Sonno, umore ed emozioni: ecco come sono collegati

C'è una relazione tra sonno, umore ed emozioni? Andiamo a scoprire come funziona questo legame e come questi elementi si influenzino a vicenda

La relazione tra sonno, umore ed emozioni

Dormire bene ti regala un umore nettamente migliore: potrebbe sembrare un collegamento abbastanza scontato, così come potrebbe sembrare scontato l’inverso. In realtà la relazione tra sonno e umore positivo è un ambito di studio relativamente recente. La ricerca scientifica ha finora privilegiato l’analisi delle connessioni tra emozioni negative e sonno.

Un numero sempre crescente di risultati empirici conferma che le emozioni negative e forti interferiscono con il sonno, peggiorandone la qualità e aumentandone la latenza. Del resto, è anche esperienza comune avere difficoltà ad addormentarsi o avere un sonno più disturbato dopo una discussione animata con il partner o dopo aver visto un film dell’orrore.

Inoltre, molti studi condotti attraverso la deprivazione di sonno, indicano che la carenza del sonno peggiori lo stato dell’umore e favorisca l’esperienza di emozioni negative il giorno successivo alla notte di deprivazione.

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Le emozioni positive incentivano o disturbano il sonno?

Secondo quanto sostiene Caterina Lombardo, Professoressa di Psicologia Clinica dell’Università La Sapienza di Roma: “Risulta poco chiara la relazione fra sonno ed emozioni positive, nonostante sia insito nella saggezza popolare che ‘dormirci su’ attenui l’impatto degli eventi negativi, ovvero che una buona notte di sonno favorisca un miglior funzionamento emotivo.

Alcune teorie sull’insonnia ipotizzano che anche le emozioni positive, sperimentate prima di andare a dormire, possano interferire con il sonno perché aumentano il livello di attivazione generale e interferiscono con il normale processo di de-attivazione necessario per dormire.

Alcuni dati recenti sembrano confermare questo ruolo.

Uno studio di Baglioni ed altri (2010), ad esempio, indica che gli insonni presentano risposte psicofisiologiche più ampie (come ad esempio l’inibizione dell’attività del muscolo corrugatore) quando osservano immagini connesse con il sonno e caratterizzate da una valenza positiva.

Altri studi, tuttavia, sembrano indicare il contrario ovvero che l’esperienza di emozioni positive possa avere effetto benefico sul sonno.

“Il dibattito, dunque, è aperto – prosegue la Professoressa Lombardo – alcuni dati suggeriscono che ai fini della relazione tra sonno e umore è importante valutare il contesto in cui le emozioni vengono sperimentate.

Uno studio di Zohar et al. (2005), per esempio, ha evidenziato che la perdita di sonno o la sua scarsa qualità accentua le emozioni negative conseguenti a eventi che impediscono il raggiungimento di uno scopo e riduce le emozioni positive conseguenti a eventi che favoriscono il raggiungimento di una meta.

Lo studio sistematico di queste relazioni, tuttavia, è ancora troppo giovane e sono necessarie altre ricerche per poter affermare in modo chiaro quale sia l’interazione fra sonno ed emozioni positive.”

L’interazione fra sonno ed emozioni non è unidirezionale, ma segue due direzioni:

  1. da un lato il sonno influisce sullo stato dell’umore e sulle emozioni sperimentate il giorno dopo
  2. dall’altro lato il sonno è, nello stesso tempo, influenzato dallo stato dell’umore e dalle emozioni sperimentate prima di andare a dormire.

Dunque la relazione tra sonno e umore è circolare: è come se si influenzassero reciprocamente.

Differenza tra emozioni ed umore

“I termini emozioni ed umore, in realtà, non sono sinonimi” – precisa la Professoressa Lombardo.

L’emozione

E’ uno stato transitorio, di breve durata, innescato da uno specifico stimolo (un evento, un pensiero, un ricordo come la famosa madeleine con cui Proust inizia la sua “Ricerca del tempo perduto”)  e caratterizzato da una intensità e da una valenza (le emozioni possono  essere più o meno forti e di qualità positiva o negativa).

