Cohousing anziani
Un nuovo progetto di cohousing
Casa Zamalek, a Brindisi, è un progetto di condivisione abitativa tra persone in età matura.

Se gli anziani vanno in cohousing

Esistono condomini pensati per ospitare gli anziani che, più che di assistenza, hanno bisogno di compagnia. Già diffusi in Europa, stanno nascendo anche nel nostro Paese. «E con successo» assicurano gli over 65 che ci abitano. Da Lucca a Brindisi

«Quando mio marito è mancato, io sono rimasta sola. Non volevo disturbare i miei figli, hanno la loro vita e tanti impegni, ma nello stesso tempo avevo bisogno di uscire dalla morsa della solitudine che cominciava a opprimermi. Per questo, quando ho saputo di questa originale formula abitativa, non ci ho pensato due volte». Ilaria ha quasi 81 anni e l’originale formula abitativa di cui parla – e dove vive dal 2016 a Lucca – si chiama “silver cohousing”: un edificio progettato per ospitare anziani autosufficienti e in buona salute che vogliono vivere insieme. «Oggi so che se fossi rimasta chiusa nel mio appartamento, sola tra i ricordi, mi sarei depressa. Qui, invece, ho l’occasione di invecchiare in compagnia».

Cohousing anziani
Agli italiani piace
Il 43% degli italiani intervistati per lo studio La casa che vorrei di Casa.it vuole prendere in considerazione una soluzione di coabitazione.

L’esigenza degli over 65 di vivere in comunità

Un obiettivo ambito dai nostri anziani, che l’Istat fotografa più in buona salute che in passato: negli ultimi 10 anni gli over 75 che stanno bene sono aumentati del 5% e la metà degli ultra 80enni italiani è autosufficiente. «Il loro problema non è tanto la malattia quanto la solitudine: i lockdown lo hanno reso terribilmente evidente» spiega Matteo Robiglio di Homers, la community che sostiene i progetti cohousing di cittadini ed enti. «I figli sono spesso lontani, le case diventano troppo grandi, soprattutto per chi torna a essere single per un lutto o una separazione. E così l’esigenza degli over 65 di vivere in comunità, come avviene già nel Nord Europa, comincia a diffondersi anche in Italia. Con l’intenzione di andare oltre la risposta assistenziale delle Rsa, che non dà alternative a chi si sente solo ma sta ancora bene».

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Ilaria abita nel cohousing del Moro, realizzato dalla Fondazione Casa Lucca in collaborazione con altri enti. Paga un affitto in linea con il mercato della zona e ha tutto quello che le serve: «Un piccolo appartamento privato per la privacy e tanti spazi comuni per stare con gli altri quando ne ho voglia. Per una partita a burraco, una festicciola di compleanno, una lezione di ginnastica o solo un caffè con due chiacchiere. Oltre a tante attività extra organizzate dalla Fondazione, come le gite. Ho adorato quella volta in Garfagnana: spazi aperti, paesaggi meravigliosi e quella sensazione di libertà. Se non mi fossi trovata in questo contesto di comunità non avrei mai provato un’esperienza simile alla mia età».

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Aumentare la qualità della vita degli anziani

Mantenere attive le persone anziane per aumentare la loro qualità della vita è l’obiettivo che si pongono tutte le nuove, e ancora sperimentali, strutture di silver cohousing in Italia. L’ultima, appena nata Brindisi dall’iniziativa di 3 donne e in fase di “casting” degli ospiti, ha in programma per esempio tour con degustazioni, lezioni di yoga, corsi di informatica. «Ci chiamano anche da altre città per venire a stare qui, perché tra l’altro siamo proprio di fronte al mare» spiega Eleonora Quacquarelli, developer manager di Casa Zamalek. «Una signora sola di Firenze, per esempio, dice che le farebbe bene alle ossa. Senza un’occasione del genere, uno non penserebbe mai in età avanzata di cambiare addirittura città. Il cohousing può ribaltare del tutto le prospettive e stimolare la rinascita di tante persone sole».

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La sensazione di sicurezza fa da collante

Poi c’è la sensazione di sicurezza a fare da collante. «L’idea di questa struttura mi è venuta proprio osservando mia madre, che è autosufficiente ma a volte dimentica il fornello accesso: se non fosse sola mi sentirei più sicura» continua Eleonora. Lo conferma anche Graziella, 65 anni, amica e vicina di stanza della nostra Ilaria a Lucca: «Ho avuto un aneurisma qualche anno fa. Qui mi tengo impegnata, dipingo e preparo torte per tutti. Ma sapere che c’è sempre qualcuno che passa a vedere come sto o a cui chiedere aiuto in caso di bisogno mi fa stare tranquilla». In effetti, nei progetti futuri di cohousing, un’assistenza minima è sempre contemplata.

