come capire se si vuole un figlio

Non so se voglio un figlio: 5 domande per conoscersi meglio

Diventare mamma: sì o no? E' assolutamente normale non avere le idee chiare su un tema così importante, ma ecco gli spunti che ti aiutano a riflettere

Come capire se si vuole davvero un figlio?

I motivi per cui vogliamo, o no, un figlio sono ben nascosti dentro di noi. Difficile è trovare la piccola chiave dorata capace di aprire quella porta, ma puoi provarci, ne varrà la pena. Perché vale sempre la pena essere sinceri con se stessi, tanto più in considerazione del fatto che… non siamo eterni. Proprio così, è dura da ammettere ma è vero. Non avrai tutti i giorni della tua vita per farlo: che sia un figlio, il progetto che rimandi da anni o quel cambiamento che desideri, il momento giusto potrebbe non arrivare mai. Anzi, di solito accade proprio così. Non sembra mai il momento giusto. Per questo abbiamo bisogno di chiederci che cosa desideriamo veramente… e passare all’azione.

Perché vuoi (o no) un figlio?

Sembra la più semplice delle domande, così diretta da sfiorare la banalità. Eppure non lo è, o meglio: non lo sarà la tua capacità di risposta. Un interrogativo semplice e diretto mette allo scoperto un pezzo di pelle viva, ecco perché è difficile rispondere alle domande dirette. Toccano quello che non vogliamo mostrare, né agli altri, tantomeno a noi stessi.

Puoi fare una lista, se vuoi. Mentale o per iscritto, su una mail, un post it. Scrivi tutti i motivi per cui ogni tanto ci pensi e ti sentiresti pronta a quell’impulso che ogni tanto ti attraversa, pronta a lasciarti andare e sognare un figlio tuo. Poi, scrivi tutte le resistenze che hai nell’immaginarti con un bambino. Puoi aggiungere, cancellare, modificare. Datti un tempo. Per esempio, un mese. Una volta scritta, la tua lista magari verrà dimenticata in fondo a un cassetto, però può accadere di ritrovarla, dopo settimane (o mesi!) e diventerà un messaggio per te stessa. Rileggersi a distanza di tempo è sempre una sorpresa perché può raccontare lati di noi nascosti nel profondo e motivazioni che con il senno di poi sembrano quasi scritte da un’estranea. Un modo per iniziare a capire quali pensieri e sensazioni ti appartengono davvero e quali no.

A che punto è la tua storia d’amore?

Quando una storia d’amore dura da anni o soprattutto quando si passano i trenta, accade così: o ci si lascia, o si fa un figlio. È il momento di rifletterci. La persona con cui stai condividendo la vita ti fa venire voglia di ampliare il vostro circolo d’amore? Perché un figlio dovrebbe essere questo, nascere dall’amore e dalla condivisione di un’esistenza che all’improvviso sembra diventare troppo stretta. A un certo punto, dopo anni di conoscenza, scatta la voglia di espandere e espandersi: può essere un figlio, o la nascita di nuovi orizzonti, progetti, impegni. Una visione da realizzare insieme. Puntualizziamo: non è detto che si debba per forza fare un figlio. Si può essere felici insieme anche decidendo consapevolmente di non fare figli, e magari concentrare le proprie energie in altri progetti comuni.

Se la diversità fa traballare i valori in comune, si litiga sempre per le stesse questioni, invalicabili da anni, e le strade sembrano andare ognuna per conto suo, sta suonando un campanello d’allarme.

Il desiderio di un figlio nasce dalla voglia di condividere insieme al partner il vostro amore oppure vuoi un bambino perché senti che ormai è arrivata l’ora giusta? A proposito, la persona con cui stai desidera dei figli? Sedersi a tavolino e dirsi reciprocamente la verità è un atto di consapevolezza e onestà. Non sappiamo come andrà il futuro; può accadere di restare insieme o lasciarsi ma una cosa è certa: i figli non rattoppano le storie d’amore e un uomo non dovrebbe essere scelto come padre, a meno che non lo voglia davvero. Quando una relazione deve finire meglio affrontare subito i problemi. Si può pensare a una gravidanza anche da sole, l’importante è essere coscienti di ciò che vogliamo veramente e essere oneste con l’altro.

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Qual è la tua paura più grande?

Così, a caldo. Rispondi in fretta, senza pensare. Scrivere di getto le tue paure profonde, verso la vita, metterà a nudo anche i motivi per cui d’istinto rimandi l’idea di un figlio. Fa bene lasciar uscire le paure, è liberante. Spesso i no ci aiutano molto più dei sì: accade perché dentro nascondono il segreto delle esperienze negative, di ciò a cui facciamo resistenza e quello che pensiamo di non saper gestire.

