La Dieta Pesco-Mediterranea è anti-age

Un esperimento de Le Iene mostra come la Dieta Pesco-Mediterranea ridurrebbe i segni del tempo. Unisce la dieta Mediterranea “classica” a più pesce e digiuno intermittente

Sui benefici della Dieta Mediterranea, in termini di salute e qualità della vita, non ci sono dubbi. Non a caso è stata riconosciuta più volte come la migliore dell’anno. Esiste, però, una variante che potrebbe essere più vantaggiosa per la salute e, in particolare, in termini anti-age nel rallentare l’invecchiamento del corpo: si tratta della Dieta Pesco-Mediterranea. Un esperimento del programma Le Iene, condotto su tre madrine d’eccezione come Ludovica Palmieri, Flavia Pennetta e Valentina Vignali, avrebbe confermato i benefici di questa alimentazione. Ecco in cosa consiste e perché aiuterebbe a riportare indietro le lancette dell’orologio biologico.

Lo studio sulla dieta Pesco-Mediterranea condotto in tv

Come dice il nome stesso, la dieta Pesco-Mediterranea parte da quella Mediterranea classica, ma è arricchita di prodotti ittici. Ha anche un’altra caratteristica: prevede un digiuno intermittente. Per scoprire i benefici di questo tipo di alimentazione, come di quella iperproteica e della vegana, sono state chiamate come testimonial tre madrine d’eccellenza. Si tratta della tennista Flavia Pennetta, della cestista e modella Valentina Vignali e della influencer Ludovica Pagani. Ecco cosa è emerso.

Quale dieta rallenta l’invecchiamento

Le tre testimonial si sono prestate a seguire tre regimi alimentari differenti, sotto la supervisione del ricercatore Aureliano Stingi, della fondazione Aeon, e del dottor Nicola Marino che, grazie a test molecolari avanzati e a tecnologie digitali (compresa l’intelligenza artificiale), analizza l’età biologica delle persone. All’inizio dell’esperimento Pennetta risultava avere un’età biologica molto più bassa di quella anagrafica, mentre il corpo di Pagani e Vignali avrebbe dimostrato qualche anno in più rispetto a quelli riportati sulla carta d’identità. Dopo aver seguito le diete specifiche per un mese, però, Pennetta avrebbe aumentato di 6 mesi la sua età biologica, mentre le altre due madrine avrebbero “recuperato” qualche anno. Perché?

Il cibo può influire sull’età biologica?

La conclusione a cui sono arrivati i coordinatori dello studio lascerebbe pensare che lo stile di vita e l’alimentazione siano in grado di influire sull’età biologica e dunque anche parzialmente di aumentarla o diminuirla rispetto a quella anagrafica. Nello specifico, l’alimentazione iperproteica sarebbe quella meno indicata in chi mira a rallentare l’invecchiamento: «Questo perché un eccesso di proteine potrebbe portare l’organismo ad accumulare sostanze tossiche», ha spiegato Marino. Le altre due diete (vegana e Pesco-Mediterranea), invece, avrebbero effetto anti-age. Mentre la prima necessita, però, di una supervisione di un esperto per evitare che manchino nutrienti essenziali, la seconda avrebbe dimostrato molti benefici. Ma di cosa si tratta, esattamente?

Cos’è la Dieta Pesco-Mediterranea

A elogiare i benefici di questa “versione” del classico regime alimentare dei Paesi mediterranei era già stato uno studio pubblicato sul Journal of the American College Cardiology, che ne sottolineava gli effetti positivi soprattutto per contrastare le malattie cardiovascolari. Prevede una base comune a quella classica, quindi con un consumo di verdure e frutta, olio di oliva, ma anche noci e in più prodotti ittici, in particolare frutti di mare. A ciò si aggiunge, però, anche un digiuno intermittente, ossia un consumo degli alimenti in una finestra temporale di 8-12 ore, in modo da lasciare le altre 12-14 ore senza pasti.

