Coronavirus: le precauzioni in gravidanza

Alle donne in gravidanza non sono richieste precauzioni speciali contro il coronavirus se non le regole di igiene e cautela valide per tutti. Anche perché il virus non viene trasmesso dalla madre al feto  

La moglie del cosiddetto paziente 1, l’uomo di 38 anni che per primo è stato ricoverato per contagio da Coronavirus, è incinta all’ottavo mese di gravidanza, ma le sue condizioni sono buone. La notizia ha però preoccupato molte donne incinte e in prossimità del parto. Ci sono precauzioni da prendere contro il COVID-19 durante la gestazione e per il neonato? Ecco le indicazioni dell’esperto.

Quali precauzioni per le donne in gravidanza?

Per l’influenza stagionale c’è il vaccino ed è raccomandato. Cosa devono fare le donne in gravidanza, dal momento che non esiste vaccino per il COVID-19? Al momento le indicazioni fornite dall’Istituto Superiore di Sanità sono chiare: durante la gestazione valgono le stesse indicazioni di tutto il resto della popolazione, quindi «l’igiene frequente e accurata delle mani e l’attenzione a evitare il contatto con soggetti malati o sospetti».

«Allo stato attuale valgono, a maggior ragione, le raccomandazioni generalmente fornite per la stagione invernale in corso di epidemia, tra cui lavare le mani e ridurre la frequentazione di luoghi affollati» spiega Fabio Mosca, Presidente Società Italiana di Neonatologia (SIN) e Direttore U.O. di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale -Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano – Clinica Mangiagalli.

Le regole da rispettare quando ti lavi le mani:

Non ci sono mesi più a rischio

Cambiano i rischi a seconda dei mesi di gestazione? Gli esperti sono concordi: non esistono periodi più delicati rispetto ad altri nell’arco dei 9 mesi di gravidanza, anche se avvicinandosi al momento del parto le precauzioni dovrebbero essere maggiori, così come per ogni altro potenziale rischio che corre una donna dopo la 24esima settimana.

Non c’è trasmissione da madre a feto

La trasmissione del nuovo Coronavirus avviene attraverso il cosiddetto Droplet, che indica la distanza di sicurezza da mantenere per evitare il contatto con le goccioline di saliva diffuse per via aerea con starnuti o colpi di tosse, pari ad almeno un metro. Al momento, dunque, nessun rischio di trasmissione verticale, da madre a figlio? «Si, è così. Si può supporre che, in analogia con le passate epidemie come, per esempio, nel caso della SARS, l’impatto del COVID-19 sul feto o neonato possa dipendere più dalla gravità dell’infezione materna e da concomitanti patologie ostetriche, piuttosto che dall’infezione da Coronavirus in sé. Un’eventuale infezione neonatale potrebbe essere il risultato di una trasmissione acquisita per via respiratoria dalla madre nel periodo successivo al parto più che attraverso la placenta. Comunque i casi di infezione nella popolazione pediatrica sono nettamente inferiori rispetto a quella adulta e l’impatto del virus è decisamente più blando in questa fascia d’età» spiega il professor Mosca.

Una conferma sembra arrivare da Piacenza, non distante dal focolaio di Codogno: un bambino è nato senza sintomi da Coronavirus da una mamma positiva al COVID-19.

Parto naturale

«Il parto naturale, rispetto al cesareo, comporta rischi significativamente ridotti per mamma e bambino, a meno che non vi siano precise e motivate indicazioni al taglio cesareo per la protezione della salute di mamma o bebè. Per quel che riguarda il Covid-19, non vi sono al momento indicazioni ad eseguire il taglio cesareo d’elezione, cioè non motivato da altre cause» rassicura l’esperto.

Allattamento naturale 

«Il latte materno, in base alle attuali conoscenze scientifiche e come per altre note infezioni virali, non viene ritenuto veicolo di trasmissione del nuovo Coronavirus, ma può anzi fornire utili anticorpi, proteggendo il bambino da eventuali infezioni. La possibilità di allattare dipende soprattutto dalle condizioni materne: se presenta solo sintomi lievi può certamente continuare ad allattare, ricorrendo sempre a un’adeguata igiene delle mani ed usando la mascherina, così come per le altre più comuni sindromi da raffreddamento o influenzali. Se le sue condizioni di salute richiedono un ricovero in struttura specializzata è possibile provare a tirare il latte, da somministrare successivamente al suo bambino» conclude Fabio Mosca.

In caso di tampone positivo

Ma cosa deve fare una donna incinta se risulta positiva al tampone? Anche se avesse contratto l’infezione, non è detto che corra rischi particolari, né lei né il feto. Sono i professionisti sanitari che, in caso di positività, possono fornire le specifiche indicazioni. A seconda delle condizioni di salute della donna possono contemplare il ricovero in ospedale o il follow-up a domicilio. Oltre alla salute della donna, potrà essere necessario valutare in questi casi la salute del feto con i monitoraggi a disposizione dei colleghi ostetrici (valutazione del battito del feto, ecografie…)» dice Mosca, che è anche Direttore della Scuola di Specialità in Pediatria dell’Università degli Studi di Milano e che ricorda: “Il Ministero della Salute ha realizzato un sito ad hoc dove è possibile reperire tutte le informazioni utili (www.epicentro.iss.it)».

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