donna in ospedale

Noi, ammalate di endometriosi

Tre milioni di italiane soffrono di questa patologia dell’utero dolorosa, difficile da diagnosticare e considerata un tabù. A volte sono costrette a rinunciare a un figlio o al lavoro. Ma c’è chi non si arrende. E qui dice: «Il primo passo è trovare il coraggio di parlare»

Una donna su 10 potrebbe soffrire di una malattia cronica e spesso invalidante: l’endometriosi. «Si stima che nel nostro Paese colpisca circa tre milioni di donne. Soprattutto ragazze tra i 20 e i 30 anni» sostiene Marco Scioscia, ginecologo del Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Vr).

Cos’è l’endometriosi

«È una patologia infiammatoria legata a cellule dell’endometrio, il tessuto di rivestimento interno dell’utero, che si trovano invece al di fuori dell’utero, ossia nel posto sbagliato. Lì formano noduli e cisti, intaccando gli organi vicini e provocando così dolore e infertilità» spiega il medico.

Come si manifesta e si scopre l’endometriosi

«Le cause ancora non si conoscono. Uno dei segnali è il dolore che si prova durante il ciclo mestruale e i rapporti sessuali. Non esiste un esame di laboratorio specifico per la diagnosi di endometriosi. È uno dei motivi per cui questa arriva in media con 7 anni di ritardo. Tuttavia un’accurata visita e una ecografia pelvica con un esperto permettono un’alta attendibilità diagnostica. La malattia progredisce con gli estrogeni prodotti durante l’ovulazione, perciò la cura si basa sulla terapia ormonale. Quando questa fallisce, si interviene con la chirurgia per le forme complicate o per i casi di sterilità».

Le storie delle donne ammalate

Ci sono passate in tante donne. In tante hanno affrontato e ancora combattono un male che minaccia la femminilità. E che può compromettere la possibilità di concepire un bambino. Ma solo in poche riescono a discuterne apertamente. Lo ha fatto l’americana Lena Dunham, protagonista della serie tv Girls sulla sua rivista online Lenny, che si occupa di temi femminili. Ha raccontato la sofferenza, ha denunciato i medici che non l’hanno capita e che hanno scambiato la sua endometriosi per colite. Il coming out dell’attrice ha commosso il mondo. E sul suo esempio molte donne stanno trovando il coraggio di parlare, anche in Italia. Noi stiamo raccogliendo le loro testimonianze.

Se soffrite anche voi di endometriosi e ve la sentite di condividere la vostra esperienza, scriveteci via mail (possibilmente includendo una vostra foto) all’indirizzo [email protected].

Oppure andate sulla pagina Facebook di Donna Moderna e scrivete un messaggio privato. 

Vi pubblicheremo qui, insieme alle storie delle donne che ci hanno già contattato.

Mondadori Portfolio
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Monica Santagostini, architetto, di Milano: «Non ho più paura del mio corpo»

«Fin da piccole, a noi femmine viene detto che non dobbiamo lamentarci dei dolori del ciclo. Io, però, da ragazzina ho provato quelli lancinanti che mi hanno strappato la spensieratezza, la libertà di fare sport e di uscire con gli amici. «La diagnosi di endometriosi è arrivata solo quando avevo 30 anni: dopo un primo intervento molto complesso, sono rimasta incinta. Si dice che questa malattia metta a rischio la fertilità. Io sono stata fortunata: dopo un’altra operazione, ho avuto un secondo figlio, fortemente voluto. Via via, ho imparato a non temere il corpo, ho vissuto le mie 2 maternità come un miracolo che mi ha fatto sentire desiderosa di restituire agli altri la goioa ricevuta.

