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Fecondazione assistita: come scegliere il centro

La fecondazione assistita è una decisione importante. Occorre affidarsi a un centro con precisi requisiti. Cosa accade alla prima visita, le attese, le tecniche

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Parliamo di questo tema anche in podcast su Giornale radio nella puntata del 19 maggio.

Quando serve l’aiuto della medicina per avere un bambino, la prima scelta da fare è quella della struttura a cui affidarsi. Una decisione importante, quella della fecondazione assistita.

I centri per la fecondazione assistita in Italia

In Italia sono 325 i centri di Pma censiti dall’Istituto superiore di sanità, di cui 211 privati. Non sono pochi, ne esistono in ogni Regione d’Italia, ma l’idea migliore non è sempre quella di scegliere la clinica o l’ospedale sotto casa. «Strutture valide ce ne sono sia nel pubblico sia nel privato e prima bisogna informarsi bene. Io consiglio di affidarsi a chi ci è già passato o alle associazioni di pazienti» dice Stefania Tosca, fondatrice dell’associazione Strada per un sogno, che assiste le coppie lungo tutto il percorso.

Le 5 domande da fare per capire se il centro è giusto

«Intanto dovrete accertarvi che il centro abbia un laboratorio con biologi preparati, perché questo fa la differenza, anche sull’esito finale della fecondazione» premette l’esperta. «Poi è preferibile orientarsi su strutture di cosiddetto  2° e 3° livello: sono quelle che eseguono i trattamenti più complessi e che sono in grado all’occorrenza di provvedere anche al congelamento di ovuli: questo eviterà un domani di dover peregrinare da una clinica all’altra se si rendesse necessario sottoporsi a tecniche più avanzate. Contano anche un ginecologo e un’équipe che vi seguano in modo personalizzato. Meglio diffidare di chi propone procedure standard perché ogni coppia è un caso a sé. Infine, non sottovalutate l’aspetto umano. Quella della procreazione assistita è un’esperienza impegnativa, in cui gioia e dolore si alterneranno. Medici e infermieri capaci di empatia, di accompagnarvi nei momenti di speranza ma anche in quelli di delusione sono importanti. La cosa peggiore è essere trattati come numeri». Ultimo punto ma non per importanza, vanno considerate le liste di attesa. Se lei ha più di 35 anni non ci si può permettere di aspettare troppo per una visita: l’appuntamento andrebbe fissato dopo un paio di mesi.

Fecondazione assistita: la prima visita

L’iter prevede che dopo il colloquio la coppia si sottoponga a una serie di accertamenti per individuare l’origine del problema. Ma bisogna avere pazienza: prima del trattamento vero e proprio passano diverse settimane e, in caso di ulteriori approfondimenti, si superano anche i 2 o 3 mesi. Non è detto, però, che si arrivi subito alla fecondazione in vitro, come spiega Silvia Colamaria, ginecologa e responsabile del trattamento di Pma del centro GeneraLife di Roma: «Se i primi esami non segnalano problematiche particolari, si può proporre un’inseminazione intrauterina, che si esegue in ambulatorio senza anestesia e in maniera molto veloce e indolore». Una tecnica più “naturale”, insomma, che serve a far incontrare gameti maschili e femminili nel grembo materno, senza necessità di prelevare gli ovociti e di fecondarli in laboratorio.

Le chances nella fecondazione assistita e i tentativi

«Generalmente, chi si sottopone alla Pma ha in media un 30% di probabilità di gravidanza. Le maggiori possibilità si hanno con almeno 3 trasferimenti di embrioni» continua la dottoressa Colamaria. Purtroppo non esiste un numero di tentativi ideale. «Certo, più alto è il numero di embrioni ottenuti, più salgono le chances. Ma, se la gravidanza non arriva, quanto perseverare dipende oltre che dalle condizioni fisiche, dalle risorse psicologiche della coppia, perché più il percorso si allunga maggiore è lo stress a cui si va incontro. La buona notizia è che oggi grazie alle analisi preimpianto eseguite sugli embrioni fecondati, il rischio di parti gemellari e aborti spontanei è molto diminuito. Ora possiamo conoscere la mappa dei cromosomi prima del trasferimento in utero dell’embrione».

Quando serve la fecondazione eterologa

A una parte delle coppie i medici possono consigliare di ricorrere al seme o all’ovocita di un donatore. A praticare l’eterologa in Italia sono circa un centinaio di centri, ma quelli pubblici o convenzionati si contano sulle dita di una mano. Il 75% dei pazienti deve rivolgersi al privato. «Nel pubblico le liste di attesa superano anche un anno» spiega Laura Pisano, presidente dell’associazione l’Altra cicogna. «E a quel punto molti pensano alla possibilità di andare all’estero. Spesso lo fanno per i costi, perché numerosi centri oltrefrontiera propongono “pacchetti” scontati, ma a spingerli a volte è un pregiudizio di fondo. In Italia l’eterologa è stata ammessa dalla legge solo dal 2014, e in tanti ritengono ancora che nei Paesi dove si pratica da più tempo, siano più avanti». Ma non è così: la qualità media dei centri italiani, dati alla mano, è altissima. Meglio allora fare una scelta ragionata. «Bisogna individuare quelli più accreditati facendo delle ricerche, anche sul web, mettere sul piatto le spese complessive e, non ultimi, i costi “umani”» continua Laura Pisano. «Molti centri stranieri si appoggiano a ginecologi in Italia per fare alcuni esami, ma il peso di dover prendere un aereo ogni volta è uno stress da non sottovalutare».

Le tecniche di fecondazione assistita

IUI Inseminazione intrauterina

Si introducono gli spermatozoi nell’utero, per accrescere le possibilità di incontro con gli ovociti. La procedura indolore si esegue con un tubicino flessibile che viene messo in vagina e guidato fino all’utero.

FIVET

Gli ovociti prelevati dalla donna dopo una stimolazione ormonale vengono fecondati in vitro da spermatozoi del partner, in maniera naturale. Gli embrioni vengono poi trasferiti nell’utero, in genere uno o due per volta, gli altri vengono crioconservati per essere usati eventualmente in seguito. Si esegue con ovociti e spermatozoi sia propri sia donati.

ICSI

L’iter è lo stesso della Fivet, con un passaggio in più: la fecondazione in vitro avviene tramite una microniezione dello spermatozoo nell’uovo. Si usa, per esempio, quando gli spermatozoi sono scarsi o poco vitali.

Quanto costa?

Da poche decine di euro di ticket nel pubblico fino a 8.000 euro. Il costo di un ciclo di fecondazione assistita varia a seconda della metodica, della Regione o del centro scelto. Anche su questo l’Italia è spaccata in due. «Mentre al Nord 9 coppie su 10 entrano nel pubblico, dal Lazio in giù l’80% accede nel privato. Le strutture pubbliche sono meno, le liste di attesa più lunghe» spiega Giulia Scaravelli, responsabile del Registro nazionale procreazione medicalmente assistita dell’Istituto superiore di sanità. E poi ogni Regione ha i suoi ticket. In Veneto una donna può rivolgersi a un centro pubblico fino a 50 anni, nel resto d’Italia fino a 43, 46 per i cicli con donazione. «Nel privato una Icsi o una Fivet costano in media 4.000 euro, per gli esami con la prescrizione del medico di famiglia si paga solo il ticket» specifica Stefania Tosca di Strada per un Sogno. «L’eterologa è intorno ai 7.500 euro, un’inseminazione intrauterina va da 800 a 1400 euro».

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