mamma con bambino un anno

Cosa cambia per i figli delle coppie Lgbt

Ecco cosa cambia in concreto dopo il “no” del Senato ai riconoscimenti dei figli delle coppie Lgbt

Da oggi le coppie Lgbt hanno un problema in più. La bocciatura da parte della Commissione Politiche europee del Senato al riconoscimento dei figli di coppie Lgbt infatti, ha conseguenze pratiche immediate.

La maggioranza ha votato “no” a una proposta di Bruxelles che mira a equiparare i diritti dei figli delle coppie eterosessuali a quelli nati all’interno di famiglie con due madri o due padri. Di fatto rappresenta uno stop alla parificazione della cosiddetta «genitorialità sociale» a quella biologica. Di recente, inoltre, il ministero dell’Interno ha esortato di prefetti a fermare i «riconoscimenti di fatto» che da tempo alcuni Comuni (come Milano e Torino) stavano attuando. Ma cosa cambia in concreto?

Perché il “no” al riconoscimento dei figli nati da coppie Lgbt

La risoluzione del senato ha bocciato quella che al momento è una proposta della Commissione europea «in particolare l’obbligo di riconoscimento (e di conseguente trascrizione) di una decisione giudiziaria o di un atto pubblico, emessi da un altro Stato membro». In pratica si è detto “no” «all’obbligo di riconoscimento del certificato europeo di filiazione». Cosa significa? «Il regolamento comunitario che si voleva approvare non avrebbe necessitato di leggi attuative: vuol dire che, a differenza delle direttive europee, se fosse stato approvato sarebbe entrato subito in vigore», spiega l’avvocato Lorenzo Puglisi, dello studio Family Legal, specializzato in Diritto di Famiglia. «È chiaramente una scelta politica. L’Italia oggi è il terz’ultimo paese a non avere una legge sulla filiazione per le coppie dello stesso sesso. Finora c’erano state iniziative autonome e differenziate da parte dei Sindaci, che erano intervenuti in via amministrativa istituendo dei registri specifici dove trascrivere le nascite di figli di coppie omosessuali. Ora il senato ha voluto bloccare questa stortura, che è frutto di una lacuna: occorrerebbe una legge specifica», prosegue l’avvocato.

Oggi manca una legge che tuteli i minori figli di coppie Lgbt

Per capire le conseguenze della decisione occorre ricordare che ad oggi in Italia manca una legge organica che normi la materia. Per questo già due anni fa, a gennaio 2021, la Corte costituzionale aveva sollecitato il Parlamento a riconoscere la «genitorialità sociale», per colmare «al più presto il denunciato vuoto di tutela, a fronte di incomprimibili diritti dei minori. Si auspica una disciplina della materia che, in maniera organica, individui le modalità più congrue di riconoscimento dei legami affettivi stabili del minore, nato da procreazione medicalmente assistita praticata da coppie dello stesso sesso, nei confronti anche della madre intenzionale». Insomma, i bambini nati da coppie dello stesso sesso tramite fecondazione assistita (nel caso di due donne), o maternità surrogata (nel caso di due padri), ad oggi non sono equiparati a quelli nati da coppie eterosessuali, quindi hanno meno diritti.

Cosa cambia in concreto per i figli di coppie Lgbt

La situazione, che finora era già complessa, si è ulteriormente complicata. Finora, infatti, molte coppie omosessuali che erano ricorse a fecondazione assistita eterologa all’estero o maternità surrogata (entrambe non ammesse in Italia) procedevano con la trascrizione del certificato di nascita ottenuto nel Paese straniero, presso il proprio Comune di appartenenza italiano. Questo non era possibile ovunque, ma in città come Torino e Milano, per esempio, sono state molte finora le trascrizioni effettuate. Lo scorso dicembre, invece, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha ritenuto non legittima questa strada, indicando come unica possibilità «l’adozione in casi particolari». A gennaio 2023, inoltre, il ministero dell’Interno ha sollecitato i Prefetti a far applicare la sentenza, annullando eventuali riconoscimenti comunali. A Milano è stato anche imposto di procedere ad «adozioni in casi particolari» per bambini nati da due madri in Italia.

