Giuseppe Conte fra Christine Lagarde e Ursula Von der Leyen

MEDIAZIONE - Il premier Giuseppe Conte fra Christine Lagarde, numero uno della Bce, e la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen. Spetterà alle 2 leader, insieme ai ministri economici dell’Eurogruppo, la decisione definitiva sugli strumenti finanziari

Eurobond e Mes, spiegati bene

Gli Eurobond e il Mes sono le 2 alternative, di cui si discute da giorni, per ricevere dall’Ue i fondi necessari ad affrontare la crisi e avviare la ripresa. Ecco in cosa consistono

Eurobond e Mes. Gira intorno a queste sigle il dibattito sui fondi di cui molti Stati europei, Italia in primis, hanno bisogno per fronteggiare l’emergenza Covid-19 e programmare la ripresa. Il nostro Paese, che rischia di pagare il conto più alto in termini di calo del Pil e aumento del deficit, è a caccia di finanziamenti. Ma la situazione, nonostante le rassicurazioni di Bruxelles e l’acquisto di titoli di Stato italiani da parte della Bce, rimane in stallo.

«L’Italia ha un debito pubblico molto alto ed è costretta a emettere sempre più titoli per finanziare spesa corrente e disavanzo, ma farsi prestare denaro ora è difficile e costoso» spiega Monica Billio, direttrice del dipartimento di Economia all’università veneziana Ca’ Foscari. «I nostri Bot e Btp devono offrire tassi d’interesse più alti, perché la nostra economia è percepita come meno solida». E questo accresce il nostro deficit, la differenza tra quanto entra ed esce dalle casse dello Stato ogni anno.

Pro e contro degli Eurobond

Da qui l’ipotesi degli Eurobond, che circola dal 2011 ma solo ora è finita sul tavolo dei rimedi concreti. «L’idea è quella di creare titoli europei garantiti e rimborsabili non più da un solo Paese, ma dal loro insieme» osserva Billio. Si tratterebbe di un’operazione straordinaria, destinata solo a interventi su sanità e ricostruzione (ecco perché sono detti anche “corona bond” o “recovery bond”), ma con 2 vantaggi: «Questo debito non appesantirebbe i bilanci dei singoli Stati e sarebbe meno sottoposto a oscillazioni di mercato e speculazioni».

La maggioranza dei governi, compresa la Francia, li vuole; Germania, Austria, Olanda e Finlandia sono contrari. «Dal loro punto di vista, condividere il rischio con chi ha già dimostrato in passato di distribuire male la spesa pubblica non è il massimo. Ma dovrebbero considerare che, se salta un Paese, stavolta può saltare tutta l’Eurozona».

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Pro e contro del Mes

Il Meccanismo europeo di stabilità al quale l’Italia aderisce dal 2011, a differenza degli Eurobond ancora in discussione, può già erogare soldi freschi e venire attivato anche da un Paese singolo. «I membri del Mes hanno versato 80 miliardi in quote proporzionali al Pil, che possono essere prestati con lo stesso criterio a chi è in crisi di liquidità, senza bisogno di una causa scatenante specifica come la pandemia» ricorda Monica Billio. All’Italia andrebbero circa 36 miliardi.

«L’aiuto non arriva però senza condizioni, ma è vincolato all’accettazione di un piano di riforme sorvegliato dalla famosa “Troika”, cioè Ue, Bce e Fondo monetario». Si tratta spesso di misure impopolari, come quelle toccate alla Grecia, e che alimentano leggende e bufale secondo le quali il Mes in caso di insolvenza si prenderà il Colosseo o preleverà soldi dai nostri conti correnti.

Ma se il cappio è così stretto, come sostengono una parte dell’opposizione ma anche alcuni esponenti della maggioranza, perché l’esecutivo dovrebbe scegliere di impiccarsi? «Perché quei soldi ci servono» risponde Billio. «Conte ha comunque chiesto di attivare il Mes in modalità di “emergenza”, cioè senza condizioni o a condizioni poco proibitive, come l’obbligo di impiegare le somme nella lotta al Covid-19 e alle sue conseguenze».

L’alternativa più soft, proposta da Bruxelles, potrebbe essere un maxiprestito da restituire solo parzialmente e con interessi vicini allo zero.

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