Covid: cos’è il test fai-da-te

Il Veneto ha avviato la sperimentazione, per poi distribuire in farmacia i kit, del tutto simili ai test per la gravidanza

Il test fai-da-te per il Covid è un kit di autodiagnosi che può essere utilizzato da chiunque per sapere se si è positivi al Sars-Cov2. È composto da un bastoncino con la punta in cotone, da introdurre nel naso con 5 movimenti che si limitano alla parte anteriore, dunque il primo tratto del naso, senza arrivare in profondità, come invece accade con il tampone oro-naso-faringeo. È il test fai-da-te per capire se, in presenza di sintomi, si tratta di Covid oppure no. È un test antigenico, che la Regione Veneto ha iniziato a sperimentare in 5.000 campioni dal 16 novembre, con l’obiettivo poi di renderlo disponibile in farmacia. Ogni cittadino, quindi, potrebbe acquistarlo a pochi euro, meno di 10, secondo le prime indiscrezioni.

Come si usa il test fai-da-te

Il Governatore del Veneto, Luca Zaia, lo ha mostrato in conferenza stampa: è costituito da un tamponcino, molto simile a quello per i test di gravidanza, con una parte da inserire nel primo tratto del naso e poi riporre in un contenitore dove si trova un reagente. Il risultato si ottiene in pochi minuti, poco più di 1 minuto e mezzo. E, dunque, un test dall’esito rapidissimo, in confronto a quelli molecolari, che necessitano di analisi in laboratorio che possono richiedere dalle 2 alle 4/6 ore.

I vantaggi

«Si tratta di un tampone delle fosse nasali da mettere poi nel contenitore del reagente» ha spiegato Roberto Rigoli, direttore dell’Unità di Microbiologia e virologia di Treviso. I vantaggi immediati sono tre: la praticità e facilità di uso, che permette l’autosomministrazione; la rapidità e anche il fatto che è solo nasale e non è necessario arrivare alle aree profonde di naso e cavo orale, come per il tampone molecolare.

Al di là dell’aspetto esteriore, invece, il tipo di test è antigenico, come quelli salivali.

I limiti

«È analogo ai test salivali antigenici (come quello per bambini sperimentato all’università degli Studi di Milano), quindi è molto pratico, ma il suo utilizzo è soprattutto a livello di screening, non di diagnosi. Questo significa che è utile per individuare eventuali positivi, che però devono essere confermati da un tampone molecolare di tipo classico, quindi oro-naso-faringeo» spiega il virologo Fabrizio Pregliasco.

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In caso di positività, infatti, sarà il medico di medicina generale a valutare se richiede un tampone molecolare, come già accade per altri test rapidi antigenici sia nasali che salivali. «Potrebbero essere impiegati comunque nelle scuole o dai cittadini che presentassero sintomi compatibili con la malattia Covid» aggiunge il Direttore scientifico dell’Istituto Galeazzi di Milano. Un altro limite è dato dal fatto che i test antigenici sono meno efficaci nell’individuare le fasi iniziali e finali dell’infezione, e quindi risultano poco efficaci con gli asintomatici, per i quali non è possibile stabilire a che punto della malattia si è.

Il grado di sensibilità e specificità

Al momento non è nota l’affidabilità di questi kit, sperimentati su un campione ancora ridotto. Finora i test antigenici sono risultati con un grado di sensibilità e specificità minore (circa l’90% rispetto al 95% e oltre dei tamponi molecolari): «Questo significa che una quota di pazienti positivi sfugge ed è costituita dai cosiddetti falsi negativi, che potrebbero sentirsi rassicurati e dunque abbassare la soglia di attenzione e precauzioni» osserva ancora Pregliasco. È uno dei motivi per cui un altro esperto come Andrea Crisanti non li ritiene gli strumenti ideali e preferisce i tamponi molecolari.

Secondo il Presidente della Regione Veneto, però, gli aspetti positivi sono indubbi: «Si apre un grande scenario, quello della tracciabilità. Se tutti facessimo il test, sarebbe una gran cosa» ha detto Zaia, motivando l’auspicio così: «Chi lo fa ha in mano non solo le sorti della sua vita ma anche quelle di una comunità».

Le indicazioni europee e i test di Firenze

«Ogni strumento che permette di aumentare lo screening ha comunque una sua utilità e anche in altri paesi europei si stanno rafforzando questi strumenti» aggiunge Pregliasco. Dall’ECDC, l’European Centre for Diseases Control, infatti, sta arrivando un’indicazione ufficiale che esorta a implementare la tracciabilità, anche con i test rapidi. In Italia anche l’ospedale pediatrico Meyer sta ultimando la sperimentazione su un altro test rapido fai-da-te, che ha concluso la prima fase di studio, dopo aver ricevuto il via libera del Comitato Etico Pediatrico Regionale, lo scorso settembre. Si chiama Uffa! e anche in questo caso è un test veloce di tipo solo nasale. Ha quindi lo stesso vantaggio di non dover richiedere un tampone in profondità e di poter fornire l’esito in un lasso di tempo breve (da 10 a 30 minuti in media). Al momento è stato testato dal personale medico ed è pensato per essere utilizzato dagli stessi medici e farmacisti su se stessi, ma in un secondo tempo lo si vorrebbe impiegare anche sui bambini, perché risulta pratico e indolore.

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