Cos’è la «adozione in casi particolari»

«Intanto va chiarito che la legge n.184 sull’adozione risale al 1983, è assolutamente anacronistica rispetto alla situazione attuale. Era prevista a favore di parenti o terzi estranei, nel caso di minori con infermità o invalidità, quindi portatori di handicap, o per l’adozione in casi di impossibilità di affidamento pre-adottivo. Sono tutte casistiche molto limitate che rendono improbabile l’accoglimento della domanda di adozione per casi particolari, per un padre omosessuale», spiega Puglisi. «Diverso è l’affido o affidamento preadottivo: dal momento che ci sono molte comunità per minori che hanno situazioni che necessitano di un affido immediato, questo è concesso anche a single o omosessuali, seppure soggetto a revocabilità. Spesso l’affido, se si tratta di genitori volenterosi e diligenti, viene reiterato anche fino alla maggior età dei minori. Per questo esorto a non scoraggiarsi: è vero che solo l’adozione prevede l’equiparazione dei diritti naturali, ma se si ha profondo senso di genitorialità e ci si vuole prendere cura e carico di un bambino, non dimentichiamo neppure questo istituto», chiarisce Puglisi.

I limiti: genitori “a metà”?

In molti sottolineano i limiti dell’adozione in casi particolari, soprattutto nei diritti del genitore non biologico, che spesso è un “genitore a metà”: ad esempio, la madre intenzionale, come è chiamata quella che non ha fisicamente partorito, per poter vedere riconosciuto il suo ruolo deve presentare un’istanza al Tribunale dei minori (che peraltro dovrebbe presto sparire per la riforma sul divorzio breve), nonostante abbia già fornito il suo consenso alla fecondazione eterologa insieme alla partner. Il Tribunale stesso può verificare la sua idoneità genitoriale tramite assistenti sociali e i requisiti patrimoniali per accertarsi della sua solidità economica. Occorre anche il consenso della madre biologica perché l’adozione vada a buon fine e i tempi generalmente sono molto lunghi. Nel frattempo la madre intenzionale deve essere delegata in qualsiasi compito di cura del bambino, come il ritiro da scuola, le visite mediche, le autorizzazioni gite, le iscrizioni sportive, ecc. Di fatto la madre intenzionale finché non ottiene l’adozione (comunque revocabile in caso di reati commessi dal figlio nei confronti del genitore adottivo) non ha alcun diritto sul minore che viene ritenuto figlio della sola compagna, né in caso di decesso di quest’ultima, né in caso di separazione, quando il genitore biologico – come già accaduto – può chiedere l’interruzione dei rapporti tra il figlio e l’ex. «Di contro, sempre in caso di separazione, la madre non biologica non è neppure tenuta al mantenimento del minore di cui si era presa cura fino a quel momento», osserva l’esperto di Family Legal.

La giungla della burocrazia

Anche prima dello “stop” imposto dal Senato e dal ministero dell’Interno, c’erano comunque complicazioni a livello burocratico. Intanto occorreva che il comune di residenza fosse tra quelli che avevano deciso di procedere al riconoscimento dei figli delle coppie dello stesso sesso (come appunto Milano o Torino). Come ricorda il Corriere della Sera, inoltre, molti uffici pubblici non hanno ancora moduli che prevedano la dicitura di genitori omosessuali, ma solo quelli di madre/padre. Anche le pratiche digitali Inps non permettono l’indicazione di due madri o due padri, ma occorre recarsi agli sportelli sul territorio.

Come funziona in Europa

Se la situazione in Italia è complicata, anche a livello europeo non c’è uniformità. Come accade da noi, neppure in Grecia c’è riconoscimento per i matrimoni omosessuali né per i figli che eventualmente vi nascono. Laddove, invece, è previsto, ci sono comunque alcune differenze, anche tra coppie di due donne e coppie di due uomini. Per esempio, mentre per le coppie lesbiche esistono procedure pressoché automatiche che parificano entrambe le donne come genitori titolari di piedi diritti, in Francia il padre non biologico è necessariamente adottivo. «In Spagna funziona in modo analogo con la Stepchild Adoption, che in Italia non è mai diventata legge, mentre «in Germania e Austria la trascrizione dell’atto amministrativo di nascita tramite maternità surrogata parifica i genitori», conferma Puglisi.

Riproduzione riservata