Noi, figlie badanti dei nostri genitori

  • 10 05 2017

La definizione corretta è “caregiver”, ma li chiamano anche “generazione sandwich”: inglesisimi che non bastano a raccontare i volti e le vite di quel milione di italiani che, spesso oltre ai propri figli, accudisce a tempo pieno i genitori non più autosufficienti. Il milione sale a 9 se si considerano anche tutti gli adulti che si prendono cura di un parente anziano solo per alcune ore al giorno. I figli-badanti creano quel welfare sommerso, tipicamente nostrano, basato su una sola regola: la solidarietà familiare. Da Nord a Sud, è infatti fortissima la necessità di prendersi cura di mamma e papà colpiti da malattie che richiedono cure quotidiane. Ma perché non delegare a figure specializzate certe mansioni? Oltre a una ragione affettiva, c’è una questione economica: il costo di una badante in regola, se si calcolano stipendi e contributi, è di circa 15.000 euro all’anno. Troppo per le esigue pensioni di accompagnamento (508 euro per anziano) che percepiscono i genitori malati.

Pina, 61 anni, con il padre Paolo, 89. Per accudire lui e la madre Ada, Pina si è trasferita da Roma a casa loro, vicino a Tivoli

La sindrome della “ipercura”

«Il fenomeno dell’invecchiamento e della vulnerabilità delle persone anziane ha ripercussioni su 3 generazioni: genitori, figli e nipoti» spiega Elisabetta Luisa Ferrari, coordinatrice dello sportello Aiuti familiari della cooperativa sociale Spazio Aperto Servizi di Milano. «Emotivamente si fa fatica a “elaborare il lutto” di aver perso – anche se non fisicamente – una mamma o un papà malato. E la riorganizzazione del tempo tra casa, lavoro, bambini da seguire a scuola e genitori da assistere diventa complessa e stressante. I caregiver oscillano spesso tra il fuggire da queste situazioni e il non riuscire più a staccarsi.

Gli “ipercuranti” possono anche andare in depressione. Bisognerebbe trovare un equilibrio: non rimanerne troppo invischiati, ma non essere neanche menefreghisti». La National Family caregivers association, la prima associazione americana dei parenti-badanti, consapevole dei rischi in cui incorre la figura del caregiver, ha stilato una lista di consigli per non rimanere imprigionati nel ruolo: non far diventare un’ossessione la malattia del caro; trovare spazio per lo svago; accettare l’aiuto degli altri; imparare a conoscere la patologia che affligge il parente. Suggerimenti importanti e utilissimi, ma che nel nostro Paese andrebbero anche sostenuti da politiche sensibili al problema. 

La necessità di politiche mirate 

Norme che riconoscano dal punto di vista giuridico, e non solo sociale e umano, il soggetto che “si prende cura di” non esistono in Italia. Lo scorso gennaio in Commissione Lavoro del Senato è partito l’iter parlamentare di 3 disegni di legge sui caregiver familiari. In attesa di un testo unificato, le associazioni chiedono almeno sgravi fiscali per chi assume una badante: secondo l’Inps, sono 375.000 quelle regolarizzate e quasi 700.000 quelle che invece lavorano in nero.

«L’assistenza agli anziani non può essere una questione delegata solo alle famiglie: nel nostro Paese degli over 80 sono 4 milioni, i “grandi vecchi” rappresentano la componente della società che aumenta con maggiore velocità e, prima della metà del secolo in corso, raggiungeranno gli 8 milioni» spiega Alessandro Rosina, docente di Demografia all’università Cattolica di Milano.

«Nei prossimi decenni diminuirà la popolazione di età centrale, il carico degli anziani sarà più pesante e verrà meno il numero di persone dedite all’accudimento. La popolazione invecchia, i bambini non nascono e la maggior parte dei caregiver sono donne che oggi hanno tra i 40 e i 55 anni: chi se ne occuperà, visto che i loro figli oggi studiano e spesso scelgono di trasferirsi lontano da casa per lavoro?».

Pina con la madre Ada, che accudisce quotidianamente. Pina lavorava a Roma, ma ormai in città va «solo per pagare le bollette»

I numeri del fenomeno

74% Gli italiani tra 40 e 55 anni che si prendono cura di 1 genitore: nel 51% dei casi è la madre anziana a essere assistita. 34% Gli italiani che curano figli piccoli e assistono genitori anziani. 3 su 4 I figli adulti che vivono a meno di 10 minuti di distanza dai genitori. 41% La percentuale di figli adulti e genitori over 77 che si sentono più volte al giorno al telefono (in Francia è il 16%, in Inghilterra il 21%). 1 su 2 Gli anziani non autosufficienti aiutati dai familiari. 43% Gli anziani disabili curati da una badante. 3% Gli anziani seguti in esclusiva dai servizi sociali (Fonti: indagine Doxa per Easy Life; indagine Passi d’argento dell’ISS).

