Ragazze casa acquario

Psicopandemia e depressione: cosa fare

Tutto ha perso colore, i progetti sono finiti in freezer. E dentro c’è quell’apatia sottile che rende ogni gesto più faticoso. No, non siamo strane, né malate. Siamo figlie di due anni di pandemia e riconoscere questo malessere è il primo passo verso una nuova vita

Per Gaia anche la doccia delle 7, quella che le dava la carica, è diventata una fatica. «Al mattino, quando apro gli occhi, la prima cosa che mi viene in mente è sempre una e una sola: “Uff!”. Qualche volta cedo, resto seppellita sotto le coperte un altro po’, poi mi lavo come i gatti e infilo i jeans d’ordinanza. Mi trucco al minimo e lego i capelli, tanto l’ufficio è quasi sempre deserto e le riunioni sono in videocall. Solo il weekend, se con gli amici programmiamo qualcosa, allora mi ci metto con un po’ più di impegno».

Nonostante i suoi 40 anni e un impiego sicuro come addetta all’amministrazione, Gaia confessa che trascinare questa nuova routine le pesa, e tanto. «Sai cos’è? Che tutto è diventato complicato: la mascherina da non dimenticare, cercare sul bus il posto più sicuro, portarsi il pranzo da casa. Dovevo iscrivermi in palestra gennaio, ho rimandato “causa Omicron”, volevo andare a Firenze a trovare un’amica il prossimo fine settimana, ma ieri si scopre che mio figlio ha due positivi in classe e starà in quarantena. Sul lavoro avevo dei progetti, anche quelli sono finiti in freezer. E c’è quest’ansia, un’ansia stupida che mi tiene sveglia anche per le sciocchezze». Le notti con i risvegli a singhiozzo, il domani che non riesce a immaginare, le giornate che si sono trasformate in un’unica strada a doppio senso tra casa e ufficio, dice, la fanno sentire un topo in gabbia. «Non so quando tutto questo finirà, non riesco a non vedere tutto grigio».

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Cosè la psicopandemia

In questo terzo inverno di restrizioni e contagi, il grigio tinge le giornate di tanti come Gaia. Anche lei racconta che sono decine, tra amici e colleghi, a confessarle di sentirsi in un eterno lunedì mattina, quando il peso delle cose da fare ti farebbe restare a letto tutto il giorno. Alcuni studiosi la chiamano “psicopandemia”, altri più semplicemente parlano di un dilagare di malesseri e sofferenze psicologiche, più o meno gravi, che si manifestano con tristezza, apatia, stanchezza, ma anche ansia e, a volte, senso di rabbia. Un’indagine dell’Istituto Piepoli dice che in questi due anni i disturbi legati all’ansia sono aumentati dell’83%, del 72 i problemi di depressione e del 61 quelli relazionali. Chi può corre da uno specialista. Secondo uno studio del Cnr di Messina, il 60% degli psicologi ha visto aumentare il numero di pazienti.

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Un trauma collettivo silenzioso

Un fatto naturale, secondo gli esperti, visto quello che stiamo vivendo. «Qui non c’è più solo il tema della paura» spiega Matteo Mangiagalli, psicologo della Fondazione Soleterre, che ha uno sportello per il supporto psicologico. «L’essere umano vive di abitudini e le nostre sono state scardinate, la nuova quotidianità nella maggior parte dei casi non è più funzionale al nostro benessere. La divisione di spazi casa lavoro è stata azzerata da un giorno all’altro dal telelavoro, danneggiando i nostri equilibri. Anche tante coppie sono crollate, tutte le relazioni si reggono su dinamiche a volte sane, a volte meno ma che sono state stravolte da un momento all’altro. Basti pensare al delirio settimanale di chi ha figli in età scolastica: periodicamente, e senza preavviso, bisogna riprogrammare l’organizzazione familiare perché uno dei bambini è in dad o quarantena. Si galleggia nell’incertezza e a ogni restrizione, a ogni cambio di abitudini, a ogni nuova ondata, viviamo nuovi traumi. A livello psicologico questo ha lo stesso impatto di un brutto incidente, con la differenza che noi non ce ne stiamo rendendo conto».

