark lady che ha sempre odiato, dei momenti bui in cui aveva la tentazione di lasciarsi andare. E della serenità di oggi, mentre cucina con i suoi ragazzi. E quando si allena: «Ho messo su due spalle così»
All’idea di intervistare Asia Argento confesso di aver provato una certa inquietudine. Dalle pagine della sua autobiografia, Anatomia di un cuore selvaggio (appena uscita per Piemme), emerge un’immagine contraddittoria: un momento può essere dura come un diamante e quello dopo fragile come una farfalla. Quale parte di lei mi troverò davanti oggi?
Durante la nostra chiacchierata emergono entrambi i lati: reduce da un’infanzia traumatica segnata dalle botte e da un padre troppo preso dalla sua arte per occuparsi di lei, vittima di violenze sessuali e attacchi della stampa, protagonista di scandali internazionali e relazioni burrascose, a 45 anni Asia Argento è una sopravvissuta. E, come tale, ha sia la resistenza di una combattente sia l’insicurezza di chi fin da piccola ha dovuto badare a se stessa.
«Perché ero pronta a farlo. Fino a poco tempo fa, quando tutti sentenziavano sulle mie azioni, ero troppo arrabbiata per possedere il giusto distacco, avrei pensato più a difendermi dai media che a svelare me stessa. Invece volevo mettermi davanti a uno specchio, eliminare il rumore intorno e affrontare il mio percorso. Ho iniziato a scrivere all’inizio di agosto 2020. Poi il 12 mia madre ha avuto un’ischemia, dopo riusciva a dire solo “io, no, ecco”. Per rispettare il contratto con la casa editrice, da brava Vergine, ogni giorno scrivevo estraniandomi dalla sofferenza per mia madre per abbracciarne un’altra, quella della mia vita e delle parti di me che non mi piacciono».
Quali sono?
«Da un lato non mi piace la falsa me, la maschera da dark lady che mi sono creata, con la complicità dei media, per nascondere la mia fragilità e timidezza. Dall’altro non mi piace essere vista come una vittima, anche se non ho colpe in ciò che mi è successo. Di fronte a una violenza, però, è inevitabile chiedersi quale ruolo si abbia avuto nel determinarla e magari sentirsi in colpa per essersi fidata della persona sbagliata, o per non aver reagito abbastanza. Capita a tutte le donne abusate».
Chi è oggi Asia Argento, e che vita fa?
«Vivo nella periferia di Roma, in una zona molto verde, con i miei figli di 19 e 12 anni. La mattina porto il più piccolo a scuola, sollevo pesi per un film d’azione che girerò a marzo, e per cui ho messo su due spalle enormi, medito. Cucino con i miei ragazzi, ieri sera abbiamo fatto il borsch, una zuppa di barbabietole che ci ha fatto scoprire Anthony (Bourdain, suo ultimo compagno, ndr), e poi leggo, ascolto musica e curo le mie piante. Esco solo per vedere le mie 3 amiche. Ma la mia vita mi piace: rispecchia quello che sono ora, la mia serenità».
I suoi figli, Anna Lou e Nicola, sono la sua vita. Davvero aveva paura di diventare madre?
«Sì, pensavo che le botte fossero una sorta di maledizione familiare che si sarebbe tramandata ai miei figli, finché ho capito che era la mia infanzia sbagliata, non io. E infatti ho interrotto quella catena di violenze, perché mia madre, che picchiava me, era stata picchiata a sua volta. Per me i ragazzi vengono prima della mia carriera; per i miei non era così. Però non è stato tutto da buttare: nonostante le sue imperfezioni, mamma (l’attrice Daria Nicolodi, ndr) era coltissima, mi ha trasmesso una grande libertà di pensiero e l’amore per la letteratura e l’arte, mentre da mio padre ho preso il fatto di essere una grande lavoratrice».
I suoi erano troppo assorbiti dai loro progetti per badare a lei. Si è mai sentita l’adulta di casa?
