È uno degli effetti della pandemia da Covid e soprattutto del lockdown: un boom dei disturbi del comportamento alimentare, con molti più casi di anoressia e bulimia, che interessano soprattutto gli adolescenti e i giovani. Gli esperti non esitano a parlare di “epidemia nell’epidemia”, che emerge solo adesso, quando le restrizioni si sono allentate. Ma per intervenire per tempo, prima che il disagio si cronicizzi, occorre un approccio diverso. Per questo è stato attivato un servizio telefonico nazionale, fruibile in totale anonimato e attivo gratuitamente.
Il Covid e i disturbi alimentari
«Sicuramente i disturbi del comportamento alimentare rappresentavano anche in passato una delle criticità dell’età evolutiva e in particolare dell’adolescenza, ma hanno avuto un aumento significativo connesso alla pandemia e soprattutto alla prima fase, quella del lockdown, a causa dell’isolamento sociale. Paradossalmente, proprio adesso che le restrizioni si sono allentate, stiamo verificando sul campo questa crescita esponenziale. Si stima che siano 2,5 milioni le persone con disturbi dell’alimentazione o comunque con fragilità di questo tipo, soprattutto tra ragazzi e ragazze, e moltissimi sono nati in seguito alla pandemia» spiega Pierluigi Policastro, responsabile nazionale degli Psicologi dell’emergenza del Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta (CISOM), che ha deciso di offrire un nuovo servizio a supporto di chi soffre di queste problematiche.
Il colloquio con lo psicologo prima che il disagio diventi malattia
«Ci siamo resi conto che quanto fatto finora non è sufficiente» spiega ancora l’esperto psicologo. In effetti l’Italia ha una rete di intervento che si basa soprattutto sugli ambulatori di neuropsichiatria presso le Asl o gli ospedali, ma si tratta di presidi “medicalizzati” sul territorio, non sempre semplici da raggiungere perché occorre rivolgersi prima al proprio medico, che deve prescrivere una terapia. Ma oltre a dover fare i conti, spesso, con liste d’attesa non compatibili con l’urgenza del problema, non va sottovalutata la difficoltà a chiedere aiuto in strutture di questo tipo, che presuppongono l’idea di un problema di salute mentale. Questo scoraggia i giovani, ma anche i loro genitori. «L’idea di essere “bollata” come anoressica o bulimica, ad esempio, può spingere una ragazza a chiudersi ancora di più in se stessa, a voler nascondere il problema invece che affrontarlo» dice Policastro.
Da qui l’idea di un approccio differente, basato soprattutto sulla psicoterapia e che dunque mira a intervenire in modo tempestivo, prima che il disagio diventi malattia vera e propria, e richieda un intervento di neuropsichiatria o persino medico: «L’obiettivo è evitare che si consolidino comportamenti di cui emergono alcuni campanelli d’allarme e prima che diventi più faticoso portare avanti cure efficaci. Gli studi e l’esperienza ci dicono, infatti, che occorre tempestività nell’intervento per migliorare la prognosi. Insomma, prima si interviene e meglio è» conferma Policastro.
Il numero telefonico unico: come funziona
Si tratta del numero 06 95 94 56 56, attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 17.00. Il servizio, organizzato dal CISOM con ENI Foundation, si inserisce nell’ambito del progetto di supporto psicologico “NON siete soli”: è offerto gratuitamente a chiunque voglia chiedere informazioni o aiuto, in tutta Italia. Rispondono psicologi esperti e specializzati nei disturbi alimentari, che offrono ascolto attivo a genitori, caregiver di ragazzi con DCA e giovani adulti che nascondono disturbi alimentari. È riservato ai maggiorenni, perché è importante il coinvolgimento dei genitori o chi vive accanto a giovani che possono manifestare comportamenti “a rischio”. Ma è stato pensato anche per gli adulti: «Si tratta di un malessere che non risparmia nessuno e che inizia a fare il suo esordio già all’età di sette anni – spiega ancora Pierluigi Policastro – In questi casi, il contributo psicologico, unito al supporto della famiglia, si rivela essenziale per intervenire tempestivamente».
Perché chiedere subito supporto
«Se da un lato i giovani non chiedono aiuto, spesso non lo fanno neppure i genitori. A volte capita che non si accorgano del disagio che si nasconde dietro un disturbo dell’alimentazione, o un abuso di alcol, o un eccesso di attività fisica, che sono tutte manifestazioni dello stesso malessere. Più spesso osserviamo che madri e padri tendono a valorizzare solo i “pregi” dei figli, sottovalutando le criticità. Può accadere si neghino anche comportamenti manifesti: per questo un supporto telefonico può aiutare a vincere la resistenza nel chiedere aiuto» spiega l’esperto. L’invito ai genitori o ai caregiver, quindi, è di prestare attenzione agli eccessi nel comportamento dei ragazzi: troppa attività motoria, troppa cura di sé in senso prettamente estetico, un’attenzione maniacale a ciò che si mangia, una chiusura in se stessi magari per timore di sentirsi inadeguati, possono essere segnali di un disagio preludio di un disturbo alimentare.