Dentro alla tua resistenza all’idea di avere un figlio potrebbero nascondersi timori che, in realtà, una volta alla luce del sole sveleranno un nuovo lato di te stessa e della tua idea di famiglia. Può essere che a metterti in crisi sia l’idea stessa della responsabilità. Oppure la questione finanziaria ed economica, il tuo lavoro, l’organizzazione del tempo della giornata o il fatto che tu ti stia chiedendo chi potrà aiutarti, se ti troverai da sola ad affrontare tutto. Sarò ancora libera di cercare e trovare me stessa? È una domanda legittima. Ogni timore è legittimo, lascia scorrere tutta la tua ansia. Porta alla luce le tue paure profonde e cogli l’occasione per guardarle veramente, ti accorgerai di cosa sono fatte. Spesso si tratta di interrogativi e dubbi assolutamente ragionevoli e razionali.

Al di là di tutto ricorda che alla fine chi decide di fare un figlio non lo fa scortato da ottime motivazioni pratiche. Ogni genitore ti racconterà che ci sono state, e ci saranno, difficoltà, momenti di paura, attimi in cui tutto vacilla e magari il lavoro e le certezze crollano proprio quando pensavi di averne trovate. Eppure, chi ha figli si apre a una fiducia più vasta. Quello che molti genitori raccontano è di aver trovato una nuova forza, capace di far trovare nuove soluzioni e sicurezze. Quindi, non ti arrendere alla motivazione più facile e vai a fondo del problema. Il precariato è un problema comune, ma forse se stai rimandando l’idea di un figlio aspettando case e stipendi migliori, dentro di te si nasconde una motivazione più profonda e personale.

Come ti immagini in futuro?

Il cervello lavora per immagini, ci ricordano le neuroscienze. Questo significa che sono molto più sincere le “fotografie” con cui nutriamo la nostra immaginazione, anziché le parole che raccontiamo a noi stesse. Forse non ci hai mai fatto caso, ma qualche volta (molto più che qualche volta!) quello che diciamo di volere non è ciò che vogliamo veramente. Ci sono persone, magari ne conosci qualcuna anche tu, che si sono impegnate strenuamente nel raggiungimento di un obiettivo. Eppure, una volta conquistato l’agognata meta, sorprendentemente si sono rese conto che… non si trovavano nel posto giusto! In questi casi le strade sono due: o si va avanti, testardi, per la strada decisa dalla testa oppure si cambia rotta. Ci vuole molto coraggio per cambiare perché significa mollare ogni riferimento conosciuto e disegnare una nuova mappa. Il corpo aiuta perché quando mettiamo a tacere ciò che sentiamo piano piano inizia a segnalarci che qualcosa non va: il termine “psicosomatico”, che veniva liquidato banalmente come un sintomo creato dalla mente, identifica un nodo complesso, ancora in gran parte sconosciuto, dove in gioco sono corpo, mente, emozioni, stress.

Tu come ti immaginavi “da grande”? Ritorna al tempo della tua infanzia, sei stata una bambina anche tu. Di che cosa ha bisogno la bambina che ancora vive dentro di te? Le risposte potrebbero stupirti, perché il nostro lato bambino non ragiona con tutti gli schemi che abbiamo imparato da adulti per sopravvivere al quotidiano.

Quali sono le tue certezze?

Nell’arco della vita sintetizziamo le esperienze per trarne una lezione utile in futuro (e aiutare il cervello a prendere decisioni automatiche velocemente). Questo processo riguarda la costruzione di un’abitudine: un costrutto molto utile che, tuttavia, può ritorcersi contro di noi. L’abitudine da una parte ci dà sicurezza, dall’altra blocca il nuovo. Perché ogni novità è un salto nel buio, è puro ignoto e per il computer che abbiamo nella testa… questo suona davvero pericoloso!

Ci sono donne che hanno amato e sognato i bambini fin da piccole, coccolando quelli delle amiche e offrendosi come babysitter a ogni occasione, salvo poi scoprire, una volta da sole con il proprio figlio, che un neonato è anche impegno, urli senza senso che non si calmano, capelli sporchi e occhiaie, perdita di pazienza, sonno e nervosismo. Viceversa, donne che poco hanno avuto a che fare con neonati si sono scoperte madri appassionate e giocose, capaci di crescere insieme ai loro figli con spirito di indipendenza e avventura. Tu, per esempio, che tipo di madre hai avuto? La tua famiglia come ha condizionato l’idea della madre che dovresti, o vorresti essere?

Siamo prigioniere delle nostre certezze e delle idee che ci siamo fatte su come debbano andare le cose. Questi schemi in fondo sono come fotocopie dove è possibile colorare dentro i margini, ma non si può creare a mano libera. Non ci facciamo mai caso, ma tante delle nostre certezze assolutistiche, in positivo o negativo, non vengono da noi, ma da molto lontano. Non ci appartengono davvero. Dentro, contengono poche verità e molti giudizi, convinzioni nate su basi teoriche, spesso di altri. Prendi il tuo foglio bianco e inizia a disegnare, libera la mente. Lascia uscire quello che senti nel profondo e un istinto antico ti racconterà la verità del tuo cuore, finalmente. Qualsiasi sia la direzione in cui andrà la tua scelta, la sensazione di pace intensa è ciò che ti fa capire di essere sulla strada giusta.

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