Il primo passo per trovare lavoro

Il primo passo è l’autoimprenditorialità. Non significa che bisogna diventare imprenditori. Ma che bisogna avere una visione chiara di sé da cui partire senza aspettare che ce la diano gli altri. È una tecnica utile, da imparare

Il primo passo verso una scelta è sempre il più difficile da fare. Se poi la strada deve portare a un nuovo lavoro, la probabilità di una falsa partenza è altissima. Senza contare che molti hanno la sensazione di avere davanti non certo una molteplicità di opzioni quanto piuttosto un muro invalicabile, senza spiragli.

Cambiare lavoro per scelta o per necessità

Oggi si parla molto di coloro che “mollano tutto” per realizzare un sogno nel cassetto o dare una dimensione più vivibile alla propria esistenza. È una delle finestre di possibilità mentale e organizzativa che la pandemia ci ha dato. Ma per chi il lavoro l’ha perso o lo deve cambiare per necessità? 

Negli ultimi due anni molti posti di lavoro sono stati persi, soprattuto dalle donne, dai lavoratori autonomi e da chi aveva rapporti a tempo determinato. Secondo i dati Istat, la fascia d’età 25-49 è bloccata. Con la ripresa e i nuovi investimenti la tendenza dovrebbe invertirsi, soprattuto per i giovani. Ma è da vedere che questo non vada a discapito degli over 50, fin qui più tutelati da blocco dei licenziamenti e cassa integrazione.  

Esistono categorie più fragili. Ma nel mondo del lavoro di oggi, difficile non sentirsi a rischio o in cambiamento.

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Cos’è l’autoimprenditorialità

Diventa una necessità per tutti, una specie di prerequisito, fare il punto su se stessi in modo organizzato. Impadronirsi dell’idea di automprenditorialità, che non vuol dire fare l’imprenditore ma mettersi al centro del proprio mondo e cominciare a tracciare intorno a sé una serie di cerchi sempre più ampi fino a disegnare una mappa chiara che risponda alle domande di partenza.

Chi sono e cosa so fare. Di quali strumenti dispongo. Chi c’è intorno a me. In che ambiente mi muovo.

Se ho chiare queste coordinate posso iniziare a fare un passo verso un nuovo impiego, sviluppare un progetto personale oppure investire in una formazione specifica.

Cos’è l’ecosistema personale

Per capire come rendere operativo il concetto di autoimprenditorialità Alfonso Molina, fondatore e direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale e professore di Technology Strategy ha sviluppato la teoria degli ecosistemi personali. 

«L’ecosistema personale è tutto ciò che influenza un individuo e lo fa diventare ciò che è» spiega «È strutturata in sette sfere concentriche, al centro, nella prima sfera, si trova ognuno di noi, nudo, con la propria mente, il proprio corpo. E i “beni” che non ci lasciano mai: l’identità, l’autostima, l’autoefficacia, la consapevolezza di noi stessi, un po’ tutto quello che in inglese inizia per “self”. Poi le motivazioni, le aspirazioni. Infine le nostre ombre, i limiti e le paure».

Come avere una visione nitida e utile di sé

Già avere una visione nitida di questa sfera può sembrare molto lungo e complicato. Ma lo scopo non è avviare un lavoro psicanalitico su stessi, piuttosto quello di selezionare delle informazioni utili.

«Nei nostri corsi di formazione, dove abbiamo al massimo 4, 5 ore di tempo, si fa un classico esercizio per aiutare a tirare fuori rapidamente i propri punti di forza e di debolezza. Si chiama “elevator pitch”, il discorso dell’ascensore: entri in un ascensore con una persona importantissima per te e hai due minuti per convincerla a darti retta e aiutarti». Difficilissimo, da provare. 

Di cosa disponi? Quante persone conosci?

La sfera successiva riguarda i beni che possediamo: uno smartphone, un computer, li abbiamo? Magari una casa, forse un auto o un altro mezzo. Qualcos’altro di particolare? Le cose che possediamo possono servire al tipo di lavoro che vogliamo svolgere, il fatto di non averle può essere un ostacolo che ci fa rinunciare a progetti irrealizzabili. Oppure può indirizzarci verso un’altra attività a cui non avevamo pensato.

