Dopo la notizia che dal prossimo autunno bar e e locali riceveranno la multa se non accetteranno bancomat e carte di credito, ha fatto il giro del web un’altra notizia: in un locale del centro di Bergamo, una coppia di clienti con figlia piccola al seguito si è sentita chiedere 5 euro per un bicchiere d’acqua, con la scusa che era l’ora dell’aperitivo.

Ma com’è possibile un prezzo simile? Possibile che cambi in base all’orario? È obbligatorio esporre i prezzi in bar e ristoranti? E come ci si può difendere da scorrettezze e abusi? Lo abbiamo chiesto a Mario Emanuelli, consulente e docente dell’Associazione per la formazione e la sicurezza Foxpol, già comandante del Nucleo tutela del consumatore – servizio Annonaria della polizia municipale di Milano.

C’è una legge che impone limiti ai prezzi?

La legge non impone limiti massimi per i prezzi da praticare in bar e ristoranti. I titolari in genere si attengono alle tariffe stabilite dalle associazioni di categoria. Poi, in località di villeggiatura o nelle strade della movida, un caffè o una pizza non si pagano quanto in periferia. L’importante, e questo è un obbligo, è che il cliente sia messo a conoscenza dei costi di piatti e bevande e di quelli delle voci aggiuntive, ad esempio il coperto o il servizio al tavolo. Le norme di riferimento generale sono il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931 e il relativo Regolamento di esecuzione, del 1940. Ciascuna Regione, come la Lombardia ed altre hanno fatto da tempo, può varare norme ad hoc.

Dove devono essere esposti i prezzi?

Nei bar ci deve essere una tabella con i prezzi, appesa in un punto in cui sia ben visibile, quindi non in un sottoscala o in bagno. Per ristoranti, trattorie e pizzerie c’è un adempimento in più: la tabella con i prezzi deve essere esposta anche fuori dal locale o deve comunque essere leggibile dall’esterno. Solo così un potenziale cliente può avere informazioni corrette e complete e decidere se entrare o no”. Non esistono deroghe né eccezioni. Detta con altre parole, quelle testuali della legge in vigore in Lombardia: “Le modalità di pubblicità dei prezzi prescelte dall’esercente debbono essere tali da rendere il prezzo chiaramente e facilmente comprensibile al pubblico, anche per quanto concerne somme aggiunte attribuibili al servizio.

I prezzi possono cambiare per fasce orarie?

Le tabelle con i prezzi devono riportare le eventuali maggiorazioni per il servizio ai tavoli. In bar e ristoranti, è un altro obbligo, il menù con tutte le voci deve essere dato al cliente prima dell’ordinazione. Le tariffe possono cambiare, anche per fasce orarie, come è successo a Bergamo. Ci possono essere eventuali maggiorazioni sul prezzo dovute a ricorrenze , tipo Capodanno o Ferragosto. L’importante – ripete l’esperto – è che le variazioni siano annotate e rese note al consumatore, in modo chiaro e puntuale. La persona da servire deve essere messa in grado di conoscere i prezzi e decidere di conseguenza. Gli stessi obblighi valgono per i furgoncini e i chioschi che propongono street food o i classici panini e le solite bibite.

Cosa fare se in un locale non c’è la tabella dei prezzi?

Se un cliente entra in un locale senza tabella di prezzi o se non si forniscono i menu o i listini per tutti i prezzi, prima dell’ordinazione può alzarsi e andare via. E se poi capita, se subisce un abuso, il consiglio è di chiamare la polizia municipale, conservando l’eventuale copia dell’ordinazione, di scontrini o fatture. Anche la Guardia di finanza ha un servizio di pronto intervento, contattabile attraverso il 117.

C’è una multa per baristi e ristoratori “furbetti”?

Se non appendono i cartelli in posti visibili o se non forniscono il menu con tutti i prezzi la sanzione, di natura amministrativa, è di 308 euro per ciascuna violazione. Per i furgoncini dello street food, che rientrano nella disciplina sul commercio in aree pubbliche, la multa è molto più alta: 1.032 a scorrettezza.

Nei casi più gravi, dove ci siano gli estremi, si può sconfinare nel reato di truffa. Non si può agire d’ufficio, automaticamente. Per perseguire il responsabile occorre che il cliente che si ritiene danneggiato presenti una querela formale.

Quando un cliente può non pagare?

Se un cliente non paga il rischio è che si esponga a una querela per insolvenza fraudolenta, anche se decide di non pagare perché pensa di essere nella ragione e non per scelta premeditata. Il cliente lasciato senza le informazioni dovute può liberamente alzarsi dal tavolo, senza pagare, fino a quando non ha eseguito l’ordinazione e dunque la comanda non è ancora stata indirizzata alla cucina.

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