«L’idea è di realizzare spazi dove vivere in maniera autonoma anche con energie e mobilità ridotte e dove i rapporti sociali siano facilitati» spiega Robiglio. «Per esempio, ambienti dove fare ginnastica riabilitativa o ricevere assistenza infermieristica, perché bisogna pensare che anche gli over 70 più autonomi dopo qualche anno potrebbero non esserlo». A Roma, per esempio, Casa Giada, il silver cohousing voluto dal Comune, si trova in un palazzo destinato a ospitare anche altre strutture per anziani un po’ meno autosufficienti. Come Casa Giada Gialla, un appartamento per 10 persone con camere singole, aree comuni e operatori dell’azienda sanitaria sempre presenti, in modo da mantenere l’indipendenza anche in una situazione di parziale assistenza. Una via di mezzo, cioè, tra il cohousing e l’Rsa.

Cohousing anziani casa Brindisi
Casa Zamalek di Brindisi.

Il cohousing “a bassa assistenza”

Anche a Torino c’è chi sta pensando a un cohousing “a bassa assistenza”: è Piera Salvato, ospite 68enne di una delle esperienze di cohousing italiano di maggior successo, Numero Zero, che ha però un’identità multigenerazionale e ospita anche giovani e famiglie. «Da ex medico so bene a che cosa vado incontro, per questo motivo ho messo insieme un gruppo di coetanee con le quali cercare una soluzione più adatta a noi. Cioè, una casa dove stare insieme, sì, ma che abbia anche servizi come il sollevatore, il portinaio che sbriga per noi le commissioni quando non ce la sentiamo più di uscire, una cuoca che viene a cucinare se non ne abbiamo voglia, qualche mini appartamento per chi non è più autosufficiente e ha bisogno di assistenza ma non vuole andare in Rsa. Non è facile trovare edifici con queste caratteristiche e ci serve la collaborazione delle istituzioni».


«Ho un piccolo appartamento tutto per me e poi spazi comuni per stare con gli altri quando voglio. Per una lezione di ginnastica, una partita di burraco o anche soltanto un caffè e due chiacchiere»


Piera e le sue amiche hanno chiesto l’aiuto di Homers e avviato i colloqui con il Comune di Torino e altri enti. «Vogliamo essere partecipi della progettazione, non solamente per dare risposta a tutte le nostre esigenze ma anche perché vogliamo poter vivere in un posto bello: al pari della compagnia, consideriamo la bellezza un valore importante per invecchiare bene». Lo conferma Ilaria, che riempie occhi e spirito quando si affaccia dalle sue finestre del cohousing del Moro: «Da qui vedo tutta la bellezza della mia Lucca, la sua storia parla anche delle mie radici. È anche questo a farmi sentire bene, in questo posto e con me stessa».

Ragazze staff Cohousing anziani
DA UN’IDEA DI 3 DONNE
Casa Zamalek di Brindisi nasce da un’idea di 3 donne (qui sotto, da sinistra): Eleonora Quacquarelli, developer manager, Marianna Ungaro, project manager, e Giada Caricato, psicologa.

Le esperienze straniere di cohousing a cui ispirarsi

Le comunità multigenerazionali.
In Germania, Comuni e altri enti progettano la costruzione o ristrutturazione di complessi per ospitare persone di ogni età con esigenze simili. «Vivere nello stesso contesto è un vantaggio reciproco» spiega Matteo Robiglio di Homers. «Ci sono anziani ancora attivi con tempo a disposizione e famiglie numerose o persone con ridotta mobilità a cui serve aiuto o compagnia».

Il residence per gli anziani.
In Francia i silver cohousing sono già molto diffusi nel mercato immobiliare. Per gli anziani con buona capacità di spesa sono nate soluzioni d’ispirazione alberghiera, con servizi come la palestra, la mensa e le commissioni a domicilio.

Il palazzo con l’infermeria.
A Barcellona sono nati silver cohousing con spazi attrezzati per ospitare un’infermeria per analisi e piccoli interventi di routine. «Con lo sviluppo della telemedicina, in futuro queste strutture saranno di grande aiuto per decongestionare gli ospedali» dice l’esperto.

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