Per questo ho fondato Aendo, un’associazione che supporta le donne con endometriosi e fa corsi nelle scuole per far conoscere la malattia. Parlare in pubblico del problema serve anche affinché si investa di più nella ricerca. Da libera professionista, io posso permettermi di non lavorare quando sto a letto per i dolori atroci. Molte impiegate, invece, vengono licenziate per le troppe assenze. Le ragazze poi, non sanno che una certa terapia ormonale va bene per alcune fasi della vita, poi risulta inefficace. Ecco perché è importante fare rete con altre donne malate, informarsi sulle nuove cure e affidarsi a ginecologi specialisti. Per non sentirsi sole, condannate a una sofferenza ineluttabile».

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Silvia Strippoli, impiegata in una multinazionale, di Bari: «Ho un nuovo compagno e aspetto un bambino»

«Per curarmi spendo tantissimi soldi in visite, esami, farmaci. Lo Stato non ci riconosce alcuna agevolazione economica o esenzione dal ticket. Ogni mattina, quando mi sveglio, ho paura delle recidive che possono essere “silenziose”. Come è stato per me l’arrivo dell’endometriosi: senza dolori. Sì, nel mio caso i medici hanno scoperto la malattia quando nel 2010 sono stata operata di cisti ovarica. Prima non avevo avuto altri sintomi, l’unico segnale semmai era stato il mio ombelico sanguinante, liquidato alla svelta come “nulla di grave”.

La diagnosi è arrivata quando la malattia aveva già danneggiato ovaie, retto, tube e ombelico. Dopo l’intervento, ho iniziato la terapia ormonale. Ma ero angosciata, non riuscivo ad accettare il rischio di infertilità, mi sentivo svuotata. La conseguenza è stata inevitabile: il mio matrimonio, in crisi da un po’, non ha retto. Però non mi sono arresa, ho cercato di andare avanti. Così ho incontrato Giovanni, l’uomo che chiunque vorrebbe accanto. Lui mi ha capita, mi è sempre stato vicino. Insieme abbiamo affrontato 4 tentativi di procreazione assistita. Adesso sono al sesto mese di gravidanza e penso di aver vinto contro una malattia che si infiltra in modo imprevedibile nel corpo e nella coppia. Per questo motivo, alle ragazze che sospettano di avere l’endometriosi, dico: non fidatevi solo del dolore come sintomo. E non fermatevi al primo ginecologo, cercate un vero esperto».

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Maria Grazia Pani, cantante lirica, di Monopoli (Ba): «Coltivo la passione per il canto»

«Quando ero bambina, la malattia mi teneva 7 giorni al mese lontano da scuola e centinaia di volte dentro un pronto soccorso: a 12 anni mi hanno pure chiesto se ero incinta perché avevo dolori inspiegabili, simili al travaglio. Ricordo che per sopportare il ciclo mestruale mi prescrivevano analgesici: senza, avrei potuto sbattere la testa contro il muro dalla disperazione. Che tutta quella sofferenza dipendesse dall’endometriosi l’ho scoperto dopo 20 anni, a 32. Avevo dei dolori lancinanti e i medici sono stati costretti a operarmi per capire il perché.

Purtroppo, il mio corpo era già devastato dalla malattia: mi hanno tolto parte dell’intestino e del retto, l’utero e le ovaie. Poi, con la cura ormonale, sono ingrassata. È stato un periodo molto duro: ero persa nella tristezza, non riuscivo più a dare un senso alla mia femminilità, ho divorziato. Solo grazie ai miei genitori e con l’aiuto della psicoterapia ho iniziato a rifarmi una vita. A salvarmi davvero, però, è stato il canto, l’unica passione capace di farmi dimenticare il dolore. Certo, ho rinunciato alla carriera da soprano perché quando stavo male dovevo annullare tanti concerti. Ma riesco a godermi la mia musica quando insegno. E, adesso che ho meno dolori, posso investire le mie energie per far conoscere questa malattia, vista ancora da tanti come tabù. Un tempo avrei denunciato i medici che non mi hanno capita, oggi so che alle donne serve altro: informazione, prevenzione, il coraggio di parlare. Come dice la scrittrice inglese Emily Dickinson, “se potrò impedire a un cuore di spezzarsi, non avrò vissuto invano”».


