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Donne camioniste: il record è italiano

Le donne italiane che guidano i camion sono le più numerose in Europa, nonostante i costi della patente e le difficoltà in un mondo maschile. Eppure le aziende cercano autiste e autiste, e c'è pure il bonus patente

Il primato italiano di donne alla guida dei tir

Guidare camion e tir non è un lavoro (solo) da uomini. A dirlo sono i dati, secondo cui in Italia le donne camioniste sono più numerose rispetto alla media degli altri Paesi europei. Secondo il Driver Shortage Report 2022 curato dall’IRU, The International Road Transportation Union, le donne al volante di camion e tir nel nostro Paese sono il 6,2%, ossia il dato più alto.

E potrebbero pure crescere in fretta, anche grazie al bonus patente messo a disposizione dal Governo, che riguarda proprio le aspiranti autiste e autisti di mezzi pesanti, purché under 35.

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I numeri però indicano che proprio le patenti nel mondo femminile stiano diminuendo.

Abbiamo voluto capire quali sono le difficoltà che incontra una donna se decide di dedicarsi a un lavoro che è quanto di più distante dagli stereotipi secondo cui il mondo femminile è più portato ai lavori di cura. Ecco la testimonianza di Carlotta Caponi, segretario della FAI-Conftrasporto, la Federazione Autotrasportatori italiani.

Le donne italiane guidano la classifica delle camioniste

I dati del Driver Shortage Report non lasciano dubbi: l’Italia – anche a sorpresa – comanda la classifica del maggior numero di donne che guidano mezzi pesanti, pari al 6,2%, rispetto a una media europea del 3,2%. Al secondo posto si trova la Norvegia al 5,1%, poi Germania e Francia, rispettivamente al 4,6% e al 4,5%.
A seguire nella classifica ci sono Olanda e Regno Unito, che superano il 3% (esattamente al 3,2% e al 3%), mentre la Romania arriva al 2,5%. Fanalino di coda è invece la Lituania, ferma allo 0,5%, mentre Spagna, Portogallo, Danimarca, Polonia e Ungheria non raggiungono i due punti percentuali.
Come mai questa situazione?

Più donne camioniste nel Nord Italia

«Il fenomeno è più evidente nel nord Italia, dove le donne hanno iniziato ad avvicinarsi a questo lavoro e sono man mano aumentate soprattutto grazie alle aziende di famiglia, per lo più imprese di autotrasporto, per poi continuare come autiste. L’autotrasportatore, infatti, è l’imprenditore che lavora nel settore, mentre gli autisti sono coloro che guidano materialmente i mezzi pesanti, cioè che effettuano le consegne» premette Carlotta Caponi, segretario FAI e a sua volta autotrasportatrice

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Oggi Carlotta Caponi ha 40 anni, ma ha iniziato con i camion più di 10 anni fa e adesso può dire di aver raggiunto un obiettivo che sognava da tempo: «Per me era un sogno fare l’autotrasportatrice e adesso che sono segretaria nazionale della Federazione ho raggiunto il mio obiettivo. Ho fatto una lunga gavetta in Umbria, la mia regione, portando avanti l’azienda di famiglia che è arrivata alla quarta generazione». Carlotta non nasconde, però, le difficoltà.

Le difficoltà per le donne camioniste

«Gli ostacoli non mancano per le difficoltà tecniche del mestiere, cioè guidare mezzi pesanti, così ingombranti, ma anche solo per ottenere una patente che costa in media 4.000 euro; e poi per i sacrifici che porta con sé, soprattutto per una donna che ha famiglia. Non va dimenticato, poi, l’aspetto della sicurezza: pensiamo a una donna che può aver paura all’idea di guidare di notte da sola o che magari si trova alle prese con un mezzo in panne. E poi non nascondiamoci che si tratta di un mondo prevalentemente maschile» spiega.

Molte aziende pagano le spese per la patente

Cionostante, le donne italiane che scelgono questa strada ci sono e sono le più numerose d’Europa, anche se negli Usa la presenza di autostrasportatrici e autiste è ancora maggiore (8%). «Le donne, se vogliono, sono capaci di superare ogni ostacolo e molte di quelle che hanno iniziato questo lavoro paradossalmente lo hanno fatto per la famiglia: spesso scelgono turni notturni per poter essere presenti di giorno, soprattutto se hanno figli» aggiunge Caponi. «Certo, questa può apparire una strada in salita per una donna, ci vuole coraggio. A livello pratico, poi, va detto che ci sono molte aziende che, per mancanza di autisti, si offrono di farsi carico delle spese per la patente oppure si possono sfruttare i Bonus del ministero o quelli interprofessionali» prosegue la rappresentante della FAI.

Donne camioniste: oltre gli stereotipi

«Sappiamo bene che ci vuole prontezza per guidare in generale e ancor più per condurre un mezzo pesante. Io parlo per esperienza, dal momento che mi occupo di trasporto di animali vivi. Di notte può preoccupare l’idea di essere sole, mentre di giorno si devono fare i conti con il traffico. Le donne, poi, pagano lo scotto di non essere ritenute spesso ‘adatte’ neppure a guidare una piccola utilitaria, figuriamoci i Tir. Io, però, posso dire che la mia esperienza non mi ha mai portato a sentirmi inadeguata o meno capace dei colleghi uomini» spiega Caponi.

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Eppure i dati dicono che il numero di neopatentate donne è in diminuzione.

Le cause della diminuzione delle patenti femminili

Da qualche tempo, infatti, si assiste a un nuovo fenomeno che è quello della diminuzione delle nuove patenti tra le ragazze. Secondo i dati del ministero dei Trasporti (relativi al 2019), sempre più donne rinunciano a prendere la licenza di guida, specie nei piccoli centri: le ragazze trai 18 ai 21 anni che ci provano sono meno di 1 su 4, mentre i ragazzi sono 1 su 3. Su 10 neopatentati solo 4 sono donne. Tra i motivi c’è l’idea che la patente non serva, ma il rischio è un vero e proprio passo indietro per le donne, che potrebbero veder limitata la propria autonomia negli spostamenti: «A pesare temo siano soprattutto i costi: una ragazza di 18 anni, che non lavora, magari aspetta a prendere la patente per motivi economici. È vero poi che soprattutto nei grandi centri ci sono più mezzi pubblici che permettono di non usare l’auto privata, ed è vero che è anche aumentata la mobilità alternativa come lo sharing, per la quale basta il patentino da scooter. Ma, nello stesso tempo, se le donne non riescono a prendere la patente, potrebbero perdere autonomia» commenta Carlotta Caponi.

Quanto pesa il pregiudizio della donna al volante

A volte, poi, pesa il timore di non essere all’altezza degli uomini, nonostante i dati smentiscano questo stereotipo: gli incidenti che coinvolgono conducenti donne sono in numero inferiore e non solo perché le donne che guidano sono meno: «Credo si tratti di uno stereotipo smentito dai fatti: i sinistri che coinvolgono i mezzi pesanti ci sono e soprattutto fanno notizia, ma se andiamo a vedere le responsabilità non sempre sono dei camion e dei Tir, men che meno a causa delle donne. Io rimango convinta che se una donna vuole, può raggiungere il proprio obiettivo, anche diventare conducente di un mezzo pesante» conclude Carlotta Caponi.

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