Gli effetti sulla mente

Viviamo insomma un trauma collettivo silenzioso, e gli effetti sulla mente si fanno sentire. «I grandi punti interrogativi che gravano su lavoro, salute, ripresa, futuro, assorbono le nostre energie, aprono la strada a sentimenti depressivi» spiega Fabio Castriota, psichiatra e psicoterapeuta, segretario scientifico del Centro psicoanalitico di Roma. Ma c’è dell’altro. «Quando si configura una situazione drammatica come questa, dentro di noi avviene una sorta di “slatentizzazione”, vengono fuori le debolezze che fino a quel momento abbiamo tenuto a bada, tendiamo a scivolare in vecchi meccanismi. Chi è tendenzialmente depresso rischia di cadere in questo stato, chi aveva un disturbo del comportamento lo vedrà ripresentarsi. E possono emergere disagi dovuti a caratteristiche della propria personalità. La gravità dipende da tanti elementi, anche dall’età e dalle condizioni di vita, per questo gli adolescenti, fragili per definizione, sono più a rischio».

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«Avevo smesso di uscire di casa»

Ma è successo anche a Erica, 33 anni, un lavoro che le piace e una famiglia che ama. «Lavoro in un’azienda che fornisce servizi di customer care, di colpo nel 2020 siamo finiti tutti in smart working. All’inizio mi consumavo nell’ansia di non saper gestire il lavoro da casa, perché mi mancava il confronto con i colleghi, e per di più avevo mia figlia di 5 anni in dad. L’anno scorso è arrivato il peggio. Io che ho sempre avuto paura delle malattie, temevo che la mia bambina si infettasse o si ammalasse per la mancanza di relazione con i coetanei. Avevo smesso di uscire di casa, compravo solo pigiami e ogni pomeriggio cercavo in rete il bollettino dei contagi».

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30 e 40enni chiedono aiuto

Alla Fondazione Itaca, che ha un numero di ascolto per la salute mentale, in questi mesi si rivolgono moltissime persone tra i 30 e i 40 anni, sia uomini sia donne. «È l’età in cui ci si costruisce una carriera, ci si crea delle aspettative sul lavoro, ma improvvisamente queste persone hanno visto bruciare il loro percorso professionale e di vita. Sono stati catapultati a casa, alcuni di loro oggi non hanno nemmeno più un ufficio. E in tanti reagiscono abbandonandosi alla tristezza o all’abulia, o abusando di alcol e sostanze. Anche uscire dal guscio diventa un’impresa, aggravata dalla paura di infettarsi o contagiare qualcuno, dal dilemma tampone sì o tampone no. Sono cose che sfiancano» testimonia Rosa Campana, responsabile del servizio Itaca incontra. «Ci chiamano perché sentono che è arrivato il momento di mettere mano a questo disagio».

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La consapevolezza è il primo passo per uscirne

È proprio questa consapevolezza il primo passo per uscirne. Erica racconta che quando la sua azienda, la Teleperfomance ha attivato un servizio di ascolto con gli psicologi di Soleterre, è stata tra le prime a chiedere un colloquio. «Avevo la necessità che qualcuno mi ascoltasse, per controllare l’ansia e questo senso di paralisi. L’appuntamento era lo stimolo per parlarne e far venire fuori le mie paure, cercare dentro di me gli strumenti per uscirne. Ora sto bene, ma continuo a fare colloqui tutti i mesi. So che non è finita, è dura fare i conti con il fatto che chissà per quanto non sarà come prima, chissa per quanto dovremo trascinarci questa fatica».


Alle relazioni sfilacciate dalla pandemia è dedicata “Via Morando 9”, una serie di podcast fiction che racconta storie in un condominio immaginario. A interpretarle l’attore Giuseppe Cederna, dal 14 febbraio, su Spotify e su tutte le piattaforme di podcast.


 

Depressione: 3 numeri per il disagio under 18

0668592265
Lo Sportello Lucy è gestito dall’Unità di neuropsichiatria dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e offre consulenza telefonica gratuita in caso di difficoltà di natura psicologica o psichiatrica.

800274274
La fondazione Progetto Itaca, attiva nell’assistenza alle persone con problemi di salute mentale in tutta Italia e ai loro familiari, ha una helpline gestita da volontari formati per fornire orientamento. È anche possibile fissare incontri di persona.

3357711805
Il Fondo nazionale per il supporto psicologico Covid-19 è stato istituito dalla Fondazione Soleterre. Chiamando questo numero è possibile ricevere un primo ascolto e fissare l’appuntamento con uno psicologo. I colloqui sono gratuiti per alcune categorie di persone, tra cui i minori con patologie.

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