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Nunzia Cavalli: «Ho sofferto troppo per pensare di avere un figlio»

«Mi vengono le lacrime perché finalmente qualcuno parla di endometriosi. Sono Nunzia. Ho passato tutta la mia vita a combattere questa malattia, a cercare di farmi capire da qualcuno. Ho 37 anni e da quando avevo 10 anni ho capito che non ero proprio come le altre. Quando da ragazze ci si raccontava com’era il ciclo mestruale io non avevo il coraggio di dire cosa succedeva a me. Sembravo fuori dal mondo. Mi dicevo beh, magari sei tu che esageri… ma più il tempo passava più il dolore si faceva sentire. Durante il ciclo avevo contrazioni e dolori atroci e nulla riusciva a farmelo passare. Cinque giorni interminabili di dolore e lacrime.

Andai da una ginecologa con la speranza di capire cosa avevo e questa dopo vari accertamenti mi disse che era una malattia psicologica. Le ho creduto. Ma andando avanti il dolore era troppo forte per essere psicologico. Lavoravo pensando di svenire da un momento all’altro (sono parrucchiera) ma non potevo permettermi di stare a casa, sono autonoma. Decido allora di sentire un altro parere: questa dottoressa quando le spiego i sintomi mi dice : “ma lei ha una malattia e si chiama endometriosi“. E tra me dico: meno male non sono pazza! Cerchiamo di curarla, ovviamente l’unico sistema era la pillola.

Ho tirato avanti un bel po’ di anni e sembrava quasi stessi meglio. Ma era lì dietro l’angolo. Ad agosto 2010 il ciclo mi convince a cambiare qualcosa. Stavo male da morire, ho preso 9 antidolorifici in una volta e ho pensato di morire: ho detto a mio marito di togliere i coltelli dalla cucina perché se fossi riuscita ad arrivare fin là mi sarei fatta molto male. Torno dalla dottoressa e le dico che se non mi opera avrei trovato un macellaio per farlo fare a lui. Si convince. A novembre del 2010 la laparoscopia, pensavo di risolvere qualcosa ero felice. Quando mi svegliai dall’anestesia sentii quel maledetto dolore ancora li; il mondo mi cade addosso. La dottoressa mi guarda e con le lacrime agli occhi mi dice: io non posso fare nulla per te. Non ho mai visto una cosa così, se ti metto le mani addosso potrei farti molti danni. Non capivo se parlava con me…ero disperata….mi dice che c’era un solo posto dove potevano curarmi. Mi prese appuntamento lei. 

A febbraio 2011 vado da un nuovo ginecologo e quando mi chiese di spiegargli tutto raccontai tutta la mia storia e alla fine dissi: “sa dottore io ho molto dolore”. Mi guardò è mi rispose:”lo so”. Mi misi a piangere, per la prima volta qualcuno mi credeva ! Bene, un anno dopo ho fatto l”intervento: 5 ore. La malattia aveva fatto danni all’intestino, alla vescica, agli ureteri, ai nervi. Ma quando mi svegliai dall’anestesia non sentivo più quel male. Finalmente lo avevo eliminato. Da lì fino al 2015 ho fatto altri 7 interventi tutti per gli effetti collaterali della malattia. Plastiche all’uretere, poi il rene ci ha abbandonati, ho messo l’elettrostimolatore sacrale per la vescica e il dolore alla gamba. Ma sto bene e ho ricominciato a vivere a 33 anni. Non ho figli, potrei averli “chimicamente ” ma non ne ho nessuna intenzione. Ho sofferto troppo per questa malattia e non ho più voglia di combattere. Sono egoista ma ora che ho la mia nuova vita voglio godermela. Magari un giorno mi pentiro’, pazienza.