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Pro e contro

Uno dei motivi per i quali si caldeggia un maggior consumo di pesce è la presenza di Omega 3 che, come confermano diversi studi, ha una forte componente cardioprotettiva. «È vero e prevedere una certa quantità di pesce non è sbagliato, ma non dovrebbero superare certi limiti previsti dalle Linee Guida per una sana alimentazione del ministero della Salute e dalle indicazioni dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che ne consigliano il consumo 2/3 volte alla settimana» chiarisce Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.  

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Occorre più pesce?

«Più che aumentarlo sarebbe consigliabile una giusta distribuzione nell’arco della settimana, in quantità corrette – aggiunge l’esperto – I motivi sono due: mantenere una certa variabilità nell’alimentazione, senza che un alimento prevalga su altri, ed evitare il rischio di bioaccumulo di metalli pesanti che possono essere contenuti nel pesce. I benefici del pesce riguardano sia la presenza di Omega 3, che sono degli antinfiammatori naturali e sono ricchi di acidi grassi buoni che abbassano trigliceridi e colesterolo, sia il fatto che sono un’ottima fonte di Vitamina D e calcio e proteine nobili. Non va dimenticata l’importanza del tipo di cottura, che può inficiare la qualità dei cibi». Insomma, consumare più pesce non è un via libera alle fritture.

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Quali pesci privilegiare?

«Sicuramente il pesce azzurro è il più ricco di Omega 3 e quello con il minor quantitativo di eventuali metalli pesanti, rispetto ai pesci di grossa taglia, come invece i salmoni. Consiglierei, quindi, tutti quei prodotti del Mediterraneo come sardine, sgombri, alici, ecc. e, con minor frequenza, tonno e altri cosiddetti “pesci bistecca”, spesso comodi perché già in tranci».

Perché il digiuno intermittente

«È stato dimostrato che il digiuno intermittente, eseguito regolarmente, riduce il tessuto adiposo intra-addominale e la produzione di radicali liberi. Ciò suscita potenti risposte cellulari che migliorano il metabolismo del glucosio, riducono l’infiammazione sistemica e possono anche ridurre i rischi di diabete, CVD, cancro e malattie neurodegenerative» così riporta lo studio condotto nel 2021. In pratica dopo un digiuno notturno di 12 ore, i livelli di insulina sono generalmente bassi e le riserve di glicogeno si sono esaurite. Il corpo, quindi, inizia a bruciare gli acidi grassi delle cellule adipose, utilizzandoli come “carburante”, invece del glucosio. «Ciò migliora la sensibilità all’insulina – spiegavano i ricercatori – Il consumo limitato nel tempo non è più efficace per la perdita di peso rispetto alla restrizione calorica standard, ma sembra migliorare la salute».

Digiuno per perdere peso o per restare in salute?

«Il digiuno può anche abbassare la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca a riposo e migliorare l’equilibrio autonomo con una maggiore variabilità della frequenza cardiaca» si legge nello studio. Il dottor Piretta però precisa: «Dipende da cosa si intende per digiuno intermittente: se si tratta del semplice riposo notturno di 8/12 ore, va bene, anzi è adatto a tutti e consigliato insieme al fatto di non cenare dopo le 20/21. Diverso è se si parla di un digiuno superiore alle 12 ore, fino alle 16, perché questo spesso comporta la rinuncia a un pasto, che sia la cena o la colazione. Questa, invece, non dovrebbe mai essere saltata, sia per salvaguardare i ritmi circadiani, sia per avere il giusto apporto calorico».

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«Il digiuno intermittente stretto può essere seguito in particolari casi, in soggetti con requisiti specifici e che hanno obiettivi mirati, per un breve periodo, ma non ci sono evidenze scientifiche sui benefici nel lungo periodo, che invece abbiamo con la Dieta Mediterranea, come stile di vita» chiarisce l’esperto nutrizionista. «Se serve perdere peso può dare risultati, ma è poco sostenibile e non è un sistema educativo salutare. Perdere peso e dimagrire non è la stessa cosa, e il peso non è un parametro di salute generale, a meno che non si tratti di casi di obesità» conclude Piretta.

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