donna mangia pasta

Vulvodinia, endometriosi e ovaio policistico: i cibi sì e quelli no

L'alimentazione influisce su alcune delle più classiche patologie femminili, come vulvodinia, endometriosi e ovaio policistico. I consigli della nutrizionista

Vulvodinia, ovaio policistico e ancor di più endometriosi sono patologie di cui si inizia a parlare in modo più diffuso solo di recente. Aumentano la consapevolezza e anche le conoscenze su questi disturbi, che possono migliorare sensibilmente anche grazie all’alimentazione. A spiegare come è la biologa e nutrizionista Laura Coluccio, che ha indagato il rapporto tra problemi che hanno una chiara matrice ormonale e gli effetti del cibo, partendo da se stessa.

Colpita da tiroidite di Hashimoto e sindrome dell’ovaio policistico, la nutrizionista negli anni ha seguito un percorso, seguita da un ginecologo, a cui ha abbinato attività fisica e un certo stile di vita. Questo percorso ha portato a confermare il legame tra alimentazione e patologie tipicamente femminili. «Vulvodinia, ovaio policistico ed endometriosi sono malattie altamente diffuse ma agire in maniera positiva si può. Le donne non sono e non devono sentirsi sentire sole» spiega la dottoressa Coluccio, autrice del libro Alimentazione al femminile appena edito da Harper Collins. «L’alimentazione è fondamentale, sia in chiave preventiva che ‘curativa’ su queste patologie che sono definite invisibili, ma invece ‘urlano’ nel corpo delle donne che ne soffrono» aggiunge.
Ecco i suoi consigli.

La vulvodinia e il cibo

«La vulvodinia, come altre patologie analoghe, ha una base ormonale, ma anche e soprattutto ormono-metabolica, cioè legata all’assetto del metabolismo. Quindi lo stile di vita assume una grande importanza, perché a sua volta è connesso all’insulina» premette la nutrizionista.

Vulvodinia: il libro per saperne di più

VEDI ANCHE

Vulvodinia: il libro per saperne di più

La vulvodinia e l’intestino irritabile

La dottoressa Laura Coluccio spiega: «Non esiste una dieta specifica, ma sicuramente alcune accortezze nutrizionali che possono migliorarne molti aspetti. Alla base della vulvodinia c’è un’infiammazione che è anche causa del dolore percepito: per agire su questo aspetto occorre allora privilegiare alimenti freschi e meno conservati possibile, proprio per ridurre l’infiammazione. Molto spesso alla base o a concorrere a questa patologia c’è qualche problematica all’intestino come stipsi o colon irritabile: l’alimentazione può quindi aiutare ad avere evacuazioni senza sforzo, che portano giovamento anche a livello del peritoneo».

Fibromialgia, occhio all’intestino e al microbiota

VEDI ANCHE

Fibromialgia, occhio all’intestino e al microbiota

Dieta e microbiota: qual è la migliore?

VEDI ANCHE

Dieta e microbiota: qual è la migliore?

La vulvodinia e i cibi che irritano il colon

Da qui il consiglio pratico: «Occorre ridurre i cibi che possono irritare il colon, aumentando quelli che portano a un corretto alvo intestinale» cioè a limitare le irregolarità e le modifiche nella frequenza o nella qualità dell’evacuazione. L’esperta consiglia per prima cosa di individuare la natura del problema, anche tramite test e tabelle specifici «Se soffriamo di stitichezza, occorre aumentare le fibre, per esempio con cereali integrali, legumi, verdura in foglia. Se, invece, il disturbo è legato a un consumo eccessivo di questi alimenti, andranno ridotti» spiega Coluccio.

L’endometriosi e il cibo

«Purtroppo l’endometrosi è la malattia più subdola perché è anche la più difficile da individuare. Spesso si arriva a una diagnosi quando è già in stato avanzato, impatta moltissimo sulla vita delle donne e inevitabilmente ha un ruolo non solo sulla sfera ormonale, ma anche sull’intestino» spiega la biologa nutrizionista.