«La terza sfera è quella delle relazioni, importantissima» dice Molina. «Uno studio di Harvard durato 75 anni su un gruppo di persone è arrivato alla conclusione che sono i rapporti interpersonali, più del denaro o di ogni altra cosa a renderci felici e a mantenerci in buona salute. In questo caso si parla di relazioni forti. Ma anche quelle deboli, oggi molto diffuse, sono preziose». Si tratta del famoso network, quella rete di conoscenze più o meno superficiali che possono essere attivate quando abbiamo bisogno di informazioni se non di vero aiuto. Oggi, anche grazie ai social network, è più facile approcciare gli altri in modo diretto (nei limiti dell’educazione, ovvio) e non sentirsi in imbarazzo, né a chiedere, né a rispondere: nel networking la reciprocità è fondamentale.

Quanto conta l’ambiente intorno a noi

Oltre la terza sfera ci sono le organizzazioni in cui viviamo, l’ufficio da cui vogliamo andarcene o che siamo stati costretti a lasciare. La scuola o l’università, ma anche il club sportivo. Se allargo ancora di più il cerchio della realtà che mi circonda, dovrò valutare di quali infrastrutture dispongo. Vivo in una grande città dove spostarsi è facile oppure in un luogo isolato ma con il wifi? Che effetto hanno queste cose sulle mie possibilità lavorative o sulle mie aspirazioni?

Le sfere più alte riguardano la cultura in cui siamo immersi e infine la situazione storica, vale a dire i macro fenomeni che caratterizzano i nostri tempi. Non si creda che siano una faccenda lontana che non ha a che fare con i nostri percorsi lavorativi: «Io sono cileno, rifugiato negli anni Settanta in Inghilterra, dove ho insegnato per vent’anni, poi mi sono trasferito a Roma, dove vivo ora: affrontare culture diverse è stata la sfida cruciale della mia vita» racconta il professor Molina. E per chi non si è mai mosso da casa, basta pensare al Covid e a quanto ha condizionato la vita di ognuno. «Esatto: riflettere sul nostro ecosistema personale, che è in continuo cambiamento, è un esercizio per tenerci allenati ad affrontare la complessità di noi stessi e del mondo» conclude Molina. 

Da qui a un nuovo lavoro la strada può essere lunga ma partire con una bussola aiuta.

I corsi di formazione gratuita per rimettersi in gioco

La consapevolezza delle proprie conoscenze, competenze e abilità  come primo passo per entrare nel mondo del lavoro e riqualificarsi è il tema del prima sessione di formazione del progetto Job Digital Lab – La formazione che ti rimette in gioco, gratuita e aperta a tutti che si terrà il 24 novembre alle ore 17.30. Per partecipare è necessario iscriversi a questo link..

Job Digital Lab – la formazione che ti rimette in gioco è un programma gratuito di Fondazione Mondo Digitale e ING Italia, giunto quest’anno alla seconda edizione. È dedicato allo sviluppo professionale dei cittadini in età lavorativa attraverso le tecnologie digitali. Ha un focus particolare sulle donne imprenditrici emergenti, per accompagnarle nell’ideazione e valorizzazione della propria attività. Per questo si svolge in collaborazione con le camere di commercio su tutto il territorio. 

Il programma formativo è strutturato in cinque aree tematiche: 1. Gli strumenti per la ricerca del lavoro; 2. La trasformazione digitale dei lavori; 3. Proteggere, condividere e archiviare informazioni; 4. Il capitale narrativo; 5. Prendere le misure, strategie e tecniche di analisi dei dati. Ognuno, in base alle proprie conoscenze di partenza, può selezionare uno o più moduli oppure seguire l’intero percorso. Per coloro che partecipano ad almeno un modulo in ciascuna delle 5 aree tematiche è previsto anche il rilascio dell’Open badge “Cittadino digitale”.

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