L’umore

E’ uno stato caratterizzato da intensità e valenza differenti ma più duraturo e non connesso a specifici stimoli. La relazione fra sonno e disturbi dell’umore, è stata  molto studiata, al contrario di quanto accade per la relazione con stati  più transitori e non clinici come l’umore e le emozioni.

Alterazioni del tono dell’umore sono esperienza comune. Se però queste diventano intense e stabili indicano condizioni cliniche dette, appunto, disturbi dell’umore come ad esempio la depressione (drastico calo del tono dell’umore), la mania (eccessivo innalzamento del tono dell’umore), il disturbo bipolare (alternanza fra episodi depressivi ed episodi maniacali) ecc.”

Perché la relazione fra sonno e umore è così stretta?

“Una delle principali spiegazioni è di tipo neurobiologico – spiega la Professoressa Lombardo – entrambi i disturbi (del sonno e dell’umore ndr) comportano alterazioni dei circuiti che regolano la serotonina e la dopamina (i neurotrasmettitori dell’umore). Pertanto è possibile ipotizzare che abbiano entrambi una base neurobiologica e genetica comune.

Tuttavia, ci possono essere altre spiegazioni.

Le alterazioni del sonno comportano, a livello comportamentale, una esposizione inadeguata ai ritmi di luce e buio e un equilibrio di attività e riposo insufficiente: entrambi questi fattori regolano sia il ritmo sonno/veglia che la regolazione del tono dell’umore”.

La persona che ha dormito male tende a rimanere a letto più a lungo, nel tentativo di recuperare il sonno perduto. In questo modo aumenta, invece, la probabilità di dormire ancora peggio la notte successiva.

Al contrario, è meglio non cercare di recuperare il sonno perduto durante il giorno: si ha più probabilità di dormire meglio la notte successiva. Merito di quella che viene chiamata la “pressione per il sonno” (ovvero il bisogno di dormire dovuto ad uno dei processi che regolano normalmente il sonno) – chiarisce l’esperta.

Gli effetti del sonno dal punto di vista sociale e cognitivo

A livello sociale alterazioni del sonno possono associarsi a maggiore rinuncia (“Non posso andare a cena fuori perché sono stanco e ho sonno”), isolamento (“Non posso incontrare gli amici: sono proprio uno straccio”), assenteismo dal lavoro, con chiare conseguenze sia pratiche (rischio di licenziamento, carenza di personale) sia psicologiche, in quanto è noto che questi fattori possono favorire lo sviluppo di un disturbo dell’umore.

A livello cognitivo il disturbo del sonno si associa a convinzioni errate sul sonno e sulle conseguenze del non dormire (ad esempio: “se non dormo almeno 8 ore non sarò efficiente sul lavoro”) e a continuo ed eccessivo rimuginio, entrambi fattori capaci di favorire comportamenti disfunzionali ed esperienze negative che peggiorano lo stato dell’umore – conclude l’esperto.

Da tutte queste affermazioni e risultati empirici, possiamo concludere che è importante quella che viene chiamata igiene del sonno, intervenendo nel caso in cui la cattiva qualità del sonno, o la sua scarsa quantità, dovessero diventare un disagio che comprometta la vita di relazione, il lavoro, il benessere e la salute stessa di chi ne soffre.

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Si ringrazia la gentile consulenza della Dottoressa Caterina Lombardo, Professore Associato di Psicologia Clinica presso la Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma.

Psicologa, Psicoterapeuta, Respondsabile del Servizio clinico per Disturbi del Sonno e dell’Alimentazione presso il Dipartimento di Psicologia della Sapienza Università di Roma

[In Italia, la Società Italiana di Ricerca sul Sonno (SIRS) e l’Associazione Italiana di Medicina del Sonno (AIMS) agiscono in concerto per promuovere la ricerca e l’attività clinica dedicata al sonno]

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