crioconservazione

Crioconservazione o social freezing: sai cos’è?

Una soluzione alternativa alla fecondazione assistita è la crioconservazione o social freezing. In cosa consiste, i requisiti, quanto costa, dove praticarla

Crioconservazione. Un’assicurazione sul futuro, un tesoretto, un paracadute. In qualunque modo la si voglia definire, esiste una tecnica “preventiva” che permette di minimizzare i rischi di infertilità legati all’età della donna. E aiuta chi deve o desidera aspettare.

La crioconservazione o social freezing

La crioconservazione si chiama anche “social freezing” e non significa altro che prelevare gli ovociti dal corpo della donna e congelarli per fecondarli al momento opportuno. «La tecnica è stata messa a punto per preservare chi, per affrontare un tumore, deve sottoporsi a terapie che compromettono la fertilità, e in questo caso si chiama medical freezing» spiega Enrico Papaleo, responsabile del Centro Scienze della Natalità all’ospedale San Raffaele di Milano, dove questa metodica è in uso già da tempo. «Ma diventa un aiuto anche per le donne che desiderano posticipare la gravidanza e sono consapevoli che in età adulta non sarà così semplice».

Il social freezing è in pratica un modo per “mettere in cassaforte” gli ovociti quando la donna è ancora in grado di produrne tanti e di buona qualità, un elemento determinante per il successo di una gravidanza, e assicurarsi migliori probabilità di avere un bambino, anche ad anni di distanza.

Come funziona

«Dopo gli accertamenti si procede con una stimolazione ormonale, che serve a favorire la produzione di ovociti, seguono il prelievo e la crioconservazione» chiarisce l’esperto. «Questi vengono poi conservati a bassissime temperature, fino al momento in cui saranno fecondati e poi trasferiti nell’utero. La qualità degli ovociti resta intatta per lunghissimo tempo, abbiamo casi di successo anche dopo 15 anni».

Dove si fa e quanto costa la crioconservazione

Diversi centri pubblici e privati praticano il freezing per le pazienti oncologiche, ma se la donna non ha importanti patologie che mettono a rischio la fertilità, deve rivolgersi al privato, cercando tra quelle strutture che di routine eseguono la crioconservazione di ovociti (qui sopra i riferimenti utili). «Generalmente il costo parte da circa 3.500 euro, a cui poi si andrà eventualmente ad aggiungere in futuro quello della fecondazione in vitro e del trasferimento dell’embrione. C’è poi una quota annuale, di circa 100 euro all’anno, per lo stoccaggio e la conservazione nella banca degli ovuli» dice Papaleo. Ci sono delle eccezioni. In alcuni territori come la Toscana, il Friuli Venezia Giulia, e la provincia di Trento, è  possibile rivolgersi anche ai centri di Pma pubblici, sempre a pagamento, a tariffe leggermente più basse.

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Il percorso ideale per la crioconservazione

Nonostante le premesse, nemmeno il social freezing fa miracoli. «Il percorso ideale prevederebbe un prelievo prima dei 30 anni e il reimpianto non molto oltre i 35. Farlo a 40 anni per usare poi i gameti a 45, fa impennare le probabilità di un insuccesso. Senza contare che una gravidanza in età avanzata comporta il rischio di complicanze, parti prematuri e rischi ostetrici. Meglio non tardare troppo» è il consiglio del medico.

Le caratteristiche di idoneità

Per questa ragione nei centri viene fatta una valutazione di idoneità, per capire se è il caso di avviarsi lungo questa strada. «Le condizioni di partenza contano molto. È necessario che la donna abbia un numero di follicoli sufficiente. Se le analisi evidenziano il contrario, la procedura generalmente è sconsigliata, ma sarà lei a decidere se andare avanti o meno» chiarisce lo specialista. Per avere un risultato ottimale la paziente dovrebbe infatti produrre in fase di stimolazione ormonale almeno 6-8 ovociti da congelare, in questo modo le probabilità di successo arrivano fino al 50%. L’alternativa, per chi ne produce meno, è pensare a ripetere il ciclo di stimolazione, che però comporta nuove cure e nuovi costi. Un secondo ciclo viene in genere consigliato quando il target degli 8 ovociti è vicino.

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Donare i propri ovociti in Italia è legale, ma nessuno sa che può farlo e, in più, costa qualche fatica. «Bisogna sottoporsi a una stimolazione ovarica e a un piccolo intervento per il prelievo dei gameti: in Europa è previsto per donatrici un rimborso intorno ai 1.000 euro, nel nostro Paese è gratuito» spiega Giulia Scaravelli, responsabile del Registro nazionale procreazione medicalmente assistita dell’Iss. Risultato: non ci sono donatrici. Qualcosa però si sta muovendo, e c’è chi ha pensato a incentivare la donazione. La Regione Toscana ha emesso una delibera nell’agosto 2019: prevede che il Servizio sanitario regionale copra buona parte dei costi del trattamento a chi sceglie un percorso di social freezing in un centro pubblico regionale e decida di donare una parte del proprio “tesoretto di ovociti”. L’esenzione è prevista per la terapia farmacologica, il prelievo e la conservazione degli ovuli.

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