«Gli artisti sono tutti dei bambini perché il loro lavoro, in fondo, è un gioco ben organizzato, in cui realizzare le loro fantasie. Io dovevo e volevo crescere in fretta perché fino ai 14 anni i miei non sono stati un riferimento. Anche per questo ho iniziato a lavorare da ragazzina: dovevo prendermi cura di me stessa da sola. Ho saltato l’infanzia e per questo mi piace così tanto vedere che i miei figli si godono la loro età: sono profondi e intelligenti, ma hanno passioni da adolescenti. Io stavo sempre a leggere».
Di artisti si è anche innamorata: ha avuto Anna Lou dal cantante Morgan e Nicola dal regista Michele Civetta. Potrebbe mai innamorarsi di un commercialista?
«Certo, a patto che abbiamo interessi in comune. Non potrei mai stare con qualcuno che non legge o non ama il cinema: anzi, un commercialista potrebbe pure insegnarmi qualcosa su come gestire i soldi, dato che sono negata. Il problema è che non so dove trovarlo: ho sempre incontrato persone del mio stesso ambiente di lavoro. Solo con Anthony è stato diverso: lui lavorava per la Cnn, ma era speciale. È come se ci fossimo riconosciuti: eravamo sempre circondati da mille persone ma ci sentivamo soli, avevamo un senso dell’umorismo tutto nostro… E poi, in realtà, al momento un uomo proprio non lo voglio. Non ne ho il tempo né mi fido delle mie scelte in campo maschile».
Ha denunciato per molestie il produttore Harvey Weinstein. Lo rifarebbe oggi?
«Penso di aver fatto la scelta giusta perché me lo dettava la mia coscienza. Però non ho ponderato attentamente gli attacchi successivi e non mi riconosco in ciò che ne è seguito. Pensi che oggi, quando occorre girare una scena di sesso, sul set deve esserci un “responsabile” che si accerti che gli attori e il regista si comportino correttemente. È un rigurgito di quel puritanesimo contro cui ha lottato già mia madre, 40 anni fa».
Lei racconta dello sguardo gelido di Cate Blanchette quando, nel 2017 a Cannes, ha denunciato di essere stata stuprata. E con le colleghe italiane non è andata meglio. La solidarietà femminile esiste?
«C’è, ma occorre lavorare per aumentarla, perché in molte di noi si accompagna a una misoginia interiorizzata. Secondo le statistiche, una donna su 5 ha subito violenze o abusi. Eppure, in tantissime vittime si opera una sorta di rimozione. Spesso rifiuti di confessarlo perfino a te stessa perché ti vergogni. E così, quando un’altra denuncia pubblicamente una violenza, la attacchi per il coraggio che tu non hai avuto, o magari insinui che ha cercato di fare la furba, o se l’è cercata… Fai tuo un pregiudizio maschile che ti impedisce di solidarizzare».
Con più donne in posizioni di potere le cose cambierebbero?
«No. Ne parlavo proprio qualche giorno fa con la scrittrice Michela Murgia: il problema è il potere, non chi lo detiene. Io sul set ho lavorato con registe dispotiche e non inclusive, esattamente come gli uomini. Il potere, specie se non bilanciato da controlli, corrompe le persone. Quello che possiamo fare è cercare di migliorare noi stesse e il modo in cui trattiamo le altre, ma è un impegno che sta al singolo, non può essere definito per legge o quote».
C’è una lezione che si può imparare dal suo libro?
«Che ci si può rialzare da qualunque situazione. Occorre essere caparbi, e affrontare la fatica di ricominciare anche quando sarebbe più facile lasciarsi andare. Io ho avuto più volte la tentazione di abbandonarmi, di smettere di lottare, e la paura di non farcela. Ma alla fine ha prevalso il mio istinto di sopravvivenza. Anche nel momento più buio ce l’abbiamo tutti».
Le memorie di Asia Argento
L’autobiografia di Asia Argento. Anatomia di un cuore selvaggio (Piemme) appena pubblicata Figlia dell’attrice Daria Nicolodi e del regista Dario Argento, Asia ha iniziato a recitare a 9 anni e vinto 2 David di Donatello per Perdiamoci di vista (1994) e Compagna di viaggio (1997). Nel 2002 fu violentata dal regista Rob Cohen con il Ghb, la “droga dello stupro”. Nel 2017 ha denunciato Harvey Weinstein per molestie sessuali.