Composite image of young woman standing in front of departures board
Composite image of young woman standing in front of departures board --- Image by © Ben Hupfer/Corbis

A 40 anni è il momento giusto per 1 anno sabbatico

Sempre più 30enni e 40enni sognano un anno di stacco dal lavoro e dalla solita vita. Una sfida che ripaga molto a patto di superare tanti pregiudizi e una grande paura

 

Anche se non siamo prof universitari (quelli a cui l’anno sabbatico spetta di default perché si dedichino alle loro ricerche) e non siamo neppure teenager (quelli che, tra liceo e università, si prendono il cosiddetto gap year dallo studio) a noi 40enni un anno sabbatico/gap year fa proprio bene. Io sono convinta che, come un nuovo amore, lo si possa vivere con entusiasmo a ogni età.

La notizia è che oggi sono parecchi over 30 a sognarlo. Di loro parla un articolo di Giampaolo Cerri in edicola questa settimana su Donna Moderna. E io stessa, che – finora – ho fatto 6 mesi sabbatici, vorrei raccontarvi cosa ho imparato da quell’esperienza.

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Composite image of young woman standing in front of departures board — Image by © Ben Hupfer/Corbis

 

1) C’è un potenziale anno sabbatico per ognuno di noi

Il mio gap year è consistito nell’andare a 41 anni, con marito e figlio 5enne, in Australia e percorrerne 23.000 chilometri in camper. Ma di anni sabbatici ne esistono tanti, spalmabili su tutte le latitudini oppure perimetrabili sotto casa; possono avere un risvolto professionale che riaccende una vecchia passione o svela doti con cui rimpolpare il curriculum; magari spingono ad accudire altri o invitano a prendersi cura di sé; si attraversano da single o con la famiglia allargata…

Ne sono certa: anche a 40 anni e oltre si trova la propria taglia di gap year.

2) Un gap year non dovrebbe essere una fuga o una vacanza

Penso che l’anno sabbatico non svolga al meglio il suo ruolo se diventa una fuga da qualcosa che non ci piace. Il rischio, come con gli uomini, è di lasciare in stand by un rapporto anemico per finire in uno ancora più smorto. No, un gap year dovrebbe portarci verso qualcosa che ci incuriosisce e potrebbe entusiasmarci.

A 40 anni possiamo goderci anche un altro aspetto della nostra maturità: sappiamo che non è tempo di una lunga vacanza senza alcuna mappa né meta. Sappiamo che ci serve un progetto, anche solo di pochi mesi.

3) Vanno superati i pregiudizi

Ci sono purtroppo situazioni della vita in cui l’anno sabbatico non rientra tra le opzioni concretamente praticabili. Ma ci sono anche vari pregiudizi frenanti.

Il primo pregiudizio: “Ho già un figlio come faccio a partire?”

Ho preso i miei sei mesi sabbatici quando mio figlio era all’ultimo anno di materna, quindi senza particolari effetti collaterali sul suo percorso scolastico.

Ci sono parecchie versioni di gap year anche a misura di bambino e, soprattutto, un gap year mentre arricchisce voi apre nuovi mondi anche ai vostri figli.

Il secondo pregiudizio: “Mollo tutto proprio ora che c’è la recessione e manca il lavoro?”

Ammetto di essere partita a crisi non conclamata: ho fatto i bagagli nel 2007 quando si cominciava solo a parlare della bolla immobiliare americana e li ho disfatti quando alla Lehman Brothers stavano ancora finendo di compilare quei libri contabili con cui avrebbero travolto una buona fetta della finanza mondiale.

Ma forse proprio adesso che di certezze da perdere ne sono rimaste poche è il momento di  “scendere” dalla propria vita abituale e ripensarla. Anche, e soprattutto, a 40 anni.

 4) Non si deve avere paura del giudizio degli altri

Quando siamo partiti mi sentivo circondata da qualche perplessità e da parecchia ammirazione, un’ammirazione che però spesso aveva il retrogusto di quella solidarietà rivolta a gente simpaticamente estrosa. Tradotto: “Siete originali, ma chi ve lo fa fare di andare laggiù e pure con il bambino?”. In questi casi c’è una sola risposta possibile: essere onesti con se stessi.

Se le critiche disorientano e feriscono, non siamo pronti. Le prime persone da convincere quando prendiamo un anno sabbatico siamo noi stessi. Perché non è uno stacco dai problemi, ma è una sfida. E spesso anche impegnativa.

5) Bisogna fare bene i propri conti

Altri commenti mi avevano colpita perché tra le righe si si insinuava l’invidia: un gap year è un solo un lusso. Secondo me è, invece, un privilegio ma va scelto e conquistato. Mio marito e io siamo stati entrambi senza stipendio sei mesi, abbiamo risparmiato prima e fatto vita spartana Down Under, il che ben si adattava allo spirito di quel viaggio e di quel luogo. E abbiamo speso molto meno di quanto in tanti immaginassero. A tutti gli aspiranti gap-yearisti consiglio di programmare bene le entrate, le uscite, gli investimenti.

L’anno sabbatico è un sogno, se sostenuto dalla razionalità; altrimenti diventa un incubo, anche contabile.

 6) L’esito è una sorpresa

Al ritorno, ricordo perfettamente quella sensazione fisica, mi girava la testa. E sono certa che, se anche il gap year lo si fa sotto casa, alla fine non ci si ritrova mai al punto da cui si è partiti. Perché il gap year magari porta a una svolta totale. E perché sempre e comunque ti lascia con in mano un bagaglio diverso da quello dell‘andata.

Non avrei mai immaginato per esempio di scoprire  proprio in Australia, quella terra di gente senza forti radici, il valore delle mie radici familiari e nazionali. Di certo ho imparato a dare meno peso a certi rischi e a vedere pericoli che prima non avrei messo in conto, ma anche a scorgere nuove opportunità e a ispirarmi a diversi stili di vita.

Questo è il bello di ogni gap year: concederti di ribaltarti per un po’ e, guardando il cielo all’incontrario, garantirti però di tenere i piedi ben saldi sulla terra.

Voi avete mai pensato di prendervi un anno sabbatico? Conoscete qualcuno che lo ha fatto?

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