Quanto ci costano i pensionati all’estero

L'Italia non può più pagare i pensionati che si trasferiscono all'estero, dice il presidente dell'Inps. Gli ultrasessantenni che scelgono di trasferirsi infatti sono sempre di più. Ecco chi sono, perché lo fanno e i paesi migliori 

Il presidente dell’Inps Tito Boeri, in audizione alla Camera al Comitato permanente sugli italiani nel mondo, attacca i pensionati che emigrano. Troppe, molto costose e ingiuste le pensioni pagate all’estero: nel 2016 sono state pagate in «circa 160 Paesi 373.265 pensioni, per un importo complessivo di un miliardo di euro». Perché per il nostro paese è uno svantaggio? Più di un terzo delle pensioni ha «periodi di contribuzione» in Italia «molto brevi, inferiori ai tre anni; il 70% ha una contribuzione inferiore ai sei anni e l’83% una contribuzione inferiore ai 10 anni». Lo svantaggio consiste nel fatto che si tratta di durate contributive molto brevi, mentre d’altra parte i beneficiari possono accedere a prestazioni assistenziali quali le integrazioni al minimo o la quattordicesima». Insomma, i pensionati all’estero sono un costo, pure alto. E, di contro, non c’è un ritorno sociale: infatti vivono, spendono e pagano le tasse fuori dall’Italia.

Quanti sono dunque i nostri pensionati emigrati? Sono già 400 mila gli italiani ultrasessantenni che hanno scelto di andare a vivere all’estero. Il fenomeno è in crescita: solo nel 2014 gli emigrati pensionati sono stati oltre 5 mila, il 65% in più rispetto al 2013.

D’altra parte, sono attratti da Paesi in cui il costo della vita è più basso e il Fisco più leggero. Una sorta di sogno, insomma. Cosa serve per trasformarlo in una scelta conveniente? Il passo più importante è spostare la residenza fiscale all’estero: in questo modo, le tasse sulla pensione non si pagano più in Italia ma solo nel nuovo Paese, dove sono quasi sempre più basse, se non del tutto azzerate. Ci sono però due condizioni da rispettare: bisogna vivere nel Paese straniero più di sei mesi l’anno (altrimenti non si può diventare residenti) e occorre scegliere uno Stato che abbia sottoscritto con l’Italia un accordo per evitare la doppia imposizione fiscale (la lista è sul sito del ministero dell’Economia e delle finanze, mef.gov.it).

La copertura sanitaria all’estero

Altro capitolo fondamentale riguarda l’assistenza sanitaria gratuita. Per ottenerla in un Paese dell’Unione europea, dopo aver preso la residenza, bisogna presentare il modello S1, rilasciato dall’ultima Asl a cui si è stati iscritti. Fuori dall’Ue, alcuni Stati hanno siglato convenzioni per fornire cure gratis ai residenti italiani. Chi invece si trasferisce in Paesi esclusi da questi accordi può tornare in Italia e usufruire della sanità pubblica per un massimo di 90 giorni l’anno.

I Paesi dove si pagano meno tasse

Portogallo e Bulgaria permettono ai pensionati residenti di incassare l’assegno Inps lordo: questo significa che una pensione italiana da mille euro netti sale a 1.300. L’unica differenza è che in Portogallo questo beneficio dura 10 anni, mentre in Bulgaria è valido tutta la vita. Fuori dai confini europei, una delle mete preferite è la Tunisia, che offre un’esenzione fiscale sull’80% del reddito e una copertura sanitaria totale. Molte facilitazioni sono previste anche dal “programma pensionado” di Panama, a cui si accede dimostrando di avere una pensione di almeno 860 euro al mese, 1.000 se si è in coppia.

A chi rivolgersi

Il gruppo Facebook dell’Associazione pensionati uniti all’estero fornisce gratis consigli e sostegno sul posto a chi ha intenzione di trasferirsi. Tra le agenzie che forniscono aiuto per gli aspetti pratici, invece, ci sono nuova-vita.com e vadovia.it.