Le storie 

Pina Baglioni, 61 anni, pensionata di Roma

«Per le cure dei miei ho speso 30.000 euro. E mi sono trasferita a casa loro» In un piccolo comune che dista 40 chilometri da Roma e 20 da Tivoli, Paolo ed Ada non potrebbero mai farcela senza l’aiuto della loro figlia Pina, 61 anni, pensionata. Pina lavorava a Roma, ma ormai in città va «solo per pagare le bollette». Suo padre Paolo ha 89 anni ed è cardiopatico: 3 anni fa è stato colpito da una sincope che poco alla volta ha indebolito tutti i suoi muscoli. Alla madre Ada, 86 anni, nel 2013 è stata diagnosticata la demenza senile: adesso ci sono dei momenti in cui «parla sempre, anche per 30 ore di fila. Peggiora di giorno in giorno» dice Pina. «Lo scorso novembre è caduta, si è rotta un femore. Quando è tornata casa era piena di piaghe da decubito. L’ho dovuta curare io». Privata è la cura, private sono anche le spese. «Pannoloni, visite mediche, farmaci. In casa ci sono le 2 pensioni di accompagnamento di mamma e papà, di 508 euro al mese l’una, e la mia pensione: ce la facciamo per un pelo. Da quando mia madre è caduta sono andati via almeno 30.000 euro tra dottori e visite specialistiche. In questi casi o hai due soldi da parte o niente». Pina non ha figli: «Sono single e paradossalmente ciò mi ha reso più facile gestire la situazione».

Gabriella Meroni, 48 anni, giornalista di Milano

«La giornata non basta mai, mi sento schiacciata dalle responsabilità» Gabriella ha 3 figli, di 15, 11 e 6 anni. Lei, che di anni ne ha 48, vive a Milano e lavora come giornalista, è l’esempio perfetto di quella che oggi si chiama “sandwich generation”: una fetta di popolazione che nel pieno dell’attività lavorativa deve occuparsi sia dei propri figli sia di genitori o parenti anziani, malati o non autosufficienti. «Mia mamma Anna Maria è cardiopatica e ha difficolatà di movimento» racconta Gabriella. Fino a 4 anni fa era Anna Maria, 84 anni, ad aiutare sua figlia. «Mi teneva i bambini, mi ha sempre supportata in tutto mentre io lavoravo. Poi le cose poco alla volta si sono rovesciate. Adesso ho 3 figli di 3 età diverse e quindi anche esigenze diverse, più una mamma da curare. Stare su 4 fronti non è una cosa facile». Gabriella accudisce la madre insieme a suo fratello, si dividono un po’ i compiti, però sa bene che non è sufficiente: «I figli non bastano, non hanno le competenze professionali necessarie. Si dovrebbe investire su una figura sociale nuova, a cui gli anziani possano guardare con fiducia». Per Gabriella le ore della giornata non sono mai abbastanza: «Mi sento schiacciata e davanti a me, a volte, vedo una montagna».

Elisa Capasso, 54 anni, artigiana di Napoli

«Mio padre ha bisogno di me per tutto: dal pannolone alle medicine». Quando Simone, 83 anni, ha avuto un ictus nell’aprile del 2016, sua moglie Maria di 81 anni non poteva accudirlo da sola. Lui è rimasto bloccato su una sedia a rotelle e ha riportato delle lesioni al cervelletto. La coppia vive in un condominio di un piccolo Comune in provincia di Napoli e a loro ha pensato Elisa, 54 anni, una dello loro 3 figlie femmine: «I miei genitori sono molto legati a me, e perciò me ne sono presa carico io, però senza farglielo mai pesare. Mi sono trasferita di nuovo a casa loro per qualche mese» racconta. «Lavoravo come artigiana, ma ho dovuto lasciare tutto». Il papà di Elisa non è autosufficiente e ha bisogno di assistenza continua: «Per mangiare, per prendere le medicine, per cambiare i pannolini. Anche le mie sorelle mi hanno aiutato, ma per certe cose più intime non tutti sono portati. Stare vicino a un anziano è un lavoro e bisogna saperlo fare con pazienza». Elisa ora ha deciso di tornare a casa sua, dove ha 3 maschi da gestire: «Mio marito e i miei 2 figli: si svegliano, escono e vanno via, non danno nessun aiuto nei lavori domestici, spesso mi trovo a dover badare anche a loro. Adesso per accudire i miei genitori durante le notti abbiamo preso una ragazza, così sono più tranquilla. Ma di giorno sono sempre a disposizione».


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