Endometriosi: fino a 8 anni per la diagnosi

VEDI ANCHE

Endometriosi: fino a 8 anni per la diagnosi

L’endometriosi e il nichel: che legame c’è

Sul legame tra endometriosi e alimentazione si è detto molto e non ci sono linee guida scientifiche. Sicuramente va sfatato il mito che siano da eliminare alcuni cibi come soia, latticini e glutine. L’unica evidenza scientifica riguarda, invece, il nichel: si è dimostrato il suo ruolo nel modulare l’infiammazione e l’evolversi della malattia. Il nichel è un metallo che si trova nel terreno o nell’acqua delle coltivazioni, quindi è estremamente difficile da eliminare del tutto».

Come ridurre il nichel

Il nichel si può trovare in svariati prodotti vegetali, come cereali integrali, legumi, cioccolato e soprattutto pomodori, oltre che negli utensili da cucina. «Il primo consiglio è di cambiare proprio gli utensili usati per cucina in modo da non contaminare i cibi. Quanto alle coltivazioni, le più sicure sono quelle idroponiche (senza uso di terreno o fuori suolo, NdR): esistono molte varietà di pomodori coltivati con queste tecniche e di conseguenza anche passate di pomodoro, anche se parliamo di un settore ancora di nicchia».
Ma i cibi biologici possono aiutare a ridurre la quantità di nichel? «Non è chiaro, va detto che la quantità di nichel può variare da terreno a terreno ed è difficile escludere contaminazioni» spiega l’esperta.

Il ruolo dei carboidrati nelle malattie femminili

«In questo caso è più semplice migliorare la propria condizione, riducendo gli effetti della patologia, semplicemente stando attenti a ciò che si mangia. Va chiarito che occorre ‘fare pace’ con i carboidrati, cioè non pensare di escluderli dalla dieta, perché il loro apporto è molto importante nella regolazione dell’insulina – spiega la biologa nutrizionista –

Sindrome dell’ovaio policistico e cibo

Per l’ovaio policistico non ci sono liste di alimenti da inserire o eliminare, ma è importante come abbinarli e in quali fasce orarie. Per esempio, la colazione è il pasto più importante della giornata: se è completa, con una giusta fonte di grassi e proteine oltreché di carboidrati, darà energia e anche senso di sazietà per tutta la giornata. Viceversa, si avrà voglia di dolce, soprattutto in chi ha già una certa insulino-resistenza, che si manifesta con quel desiderio tipico di fine pasto che si presenta spesso nel pre ciclo». Insomma, «I carboidrati servono, salvo rare eccezioni di casi di insulino- resistenza per cui serve una dieta chetogenica».

Il ruolo dei grassi

Ma anche le cotture hanno un ruolo cardine: per esempio i grassi non andrebbero esclusi del tutto, perché hanno un ruolo fondamentale nello stabilizzare l’insulina, nel regolarizzare l’intestino e dunque anche nell’assetto ormonale, che a sua volta incide sul ciclo mestruale» spiega l’esperta.

L’insulina è importante per evitare squilibri ormonali

L’insulina, infatti, è un ormone prodotto grazie ai pasti che contengono soprattutto carboidrati, che sono una fonte energetica. «Se c’è insulino-resistenza, il carboidrato non entra nelle cellule e resta in circolo. La conseguenza è che ci sentiamo stanchi e cerchiamo proprio energia, soprattutto sotto forma di zuccheri, che però – come in un circolo vizioso – non sono assorbiti del tutto e rimangono nel circolo sanguigno. Questo porta a un accumulo di grassi non bruciati, a uno squilibrio di valori ematici (come la glicemia) e ad accumuli adiposi che fatichiamo a eliminare. Questo a sua volta causa squilibri ormonali che sono alla base della patologia dell’ovaio policistico e delle alterazioni ormonali connesse, che si traducono in amenorrea o sindrome pre-mestruale» conclude la dottoressa Coluccio.

Riproduzione riservata