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Via l’Iva dagli interventi estetici: la proposta che fa discutere

I partiti di maggioranza hanno presentato una mozione alla Camera per tagliare l’Iva sugli interventi di chirurgia estetica. La proposta vorrebbe recepire le indicazioni dell’Oms per garantire il “benessere psicofisico”

Prezzi più leggeri per gli interventi di chirurgia estetica. È quello che potrebbe accadere a breve, se passerà la proposta di legge per tagliare l’Iva sulle operazioni con il bisturi a scopo estetico. Non si tratta della prima volta che si tenta di modificare il tariffario in questo ambito, ma questa potrebbe essere quella buona. A presentare la mozione alla Camera sono stati i partiti di maggioranza, richiamandosi a quanto indicato dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Per l’Oms, infatti, il concetto di salute dovrebbe comprendere anche la sfera del benessere psico-fisico. Ma sulla questione, già al centro delle polemiche, era già intervenuta anche la Corte di Cassazione.

La proposta: via l’Iva dai «ritocchini estetici»

«Le prestazioni di medicina e chirurgia estetica devono rientrare nel novero delle prestazioni sanitarie non sottoposte a trattamento Iva», ha spiegato la deputata di Forza Italia Annarita Patriarca, prima firmataria della mozione presentata alla Camera e sottoscritta anche dalla collega Simona Loizzo (Lega) e da Luciano Ciocchetti (Fratelli d’Italia). Ciò che si chiede è di recepire le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità, che nel concetto di salute (e quindi anche nel diritto alla salute) fa rientrare tutto lo «stato di completo benessere fisico, psichico e sociale». Una condizione che, in alcune circostanze, può essere raggiunto solo grazie a un intervento di chirurgia estetica.

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Chirurgia estetica: quando l’aspetto fisico porta salute

«Gli esempi sono molti: dopo un incidente stradale, infatti, possono rendersi necessari diversi interventi di chirurgia, anche estetica, per cancellare cicatrici che possono essere deturpanti. Oppure nel caso di tumori che richiedano asportazioni o ricostruzioni additive, come nel caso del tumore alla mammella, ma non solo. Si tratta di una casistica ampia nella quale la chirurgia estetica ha anche una valenza psicologica: insomma, non stiamo parlando del “ritocchino” alle labbra” », spiega Ketty Peris, Professore ordinario di Dermatologia all’Università Cattolica – Policlinico Gemelli, e membro del consiglio direttivo della SIDeMaST – Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e di Malattie Sessualmente Trasmesse.

«Un altro esempio, naturalmente, è quello delle ragazze deturpate con l’acido. È chiaro che al danno fisico si aggiunge la sofferenza morale: in questi casi credo che possa essere opportuno prevedere una agevolazione fiscale», aggiunge Peris. La questione, però, ha anche un risvolto giuridico con un precedente.

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Cosa ha stabilito la Corte di Cassazione

I promotori dell’esenzione dell’Iva sui ritocchini spiegano, infatti, di voler garantire ai medici chirurghi estetici una «certezza normativa» che ad oggi non ci sarebbe e che avrebbe già portato a diversi contenziosi con l’Agenzia dell’Entrate, dopo una sentenza della Corte di Cassazione (n. 27947 del 13 ottobre 2021). I supremi giudici hanno stabilito che spetta esclusivamente al chirurgo l’onere di provare che le prestazioni sanitarie estetiche siano finalizzate ad alleviare le sofferenze psicologiche del paziente, in caso di handicap, malattie o traumi. A questi, però, si vorrebbe aggiungere il concetto di «benessere psicofisico, non solo un’assenza di malattia o infermità», ricordato dall’Oms. Non solo: la questione potrebbe riguardare anche interventi pregressi.

Il braccio di ferro fiscale

La proposta di legge vorrebbe non solo tagliare l’Iva per gli interventi futuri, ma anche chiudere le contestazioni in essere. «Applicare l’imposta, oggi richiedendone addirittura il versamento per il passato, rappresenta una criticità per gli operatori di settore e per gli stessi pazienti, oltre che una condotta contraddittoria da parte dell’Amministrazione finanziaria». A generare il caos, infatti, è anche una circolare del 2005 dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui gli interventi estetici a scopo “sanitario” sarebbero appunto esenti da IVA, alla luce proprio del concetto di «benessere psicofisico» dei pazienti. Ma secondo la Corte di Giustizia europea rientrano nella casistica soltanto gli interventi estetici legati a particolari traumi, disabilità o specifiche malattie. Per questo la Cassazione aveva stabilito che per poter usufruire dell’esenzione dell’Iva occorre che il contribuente (e il medico) dimostrino la sussistenza della condizione di disagio psicofisico tale da rendere indispensabile il ricorso al bisturi.

Chi stabilisce quando è necessario l’intervento estetico?

«I criteri dovrebbero e devono essere oggettivi. Esistono, comunque, alcuni strumenti riconosciuti e standardizzati. Ad esempio, in campo dermatologico, è possibile valutare se una psoriasi è particolarmente invalidante da un punto di vista psicologico e sociale, sottoponendo il paziente a un questionario. Si chiama Dermatology Quality Life Index: se il paziente ottiene un punteggio superiore a 10 questo è indice del fatto che la patologia ha un forte impatto sulla sua qualità di vita, anche se non è mortale. Lo stesso vale per alcune malattie oncologiche», spiega Peris. Ma come ci si comporta con i minorenni? «Sicuramente un minorenne, come ad esempio una ragazzina che voglia rifarsi labbra o seno, avrebbe bisogno innanzitutto del consenso informato da parte di entrambi i genitori. In ogni caso, è un campo delicato: ci sono situazioni nelle quali un intervento potrebbe avere ragion d’essere, ma solo dopo un’attenta valutazione, a prescindere dall’età. Bisogna essere molto coscienziosi, insomma. Per questo una proposta di taglio dell’Iva sarebbe ragionevole anche se occorrerebbe una regolamentazione molto accurata», aggiunge l’esperta SIDeMaST.

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Quali interventi di chirurgia estetica sono già mutuabili

Già oggi esiste la possibilità di ottenere un intervento di chirurgia estetica mutuabile, cioè passato dal Servizio Sanitario Nazionale. O almeno così sarebbe in teoria: «Di fatto è spesso difficile e oggi, dopo il periodo pandemico, lo è ancora di più per mancanza di personale ospedaliero e liste d’attesa molto lunghe. Per esempio, una palpebra cadente che causa un abbassamento della vista richiederebbe un intervento di chirurgia estetica, passabile dal SSN, ma è un’operazione meno prioritaria rispetto ad altre urgenti, quindi spesso il servizio pubblico non la offre – spiega Peris – Per questo chi può si rivolge a un privato, chirurgo estetico o laserista che sia.  

Lo scontro politico sulla chirurgia estetica

Naturalmente l’idea di rendere esenti dall’Iva le operazioni (o alcune operazioni) estetiche ha scatenato anche una polemica politica, con le opposizioni all’attacco di un provvedimento che potrebbe agevolare soprattutto persone abbienti, con maggiore possibilità di rivolgersi al chirurgo estetico e che quindi non avrebbero bisogno di agevolazioni fiscali. A riassumere questa posizione è Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana, che ha spiegato: «Mentre si preparano a togliere il superbollo per chi possiede una Ferrari da 300mila euro, la destra chiede al governo di togliere l’Iva sulla chirurgia estetica. Mi aspetterei un’attenzione maggiore su chi non si può più permettere le cure odontoiatriche, o chi non ce la fa più a pagare i farmaci o che aspetta mesi se non anni per poter essere visitato», ha dichiarato.

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