Su La5 va in onda la sesta e ultima stagione della serie tv britannica entrata nel Guinness dei primati come show dell'anno più acclamato dalla critica. Che cosa ci mancherà di Downton Abbey?

E così è arrivata la fine anche per Downton Abbey: la serie tv inglese va infatti in onda dal 31 gennaio su La5 alle 21.00 con la sua sesta e ultima stagione. Un fenomeno mondiale: nel 2011 Downton Abbey è entrata nel Guinness dei primati come show dell’anno più acclamato dalla critica, diventando la prima serie britannica a vincere tale riconoscimento e ottenendo infinite nomination ai maggiori premi internazionali televisivi. Tra questi va ricordato il primato stabilito ai Primetime Emmy Awards, con un record di ben 27 nomination durante le prime due stagioni. Tutto questo, dunque, sta per finire… Cosa ci mancherà di Downton Abbey?

1. Il creatore della serie Julian Fellowes (premio Oscar per Gosford Park) e il produttore esecutivo Gareth Neame (molto prolifico in tv, da Spooks a Roma) hanno scritto un vero e proprio affresco sociale e umano dell’Inghilterra di inizio Novecento. Basta poco, all’apparenza, e invece è molto. In questa stagione, ad esempio, ci mostrano cosa può significare a livello di mutamenti sociali, economici, culturali l’arrivo di un phon in casa.

2. Downton Abbey spiega come cambiano le classi sociali. Racconta di nobili e di servitù, e di rigide regole gerarchiche. Racconta anche di questi due universi posti di fronte al nuovo, per esempio la borghesia. Queste classi sociali si incontrano, si confrontano e infine per forza di cose cambiano. La serie insomma insegna il passare del tempo e della Storia.

3. Tutto questo però senza dimenticare la lezione americana del telefilm: il successo della serie è legato alla capacità di unire un’ambientazione tipicamente inglese a una struttura produttiva moderna, contemporanea e soapy.

4. Downton Abbey è stato anche un grande racconto al femminile. I personaggi femminili inventati da Julian Fellowes sono tutti a loro modo alla ricerca di un’identità, di una via verso l’emancipazione, o almeno di una nuova consapevolezza di sé. Tanto nei piani alti quanto nei piani bassi, le donne danno battaglia.

5. Su tutte domina Lady Violet, interpretata dalla sempre bravissima Maggie Smith. A lei sono affidate le battute migliori, come quella ormai classica “Cos’è un week end?”, che riassumeva tutto lo stupore della nobiltà di fronte alla nuova organizzazione sociale borghese.

6. A proposito di racconto al femminile, ecco lo scontro Lady Mary e Lady Edith. Due sorelle così diverse. La prima bella, algida, snob. La seconda intelligente, naif, moderna. Due personalità che finiscono per scontrarsi e infine riconciliarsi.

7. E se racconto al femminile deve essere, ci vogliono vestiti adeguati: la serie è stata una vera e propria sfilata di moda del tempo che fu, con una ricercatezza estrema per costumi, accessori, acconciature.

8. Dal punto di vista maschile, forse il personaggio capace di una più grande evoluzione è stato Thomas, perfido domestico con segreto inconfessabile (è gay), cui Julian Fellowes regala una redenzione emozionante.

9. Avremo nostalgia della nostalgia di Downton Abbey. Pur evidenziando i lati negativi di quei tempi, la serie ha nelle sue corde un certo tocco nostalgico: così quell’epoca così lontana ci appare comunque migliore del nostro caotico presente.

10. Come direbbe Lady Violet, però, non dobbiamo lasciarci troppo andare alla commozione per una serie che finisce: “That’s so middle class”.

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