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Shrinkflaction: paghi uguale e compri meno. È legale?

Si chiama shrinkflaction ed è una sorta di ritocco mascherato del prezzo. È uno degli effetti dell’aumento generalizzato dei prezzi: il costo resta lo stesso ma diminuisce la quantità nella confezione. È legale? E come accorgersene?

Che i prezzi dei prodotti stiano aumentando è sotto gli occhi di tutti: sia al supermercato che per altri generi, il fenomeno è evidente tanto che si parla di “caro carburanti”, “caro bollette”, ecc. Ma se per benzina e gasolio si è intervenuti con uno “sconto” sulle accise, al supermercato si sta verificando un fenomeno nuovo: si chiama shrinkflaction, che potremmo definire una forma di “inflazione nascosta” o di “ritocco mascherato” del prezzo.

Esempi di shrinkflaction, il ritocco mascherato del prezzo

Qualche esempio? Una confezione di crackers che mantiene apparentemente lo stesso prezzo, ma contiene meno pacchetti; una bottiglia di una qualsiasi bevanda (aranciata, cola, ecc.) che costa uguale, ma invece di essere da un litro si rimpicciolisce a 0,75. O ancora, un pacco di biscotti che mantiene lo stesso imballaggio, ma passa da 300 a 280 grammi di prodotto contenuto, ovviamente costando uguale. A cosa è dovuto tutto ciò e come ci si accorge?

Cos’è lo shrinkflaction

Va detto che il fenomeno è già noto negli Stati Uniti, ma di recente è “sbarcato” anche in Italia. A notare questa pratica, che ufficialmente non è illegale, è stata l’associazione Altroconsumo: «Non siamo in gradi di dire esattamente da quando ci sia, certo non è nuova, ma stiamo cercando di monitorare questi “ritocchi mascherati“, che comunque non sono semplici da individuare» premette Antonella Borrometi, esperta alimentarista di Altroconsumo. In effetti il fenomeno è particolarmente evidente tra gli alimenti e forse anche i consumatori se ne sono accorti, complice una maggiore sensibilità nei confronti dei rincari recenti.

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Le cause dello shrinkflaction

«Il fatto che l’energia costi di più può spiegare il fenomeno, almeno in parte, ma in realtà ci possono essere anche altri motivi. Prendiamo, per esempio, uno snack che prima pesava 40 grammi e oggi, pur mantenendo identica la confezione, ne pesa 38. Oltre ad essere difficile che il consumatore noti la differenza, la scelta può in parte essere legata al fatto che i produttori alimentari hanno ricevuto molte spinte a ridurre le porzioni per tagliare l’apporto calorico e contrastare in qualche modo l’obesità in aumento» spiega Borrometi.

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Difficile accorgersi dei ritocchi del prezzo

Un altro esempio può riguardare anche le bibite: «Anche in questo caso la confezione, la bottiglia, può rimanere identica, mentre cambia il formato, la quantità contenuta. Qui, però, è più difficile accorgersi delle variazioni perché spesso di molti prodotti anche molto noti esistono diversi formati. In più possono esserci politiche di vendita e promozione differenti a seconda della catena o del negoziante a cui ci si rivolge, quindi non è semplice individuare la shrinkflaction» spiega l’esperta. Un po’ più semplice potrebbe risultare accorgersi nel caso di prodotti per l’igiene e la pulizia, che sono anch’essi interessati dal fenomeno.
«In questo caso, a un discorso di aumento di prezzo al litro del prodotto, si aggiunge un altro problema, cioè un maggior quantitativo di plastica utilizzato per il packaging. È evidente che se il flacone rimane identico, ma diminuisce la quantità di detersivo, la proporzione cambia e lo spreco di plastica è maggiore» spiega Borrometi. Che fare, dunque?

È legale?

«Tecnicamente è tutto legale, perché sulle confezioni che noi compriamo sono indicate le quantità di prodotto e le etichette riportano i prezzi. Il consiglio, quindi, è di controllare bene questi due aspetti e fare i debiti confronti – suggerisce l’esperta di Altroconsumo – Certo, non è facile: occorre intanto prestare attenzione e dunque tempo. Poi occorre anche una certa memoria: bisognerebbe ricordare i prezzi al chilo o al litro, a seconda dei prodotti, per poter notare se ci sono stati aumenti, perché generalmente la pratica consiste proprio nel lasciare invariato quello finale. È chiaro che, una volta dichiarata la quantità sulla confezione, il produttore è libero di modificare il formato e stabilirne il prezzo, così come il venditore. Quello che possiamo dire è che si tratta di una pratica poco trasparente, perché il consumatore ha più difficoltà ad accorgersi delle modifiche. Con i cosiddetti “prodotti del cuore”, quelli verso cui si è fidalizzati e che si comprano abitualmente, è ancora più complicato. Per questo diciamo che l’unico consiglio è prestare maggiore attenzione almeno per fare scelte consapevoli» conclude Antonella Borrometi.

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