Le storie di pensionati che sono andati a vivere all’estero

Daniela Gaggero 66 anni, vive con il compagno a Tavira (Portogallo) da nove mesi
«All’inizio puntavamo sulla Spagna; poi abbiamo optato per il Portogallo, dove il mio compagno, ex professionista privato, non avrebbe pagato tasse per 10 anni e ricevuto la pensione lorda. Mentre io, ex insegnante e pensionata ex-Inpdap, non avrei avuto agevolazioni fiscali in nessuno dei due Paesi. Abbiamo fatto un giro di perlustrazione e ci siamo innamorati dell’Algarve per il mare, il clima e la pulizia. Con l’aiuto di una ragazza italo-portoghese, abbiamo avviato le pratiche per la residenza e affittato una casa. All’inizio abitavamo a Olhäo, poi ci siamo trasferiti a Tavira, che ha una fantastica spiaggia raggiungibile in cinque minuti di traghetto. Qui gran parte degli appartamenti sono in vendita o in affitto. Per due camere, cucina e soggiorno ammobiliati paghiamo circa 600 euro al mese. In genere la vita costa il 30% in meno rispetto all’Italia. Caro (e laborioso), invece, il cambio di targa per l’auto usata che abbiamo comprato: ci è costato 500 euro. Non abbiamo ancora rapporti stretti con i locali, molto riservati; ho stretto le prime amicizie al gruppo buddista e al corso di portoghese dell’Accademia per senior. Ma non soffriamo di solitudine: i miei due figli e alcune amiche sono già venuti a trovarci».

Manuela Bruzzo 62 anni, vive con il marito ad Hammamet (Tunisia) da un anno
«Dopo tanti anni di lavoro ci siamo detti che ci meritavamo un regalo: mare azzurro e sole a un’ora e mezza di aereo da casa. Siamo di Vicenza, dove abbiamo ancora casa, e torniamo in Italia ogni tre mesi. Qui viviamo in una villa indipendente a 400 metri dalla spiaggia, con un bel giardino e una piccola piscina, che ci costa 580 euro mensili. Ma si può spendere molto meno se si affitta un appartamento. A conti fatti, ci bastano 1200 euro in due al mese, bollette e affitto inclusi, senza farci mancare nulla: risparmiamo circa il 60% rispetto a quando vivevamo in Italia. In più, ora verso le tasse in Tunisia e ricevo la pensione lorda: in un anno pago quanto in un mese in Italia. Il clima è sempre mite e non abbiamo problemi di sicurezza: ci sentiamo protetti perché ci sono molti poliziotti, anche in borghese. Certo all’inizio serve un po’ di spirito di adattamento perché i ritmi sono molto più rilassati. Se, per esempio, hai bisogno di un idraulico o di un antennista, devi armarti di pazienza e aspettare qualche giorno prima che si presenti il tecnico. I locali sono però molto socievoli e abbiamo fatto subito amicizia con loro e con gli altri espatriati italiani che vivono nei dintorni».

Caterina Tassi 62 anni, vive con il marito a Porto Seguro (Brasile) da 8 anni
«Io e Flavio siamo sempre stati appassionati del Sud America e abbiamo cullato a lungo l’idea del trasferimento. Prima abbiamo organizzato un viaggio di 4 mesi per scegliere la località più congeniale e prendere confidenza con le abitudini del posto. Quando abbiamo deciso, la prima cosa da fare era il visto. Per ottenere quello permanente, è necessario farsi accreditare in una banca brasiliana la pensione. L’assegno non deve essere inferiore a una cifra mensile stabilita annualmente: nel 2016 era circa 600 dollari. Il costo della vita qui è molto basso, a patto di rinunciare alle abitudini italiane perché i prodotti di importazione sono costosi. È importante avere una buona assicurazione sanitaria privata. Noi abbiamo scelto la formula più completa: costa 800 reais (270 euro) all’anno, ma non copre i farmaci. La vita è comunque migliore nei piccoli centri, più sicuri, dove l’affitto per una casa indipendente va da 100 a 400 euro al mese. I rapporti sociali qui sono intensi perché i brasiliani hanno un forte senso di solidarietà. La mia giornata inizia alle 6, facendo yoga sulla spiaggia con un gruppo; nel pomeriggio lavoro nel mio laboratorio di pittura e mosaico. Torno in Italia non più di due volte l’anno».

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