

L’onicofagia è un gesto automatico tanto comune quanto difficile da abbandonare. Ecco cause e rimedi suggeriti dalla psicologia
Tecnicamente nota come onicofagia, l’abitudine di mangiarsi le unghie è un comportamento che può essere scatenato da una miriade di motivi, tra i quali emerge in maniera indiscussa sugli altri l’ansia e il nervosismo.
In passato, però, le spiegazioni fornite dalla letteratura scientifica per spiegare questo gesto sono state innumerevoli e disparate, da un’alterazione del rapporto madre-figlio ad un comportamento di automutilazione, passando per situazioni di particolare stress o noia e arrivando infine ad essere identificato come tratto di una personalità precisa e pignola.
Secondo un recente studio pubblicato sul Journal of Behaviour Therapy and Experimental Psychiatry, infatti, coloro che si mangiano le unghie o si strappano i capelli sarebbero spesso dei perfezionisti che utilizzano questi gesti per alleviare l’irritazione e il fastidio derivati da un senso di insoddisfazione.
D’altro canto, al di là di quale siano i fattori scatenanti, il mangiarsi le unghie è generalmente considerato un comportamento che dovrebbe essere abbandonato. Ma qui sta il problema: dal momento che le abitudini che portano ad un conforto momentaneo sono difficili da abbandonare, l’impiego di smalti dal gusto amaro così come il ricorso a farmaci come la clomipramina e la desipramina (antidepressivi triciclici utilizzati tra gli altri per il trattamento di disturbi ossessivo-compulsivi) si sono spesso rivelati inefficaci.
Ecco allora che un escamotage psicologico può essere d’aiuto, in quanto capace di aumentare la consapevolezza del comportamento e quindi bloccare l’automatismo con cui si portano le mani alla bocca in caso di situazioni di stress o ansia.
Tra le tecniche suggerite, rientra per esempio il monitoraggio costante della lunghezza delle proprie unghie, che deve essere misurata e annotata quotidianamente per un periodo di tempo di almeno quattro settimane.
In alternativa, si può ricorrere ad un altro espediente, che può essere utilizzato con successo anche sui bambini: ogni sera, per almeno trenta giorni consecutivi, bisogna guardare le proprie unghie e chiedersi quanto si è stati “buoni” con loro.
In questo senso, bisognerà rivolgersi ad ogni unghia come se si parlasse ad un “amico”, dedicando a ciascuna di loro una frase di scusa (“sono molto dispiaciuto per averti masticato oggi”) oppure di felicitazione (“sono contento di essere stato così carino con te oggi”) a seconda dei casi, e concludendo l’osservazione baciando ogni estremità delle dita.
La relazione instaurata con i piccoli dieci “amici” verrà ricordata anche qualora insorga il desiderio di mangiarsi le unghie, aumentando la consapevolezza del gesto e bloccando l’automatismo. Senza contare che il baciarsi costituisce un gesto di affetto verso sé stessi che potrà essere d’aiuto per alleviare lo stato di stress e di ansia.
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