vedersi brutta

Mi vedo brutta! Come superare la sindrome del brutto anatroccolo

Accade a molte di noi: ci guardiamo allo specchio, cercando di scorgere i difetti, anziché notare i pregi del nostro corpo. O peggio: ci vediamo brutte quando invece non lo siamo affatto. Perché accade questo?

“Mi sento brutta”

Ti sarà capitato di pronunciare questa frase tante volte nella tua vita: “mi sento/vedo brutta”, magari in un giorno in cui non ti senti tanto in forma, o magari col passare degli anni rimpiangendo i giorni in cui le rughe non erano un problema.

Insomma, in una società tutta virata sull’importanza dell’aspetto fisico può capitare di non sentirsi al top ogni tanto, e magari lo si accetta anche con una dose di serenità. Ma cosa succede se invece quella sensazione diventa un chiodo fisso che influenza la nostra vita?

L’immagine corporea è parte integrante della propria identità: è molto più importante di quanto pensiamo. Simone de Beauvoir ci ricordava che in fondo tutto ciò che abbiamo di veramente “nostro” è solo un corpo.

Cosa è la dismorfofobia

In psicologia la percezione distorta del proprio corpo si chiama dismorfofobia, che in alcuni casi raggiunge livelli patologici. Ma in moltissimi casi è solo un tratto della personalità, che cerchiamo di indagare.

L’errata percezione della propria immagine è più frequente durante l’adolescenza, in seguito alle trasformazioni fisiche che il giovanissimo corpo subisce rapidamente. Ciò ha un ruolo determinante nella costruzione dell’identità, che non avviene sempre in modo lineare. Spesso infatti alcune parti di noi si mantengono identiche al passato e la nuova immagine di sé ne risente fortemente.

Succede quindi che non si riesce ad avere una visione obiettiva della propria immagine. Cosa che compromette un’interazione realistica con le persone del proprio mondo sociale. In pratica, il soggetto si vede brutto, quando invece gli altri ne riconoscono la gradevolezza fisica.

Alcuni aspetti della personalità, molto fragili, alimentano delle ansie di tipo “persecutorio” che, come nel caso eclatante dell’anoressia nervosa, l’immagine che la giovane donna vede di sé è irrealistica perché tende a percepirsi in sovrappeso quando invece non lo è.

Questa ostinazione si autoalimenta e diventa un tratto sadomasochistico della personalità, al di là delle implicazioni profonde che ha l’anoressia, la quale è molto più complicata di questa breve descrizione (noi ne parliamo dal punto di vista fenomenologico e non da quello delle cause profonde).

Più persone sottolineano all’anoressica la sua magrezza, più lei si convince che deve dimagrire: questa è un’ostinazione che diventa parte della sua personalità.
Questo fenomeno soggettivo di sottovalutare la propria immagine corporea può inserirsi nella ricerca della propria identità, e può interessare anche altri aspetti del proprio corpo.

È curioso che alcune persone che hanno un difetto fisico, tipo il naso importante e non proprio alla francese, tendono a non vedere questo difetto e invece vedono come grave imperfezione il fatto di avere un minimo di cellulite.

A volte accade che le proprie attenzioni sono più concentrate su un difetto marginale che su quello più vistoso.

Perchè ci si vede brutte: l’aspetto psicologico

Secondo lo psicoterapeuta docente di Psicologia Clinica all’Università di Bologna, Roberto Pani “In queste persone c’è un meccanismo di spostamento di percezione del proprio corpo che viene percepito, appunto, come difettoso, ma paradossalmente non viene riconosciuto come tale. Il soggetto così non ha la forza di guardare questo difetto maggiore, per cui si accanisce su un piccolo difetto che di per sé è irrilevante”.

È preferibile fissarsi su questo difetto inesistente per non guardare il proprio mondo interno. “Come dire: mi accanisco sulla presunta cellulite per non interessarmi alla mia crescita come persona“. È una sorta di pretesto per non assumersi la responsabilità di ciò che ci angoscia più profondamente.
Ciò indica insicurezza perché è collegato alla ricerca della propria identità.

Cosa fare per migliorare la visione si se stesse

Se il meccanismo di spostamento, che enfatizza i difetti del corpo, riguarda l’età evolutiva, sparisce gradualmente a mano a mano che le persone crescono ed evolvono.

“Se invece il vedersi brutti è la spia di un’incertezza molto profonda, la dismorfofobia si instaura in modo permanente e richiede aiuto professionale – prosegue lo psicoanalista Pani – perché è un sintomo di problemi più complessi che riguardano l’intera personalità”.

Tra i rimedi semplici per accettare il proprio corpo c’è quello di avere una vita sociale più ricca; far crescere la propria immagine di sé sotto altra forma, per esempio grazie alle amicizie, agli interessi culturali, ricreativi e sportivi che prevedono attività di gruppo. Tutta la propria vita deve tendere ad acquisire una visione globale di se stessi.

Solo così si può gradualmente ridurre la sproporzione tra il modo in cui ci si vede e quello in cui ci vedono gli altri, spesso più benevole del nostro sguardo censore.

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