Marco Giallini attore

Marco Giallini: «C’è stata un’unica donna nella mia vita»

Marco Giallini, nelle sale con “Io sono Tempesta” (il regista è Daniele Luchetti), è un irresistibile seduttore. E di avventure ne ha avute tante. Ma ha amato solo la moglie, morta nel 2011: «Mi fa bene parlare ancora di lei, pazienza se la gente si imbarazza»

Durante l’incontro con Marco Giallini ho scoperto la sua ricetta per la carbonara di asparagi: taralli sbriciolati, uovo appena scottato e guanciale croccante. «L’ho perfezionata io, perché cucinare mi piace e sono pure bravo. Poi l’ho mandata in foto al mio amico Heinz Beck, lo chef: mi ha risposto che la moglie mi considera meglio di lui. Ma mi prende in giro». Nell’ora che abbiamo passato insieme, tra sigarette, piatti gourmet e battute in romanesco, Giallini si è raccontato senza filtri. La giovinezza scapestrata alla periferia di Roma, figlio di un operaio innamorato del cinema. I suoi talenti e passioni: «Se non avessi fatto l’attore avrei potuto correre con le moto, o forse sarei diventato musicista ». La ferita insanabile per la morte della moglie Loredana, che se ne è andata all’improvviso nel 2011 per un’emorragia cerebrale, lasciandolo con 2 figli piccoli: «Mi fa bene parlare di lei, chissenefrega se la gente si imbarazza». E la lunghissima carriera, decollata grazie alla serie Romanzo Criminale «e a tanti registi a cui devo tutto: Stefano Sollima, Carlo Verdone, Paolo Genovese, Marco Risi». L’ultimo della lista è Daniele Luchetti, che l’ha voluto nella commedia “Io sono Tempesta”, nel ruolo di un finanziere milionario costretto ai servizi sociali in un centro di accoglienza a causa di una condanna fiscale. «Un simpatico figlio di buona donna» che, ha chiosato il regista, ricorda il Don Giovanni di Mozart.

Guarda il video:

Ecco l’intervista a Marco Giallini.

Insomma, un seduttore come lei con una voce sexy

Quella è colpa delle sigarette! (ride, ndr). Comunque alle donne piace, e tanto. Una gran fortuna: è andata così fin da ragazzino, eppure non sono mai stato un tipo dai lineamenti carini. Le donne sono sempre piaciute tanto anche a me: tutte, proprio come nel famoso Catalogo, il poema di Esiodo. Belle, brutte, grandi, piccole. Poi però ne ho avuta una sola, mia moglie, per 25 anni.

Sempre fedele?

All’inizio no, stavo con lei ma avevo parecchie altre storie. A 20 anni ero un po’ scavezzacollo, portavo i capelli lunghi, facevo l’operaio. Però leggevo, col vocabolario a portata di mano perché tante cose non le capivo. È stato merito di Loredana se mi sono diplomato.

Poi cos’è cambiato?

Un giorno scoprii che lei, per la prima volta, era andata a ballare con un altro. Così presi la moto e corsi in quella discoteca. Me la ricordo ancora, c’era Jovanotti ragazzino alla consolle. Non fu una cosa molto molto romantica, ero irascibile a quei tempi: afferrai Loredana e me la portai via.

Tutto merito della gelosia, quindi?

Sì, e sono sempre rimasto un tipo molto geloso. Negli anni ci siamo fatti delle litigate epocali, io e Loredana. Diventavo matto perfino se la guardava un cameriere. Però era bello fare l’amore, dopo. Con lei che mi veniva contro perché voleva prendermi a cazzotti.

Oggi una compagna ce l’ha?

Vedo qualche amica, ma non ho un vero legame. Per un paio d’anni non sono neanche riuscito a pensarci, a un’altra donna. E quando poi ho cercato una relazione, non ha funzionato granché.

Perché?

Forse dopo tanto tempo mi è impossibile innamorarmi di nuovo, e non è vero che la vita ricomincia. O forse non voglio che un altro amore mi faccia così tanto male. E poi ci sono i miei figli, siamo 3 cuori. Qualche giorno fa, per i miei 55 anni, il piccolo mi ha scritto: “Papà, ti amo”.

Però i figli ormai sono ragazzi.

Non per me, dopo quello che abbiamo passato… Sono diventato molto protettivo, voglio sempre sapere dove sono, e quando erano più piccoli non li mandavo in gita per paura degli incidenti. Sto in ansia, ma di nascosto, cercando di non danneggiarli. Ricordo che anche mio padre era così.

Cosa faceva?

Quando tornavo a casa all’alba, lo trovavo ad aspettarmi affacciato al balcone che fumava, anche se un’ora dopo doveva andare al lavoro. Rientrava, spegneva l’abat-jour e borbottava: «Quando avrai figli capirai».

Che uomo era suo padre?

Bello, era alto 1 metro e 80, un gigante per la sua epoca: piaceva alle donne pure lui. Faceva l’operaio e piangeva quando ascoltava i discorsi di Enrico Berlinguer.

Lei segue la politica?

Non molto, me ne sono disamorato. Una volta i partiti erano più connotati, c’erano i grandi leader. Oggi è tutto troppo confuso. E comunque non mi pare che l’Italia sia cambiata un granché, dai tempi di mio padre a oggi.

I suoi figli cosa studiano?

Diego ha 12 anni ed è in seconda media. Rocco ne ha 19 e frequenta il primo anno di Giurisprudenza, però sogna di fare il regista. Avrebbe potuto diventare un calciatore, era molto portato, anche se a me l’ambiente del calcio non è mai piaciuto. Era Loredana che lo accompagnava agli allenamenti, dopo la sua morte lui non ha voluto continuare.

Il passare degli anni le fa paura?

Mi spaventa solo l’idea di perdere l’autonomia. Ma le paure le esorcizzo lavorando o dedicandomi ai miei hobby.

La cucina, la musica… C’è altro?

Mi piace dipingere sul legno e realizzare murales. Ultimamente ho dipinto le rose del mio giardino su un armadio: è una specie che si chiama Grace Kelly, sembrano di velluto. In fondo, sono un romantico.

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