Il dolore fisico e psicologico è qualcosa di indescrivibile da sopportare, e noi che siamo passate da questa esperienza sicuramente abbiamo imparato molto dalla sofferenza. Mi dicono sempre ma tu sei forte. Lo diventi a furia di sentirti dire che sei matta. Ma alla fine avevi ragione e meno male che sei una donna e sei nata per forza testarda e sei arrivata in fondo. Per questo pensando a tutte quelle donne che stanno attraversando questa cosa dico: non mollate, combattete e non ascoltate chi vi dice” non è vero”. Cambiate, andate da un’altra parte, insistete, non è normale soffrire così tanto. E finalmente se ne parla. Grazie»


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Laura Loprevite: «Anche solo scrivere la mia storia mi fa stare meglio. Sfogarsi per noi ammalate è importante»

«Mi chiamo Laura, ho 25 anni e soffro di endometriosi. Il mio calvario è cominciato due anni fa con un dolore e bruciore alla schiena. Ho cominciato ad andare da diversi medici per avere una diagnosi. “Mettiti questo cerotto, vai in piscina e ti passerà” mi dicevano. Nessuno mi credeva quando gli spiegavo quanto fosse forte e lacerante il dolore.

All’epoca andavo ancora all’università, sono dovura rientrare a casa dei miei genitori e rimanere a letto perché cominciavo a non camminare bene e il dolore cresceva. Qualcuno ha cominciato a credermi, perché il dolore era visibile per via del camminar male, così mi sono sottoposta ad una serie infinita di esami che risultavano sempre tutti negativi. I neurochirurghi mi hanno presentato le svariate malattie che potevo avere, ma dopo ogni risultato negativo man mano venivano tutte escluse.

Intanto avevo perdite di sangue al di fuori della normale mestruazione, si era formata una cisti che provocava queste perdite e dolori addominali. Sono passati sei mesi in questo stato. Sei mesi di dolori lancinanti, sei mesi di antidolorifici e antiepilettici. La notte mi svegliavo con dolori inspiegabili all’addome, ma una volta era renella, un’altra era colite. Peraltro era sempre tutto riconducibile all’ansia e allo stress. Ad un certo punto pensavano tutti che i dolori fossero solo nella mia testa.

Ho cominciato la pillola anticoncezionale, sono stata meglio, ho fatto fisioterapia. Sembrava essersi risolto tutto per il meglio, il dolore alla schiena era quasi passato, mestrazioni regolari e poco dolorose. Era il bacino ruotato che aveva provocato quei dolori intensi, oppure i dolori intensi hanno fatto ruotare il bacino, mi è stato detto. I dolori sono diminuiti ma non sono passati mai del tutto. Intanto studio, mi laureo, preparo gli esami di stato. Un bel giorno, quattro giorni prima della prima prova, ho un’emorragia, ma ovviamente nessuno crede ai miei dolori, è l’ansia pre-esame, e io mi sentivo morire. Dopo due giorni che vado avanti e indietro da ospedali e cliniche, una dottoressa al pronto soccorso capisce che qualcosa non andava, si era formata una sacca di sangue che pressava gli organi adiacenti. Da allora ogni mestruazione e ovulazione era uno strazio, correvo sempre al pronto soccorso dove mi dicevano sempre le stesse cose, stress, intestino irritato, renella, ormai mi ero abituata alle stupidate che dicevano, ma almeno mi facevano una flebo di antidolorifico.

Dopo poco ho scoperto di avere l’endometriosi, diagnosticata in un centro specializzato. Il medico mi disse che ero stata fortunata (fortunata, ma è pazzo?) perché essendo tra i rari casi di donne affette da endometriosi che non soffrono di dolori mestruali, se non fosse stato per l’episodio dell’emorragia l’avrei scoperta troppo tardi. Ero felice, o quanto meno pensavo di esserlo. Finalmente i miei dolori avevano un nome, un nome di una malattia senza cure, che comprende stanchezza cronica, terapia ormonale a vita e dolori cronici. Evvai! Poi devi far convivere la malattia con il posto di lavoro, se lo trovi, visto che in Calabria trovare lavoro è un miraggio. E devo convivere con le persone che ogni giorno mi dicono “Visto che hai una laurea in Ingegneria spostati, così lo trovi il lavoro”. Tutti a giudicare la tua vita e le tue scelte, senza sapere quanto sono sofferte.

