Conto corrente: spese in aumento, anche online

Crescono i costi di gestione del conto corrente: ecco a cosa stare attenti e i trucchi per tagliare i costi

Tenere i propri risparmi sul conto corrente “costa” di più, anche se si tratta di una banca online. Spese e commissioni di diversi istituti sono aumentate: secondo un’indagine condotta da Altroconsumo per il Corriere della Sera, anche le web bank hanno fatto lievitare i canoni e i costi di gestione (fino a + 48%), in molti casi facendo scomparire la possibilità di conti a canone zero.

Perché i costi aumentano

Tra i motivi c’è un cambio delle condizioni macroeconomiche, ma anche la crisi legata alla pandemia che porta, chi può, a risparmiare denaro tenendolo fermo in banca senza rischiare in investimenti visti come pericolosi: «Il risultato, però, è che ci sono ingenti capitali che di fatto sono “dormienti” e che se invece fossero investiti – specie nelle imprese – potrebbero essere un grande volano per l’economia generale» spiega l’avvocato Stefano Cherti, responsabile del settore banche e assicurazioni dell’Unione nazionale consumatori. Secondo l’Abi, l’Associazione bancaria italiana, si tratta di 1.749 miliardi di euro di privati, fermi sui conti correnti, in aumento del 9% rispetto al 2020, e di 459 miliardi delle imprese, cresciuti del 25%.

«Le banche non hanno interesse a che il correntista tenga i propri risparmi immobili sul conto corrente, lo vedono come un costo e per questo scoraggiano il mero deposito a favore, invece, di investimenti» aggiunge l’esperto. Il risultato, però, è che conti aperti a costo zero, oggi possono avere canoni che si aggirano sui 15/20 euro al mese, escluse le spese per bancomat, carte o prelievi. Come risparmiare? A quali voci occorre prestare attenzione?

Occhio ai costi dei prelievi

«Molto spesso scegliamo conti correnti che non sono adatti alla nostra operatività: per esempio, ci indirizziamo a una banca con una sede vicino a casa pensando di prelevare allo sportello più comodo, senza tenere in considerazione che, muovendoci e rivolgendoci a quello di un altro istituto, incappiamo in costi maggiori» osserva l’avvocato Raffaella Grisafi, vicepresidente dell’Osservatorio Imprese e Consumi (OIC). A meno che, nelle condizioni iniziali, naturalmente non sia previsto il prelievo in uno sportello qualsiasi.

Non fare bonifici allo sportello

La scelta, dunque, va valutata bene in base alle proprie esigenze: per esempio, se si è comodi ad utilizzare l’home banking, attenzione a non effettuare bonifici allo sportello, perché costano anche molto cari.

Attenzione alle carte

Il secondo consiglio riguarda le carte attivate e legate al proprio conto corrente: «Spesso vengono proposte carte di credito o debito a condizioni agevolate, ma che poi non si andranno a usare, dimenticandosi anche di averle, o i cui costi inizieranno a pesare nel tempo: dopo la fase iniziale, infatti, col rinnovo automatico inizieranno ad avere un canone mensile, trimestrale o annuale, di cui magari non ci si renderà neppure conto. Il suggerimenti è di razionalizzare e tenere solo la carta di debito (cioè il bancomat) e ciò che serve davvero altrimenti i costi dei prodotti, spesso griffati e che quindi ingolosiscono, finiscono per essere superiori anche a quelli degli stessi servizi offerti normalmente dalla banca».

Il “rosso” costa

«Uno dei costi sottovalutati è la cosiddetta CIV, ossia la Commissione di istruttoria veloce: si tratta dell’ex sconfinamento, cioè quanto ci costa andare in “rosso” sul conto corrente – spiega l’esperta – Ogni banca si fa remunerare in maniera diversa e ognuno dovrebbe scegliere in base alla propria operatività: se si sa di correre il rischio di avere uno scoperto, è bene valutare quanto questa cifra potrà pesare».

Eliminare i rendiconti cartacei

«Un altro costo spesso sottovalutato è quello per l’invio periodico della documentazione di trasparenza cartacea, che a volte neppure arriva e comunque ormai serve a poco, perché quasi tutte le banche offrono la possibilità di riceverla in formato digitale tramite home banking» spiega Grisafi.  

Il canone zero all’inizio, ma poi?

Spesso si apre un conto corrente approfittando della migliore offerta, che di frequente riguarda la possibilità di un canone zero, che però negli anni inizia ad avere un costo fisso e crescente: «A volte non ci si fa caso, ma è come quando si entra in un negozio e si guarda una maglia, senza leggerne il cartellino con il prezzo. Il canone, poi, andrebbe monitorato nel tempo, perché può crescere molto» avverte la vicepresidente OIC. «Il consiglio pratico è di stare attenti quando arrivano comunicazioni che riportano l’articolo 118 del TUV, cioè quelle che riguardano le variazioni unilaterali delle condizioni e che quasi sempre si accompagnano a un aumento dei costi». Che fare in quel caso?

Il diritto di recesso e portabilità

«Se si ritiene che le condizioni non siano più favorevoli, ci si può avvalere del diritto di recesso entro la data di entrata in vigore delle nuove condizioni, che viene riportata nel documento: possono essere tre o sei mesi, in genere, ed entro quel termine si ha la possibilità di recedere senza spese – spiega Grisafi, che è anche vicepresidente di Consumer Italia – L’alternativa è la portabilità, cioè il cambio di istituto bancario, che per legge deve essere accordato dalla banca iniziale e deve avvenire entro 12 giorni, in modo da trasferire tutti i depositi presso un nuovo istituto che offra condizioni ritenute più consone alle proprie esigenze».

Il conto corrente di base

Esiste uno strumento poco promozionato dalle banche, che è il Conto corrente di base: «Ha lo scopo di agevolare l’accesso al conto corrente anche per chi ha maggiori difficoltà economiche. È completamente gratuito e prevede la possibilità di effettuare tutte le normali operazioni, compresi prelievi allo sportello e bonifici, con operazioni illimitate. È riservato a chi ha un ISEE fino a 11.600 euro e qualsiasi istituto o intermediario (che sia una banca o siano le Poste) è obbligato a offrirlo se ci sono i requisiti di reddito. Un’altra condizione è, naturalmente, di non essere titolari di altri conti correnti» conclude Grisafi.

Niente grosse somme sul conto

Per chi, invece, avesse grosse somme depositate sul conto corrente, l’avvertimento è a prestare attenzione, per due motivi: da un lato perché la maggior parte degli istituti applica delle penali sulle giacenze, in genere dai 100mila euro in su (dallo 0,5% fino a cifre fisse per capitali ingenti che rimangono depositati sul conto), dall’altro perché potrebbero esserci rischi in caso di fallimento dell’istituto di credito: «Lo abbiamo visto in casi noti di cronaca: non conviene mai lasciare cifre superiori ai 100mila euro sul conto, perché la legge prevede una tutela dei correntisti, in caso di fallimento, solo fino a questa cifra. Oltretutto, in caso di clonazione delle carte di credito o di entrate abusive (per esempio, se dovesse venire hackerato il sito della banca) ci ritroveremmo con il conto corrente svuotato da importi molto consistenti. Il suggerimento, in questi casi, è di suddividere i risparmi su più conti correnti» aggiunge Cherti.

Il mutuo oggi conviene

Se i costi generali dei conti correnti sono aumentati, c’è però una buona notizia: «Il costo del denaro prestato è nettamente inferiore a 10 o 15 anni fa, in pratica i mutui sono molto convenienti» spiega l’esperto dell’Unione nazionale consumatori.

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