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5 cose che ho imparato facendo il corso per sommelier

 

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Più di dieci anni fa, in tempi non sospetti per l’ossessione food and wine che ci ha inesorabilmente colpiti (o comunque, in tempi meno sospetti), scrivevo di vino per un mensile allora appena nato che si chiamava Euposia. Facevo parte del gruppo di degustatori amatoriali, formati con un breve corso sui tre aspetti principali della degustazione (visivo, olfattivo e gustativo) che una sera alla settimana si riuniva per degli assaggi da pubblicare poi sul giornale. Io collaboravo anche come giornalista; ero incaricata di scrivere le schede di degustazione e diversi articoli sul tema. Fu un periodo molto bello e interessante (sì, anche abbastanza alcolico) che durò per circa un anno, quando la rivista fu venduta, credo chiusa e poi riaperta. Esiste ancora, comunque.
Ai tempi, pensai più volte di iscrivermi al corso per diventare sommelier. Grazie all’esperienza di quelle serate, gusto e olfatto mi si erano affinati parecchio; ma rinunciai per mille motivi (il costo, l’impegno, il lavoro, eccetera; tutti gli alibi che troviamo di solito).

Lezione 1: se davvero è quello che vuoi fare, prima o poi lo farai.
A gennaio di quest’anno, finalmente mi sono seduta su uno dei “banchi” dell’AIS, l’Associazione Italiana Sommelier, per chiudere quel cerchio aperto così tanti anni fa. Perché nel frattempo ho continuato ad apprezzare, scegliere e cercare il vino che mi piace. E ad abbinarlo con quello che cucino. Sono in buona compagnia in mezzo a circa 35.000 iscritti all’associazione in Italia e 7.000 partecipanti ai corsi, di cui 2.000 in Lombardia, che conta quasi 4.000 iscritti in totale. E vado a rimpolpare un po’ il gruppo delle donne: al momento la percentuale di iscritte è del 30%.

Lezione 2: quando ti interessa davvero, non ci sono alibi, non c’è stanchezza e il tempo si trova.
Finora, per curiosità ma anche per noia, ho provato decine di attività, sportive e non; brillando per incostanza, le ho lasciate perdere quasi tutte dopo qualche mese, o non le ho mai approfondite.
Oggi, pur avendo molti più impegni di dieci anni fa (una famiglia e una figlia, per dirne uno), mi sono impegnata a frequentare un corso per due sere a settimana, dopo il lavoro, con una valigetta che contiene quattro calici, per più di due ore a incontro, rientrando tardi la sera. Non sono l’unica: secondo dati AIS, il 90% di chi inizia il primo modulo porta a termine tutti e tre, con l’esame finale che lo laurea sommelier. E vi assicuro che da quel che ho visto finora, non è un impegno da poco.

Lezione 3: Non esiste solo il talento: servono la pratica, la costanza, l’allenamento.
Quando degustavo tutte le settimane, come ho già detto, olfatto e gusto si erano affinati incredibilmente. Era facile trovare corrispondenze di profumi, evocare memorie, riconoscere le spezie, i fiori e i frutti in un calice. Se, come dice lo chef Gusteau in Ratatouille, “Ognuno è in grado di cucinare”, ognuno è anche in grado di imparare a degustare. Non serve solo a lezione: serve per imparare a riflettere su ciò che mangiamo e beviamo tutti i giorni, sui gusti, sui profumi, per fare di ogni assaggio un’esperienza e non una deglutizione meccanica. Serve a riprendersi il tempo, insomma.

Lezione 4: nella vita, a volte, le cose che piacciono vanno fatte per passione, senza aspettare un tornaconto immediato. magari è la volta che, a sorpresa, arriva.

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Sì, ma poi? Che senso ha fare un percorso così lungo e complesso, che richiede molto tempo, attenzione e pure soldi, aspetto da non trascurare, se poi non ti “serve” a qualcosa? A parte che nella vita non si sa mai. Lo dice anche la storia del delegato AIS di Milano, Hosam Eldin Abou Eleyoun (foto a lato di Sonia Santagostino)). Primo delegato che arriva da un altro continente, laureato in chimica all’Università di Alessandria d’Egitto, in Italia per amore. È stata proprio la moglie a regalargli il primo corso nel 2001, che lo ha portato a diventare sommelier in due anni e poi, nel 2010, delegato a Milano.
“La specializzazione offre molte opportunità di lavoro, in Italia e all’estero”, mi ha detto. “I corsi pomeridiani vedono la partecipazione di persone più giovani, già convinte di farne una professione. Ma gli spazi ci sono per tutti, se si è convinti: abbiamo mandato sommelier in splendidi ristoranti a Londra e sulle navi da crociera. Tanti hanno aperto enoteche e locali. Molti hanno cambiato vita dopo il corso, senza averne avuto intenzione prima”. E se lo dice lui, che da chimico in Egitto oggi è al secondo mandato come responsabile di una delle delegazioni più frequentate e vivaci d’Italia, c’è da credergli.

Lezione 5: Trovate la vostra passione e seguitela. Che sia uno sport, una disciplina, una tecnica, un corso di cucito o di parapendio, fatela senza sensi di colpa e per puro divertimento. È tutto fuorché una perdita di tempo (sotto, i ferri del mestiere e l’ambito tastevin).

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