coppie separate

Chi aiuta le coppie separate?

Se ne discute al Sinodo sulla famiglia. Ma non solo. È appena uscita una grande indagine che, attraverso mille testimonianze, fotografa necessità e difficoltà dei divorziati. E rivela che il sostegno maggiore arriva dalle associazioni. Formate da volontari che hanno vissuto in prima persona la fine di un matrimonio

A 45 anni Emanuela ha dovuto scrivere un nuovo capitolo della sua vita: la fine del matrimonio con Glauco. «Da 2 anni aveva una relazione con una giovane collega, rimasta incinta. Sono tornata dai miei genitori, spaesata e disorientata» racconta. «È stato fondamentale potermi confidare con altre donne che hanno vissuto situazioni simili». Emanuela le ha incontrate in una delle 30 associazioni che in Italia si occupano di separati e divorziati: «Condividere la sofferenza mi ha aiutata a fare chiarezza in me stessa. E a capire come affrontare i tanti nuovi problemi che mi trovavo davanti» ammette.

Proprio in questi giorni è uscita Ancora famiglia, grande indagine psico-sociologica sui separati e i divorziati in Italia. La ricerca è stata pubblicata dalle edizioni San Paolo mentre in Vaticano si svolge il Sinodo sulla famiglia, che si concluderà il 25 ottobre. A promuoverla è stato l’Istituto di antropologia per la cultura della famiglia e della persona, insieme al Centro studi e ricerche sulla famiglia dell’università Cattolica di Milano e all’associazione Famiglie separate cristiane (www.famiglieseparatecristiane.it). Questa onlus, nata a Milano nel ’98, oggi è attiva dalla Lombardia alla Toscana, dalla Liguria al Friuli, dal Veneto all’Emilia Romagna fino al Lazio. «Abbiamo raccolto le risposte di circa 1.000 persone separate» racconta Paola Tettamanzi, curatrice del libro.

Un drappello delle migliaia di donne e uomini che vedono naufragare il loro matrimonio: gli ultimi dati Istat dicono che le separazioni, in un anno, sono state 88.288 e i divorzi 51.319. Il 48,7% delle prime e il 33,1% dei secondi ha riguardato coppie con almeno un figlio minorenne. «Mentre il 72,7% delle donne separate vede tutti i giorni i propri bambini, questa possibilità è riservata solo al 9,2% degli uomini» osserva l’esperta. «D’altra parte, proprio perché spesso i piccoli vivono di più con le madri, sono le donne a dover gestire insieme i figli e il lavoro. E molte di loro chiedono supporto, anche economico, alle famiglie di origine».

Lo Stato, per mancanza di fondi e strutture, fatica a rispondere alle necessità delle coppie separate. «Se mamme e papà non hanno soldi, devono affidarsi ad avvocati d’ufficio e a psicologi del Servizio sanitario nazionale» dice Tettamanzi. «Ma gli aiuti pubblici non bastano a rispondere ai crescenti bisogni di tanti genitori». Concorda Ernesto Emanuele, presidente di Famiglie separate cristiane: «Molti impiegati dei Servizi sociali non sempre sanno cosa significhi vivere l’avvio di una separazione. Servono giudici specializzati che si occupino esclusivamente di diritto di famiglia e il loro lavoro deve essere sostenuto con risorse adeguate». A garantire una presenza amica in questi momenti spesso ci sono soltanto i volontari delle associazioni. Come Nicola Saluzzi, 62 anni, vicepresidente di Papà separati Milano, costola dell’associazione Papà separati (l’elenco delle sedi si trova su www.papaseparati.it). «Cerco di restituire quello che ho ricevuto a mia volta, 8 anni fa, al momento della rottura con la mia ex moglie: prima di tutto accoglienza, poi ascolto e consigli nei momenti di angoscia» dice Saluzzi. «Non bastano professionisti a pagamento, ci vuole un rapporto umano, qualcuno che possa capirti e aiutarti a superare i momenti di smarrimento».

La prima cosa chiesta dalle persone che si separano è essere ascoltate. «Quando è finito il matrimonio con Virginia, dopo 12 anni e due figli, il mondo mi è franato addosso e il dolore è stato così squassante che per un momento ho pensato di morire. Nel gruppo di Famiglie separate cristiane, a Milano, ho incontrato qualcuno sempre disponibile, gratuitamente, con cui parlare anche nel cuore della notte. E tanti altri padri e madri separati con cui confrontarmi» testimonia Antonio, 58 anni. Gli fa eco Luisa, 63 anni, separata da 10: «Quando ero Corbisall’università ho deciso di lasciare gli studi e di lavorare con Giuseppe, che faceva il commerciante» dice. Hanno vissuto insieme per oltre 3 decenni, costellati di schiaffi e botte. «Solo quando tutto è finito mi sono resa conto di quanto fosse malato il nostro rapporto. Tirare fuori la delusione, mostrarla a chi può capirla, è il primo passo per guarire».

L’aiuto fornito dai volontari non si limita al sostegno psicologico. Loro stessi, in base alla propria esperienza, danno anche informazioni pratiche. Per esempio, gli uffici da consultare, i documenti da preparare e i possibili lavoretti per chi abbia necessità di arrotondare le entrate. Molte associazioni, che sono diffuse soprattutto al Centro-Nord e che spesso operano in sedi di fortuna, animano gruppi di auto-aiuto e hanno creato reti con figure professionali esterne. In Lombardia e Abruzzo l’Amps, l’Associazione mamme papà separati (www.mammepapaseparati.it), organizza distribuzioni di alimenti per chi ha problemi economici e dà la possibilità di inviare quesiti al proprio ufficio legale attraverso il sito. Poi manda, in privato e gratis, le risposte.

● l’89% delle coppie che si separano ha oggi l’affido condiviso dei figli. Nell’8,8% dei casi i bambini sono affidati solo alla madre

● il 65% delle separazioni prevede un assegno di mantenimento per il coniuge economicamente più debole. Che, nella stragrande maggioranza dei casi, è la donna

● l’85% delle separazioni e il 77% dei divorzi si chiude oggi in Italia con provvedimento consensuale, frutto di un comune accordo tra gli ex coniugi

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