Ogni donna affetta da endometriosi ha una storia tutta sua, degna di essere raccontata e piena di momenti bui. Questa donna ha imparato a fingere e a soffrire in silenzio perché la società non ha intenzione di ascoltarla, perché se parli, se racconti, se esprimi il tuo dolore sei solo stressata, fai la “vittima”, e quindi “ma ti fa ancora male?”, “perché non vuoi mai uscire?”. Per non parlare della solita domanda “Ma figli ne puoi avere?”. Perché mentre crepi dal dolore ti domandano se puoi avere figli, e non come stai?

Mi chiamo Laura, ho 25 anni e soffro di endometriosi. La strada per stare bene è ancora lunga, e il percorso è arduo, ma l’amore dei miei otto gatti e delle persone care mi dà la forza di andare avanti. Cercherò di far conoscere questa malattia subdola il più possibile, perché ne soffrono tante donne senza saperlo, perché è terribile veder sminuito il proprio dolore e non esser creduta».


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Ilenia Pirrone: «Sono riuscita ad avere mio figlio. E vi dico: non mollate mai!»

«Sono una mamma felice di un bambino di 6 anni, ma prima di avere lui credevo che i miracoli non esistessero. Dico questo perché dall’età di 15 anni prendo la pillola anticoncezionale per tenere a bada un piccolo problema che invece poi tanto piccolo non è. Dopo uno sviluppo precoce, con dolori atroci in fase mestruale e un flusso super abbondante, nel 2004 mi viene diagnosticata una patologia che credevo fosse solo mia e che poi col tempo ho scoperto comune a tantissime donne: l’endometriosi.

Non sapevo bene di cosa si trattasse e così ho cominciato a cercare e a documentarmi. Nel 2005 ho subito una prima laparoscopia esplorativa dove è stata rimossa la parte malata e una parte di ovaio. Allora nn avevo intenzione di avere figli, non ero nemmeno sposata. Il dramma è iniziato quando cercavo quella gravidanza che però non arrivava… Ho girato mille specialisti, visite private, tutte per sentirmi dire: lei non potrà avere figli se prima non farà un altro intervento.

Panico totale! Ma poi dopo 2 aborti è arrivato mio figlio. Non è stata facile la mia gravidanza ma per fortuna ora ne parlo: sono stata 5 mesi a letto e ho fatto 3 mesi di punture per non abortire ancora, ma poi lui è venuto al mondo e la nostra gioia nn si può nemmeno descrivere. Dopo il parto ho fatto entra ed esci dagli ospedali, avevo sempre la febbre e mestruazioni continue. Morale della favola: endometrite! Ho iniziato a prendere la pillola e l’ho presa per diversi anni fino a quando io e mio marito non abbiamo provato ad avere un secondo figlio, ma niente…. la mia patologia ha vinto un’altra volta e ora mi rispedisce sotto i ferri. È cresciuta e si è impossessata di me .ma nonostante questo sono felice e il messaggio che voglio dare è quello di non perdere mai la speranza

L’endometriosi non ci abbandona mai ma dobbiamo sempre affrontarla, anche se siamo sole e chi non vive le nostre esperienze non può comprendere. Ci mette ko, ci toglie le speranze ma noi non molliamo: mai!»


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Claudia Gatti: «Non è un tumore, per questo la gente non capisce»

«Abito in provincia di Brescia e ho 27 anni. Finalmente, dopo anni di dolore, ho dato un nome a questa bestia dell’endometriosi. Talvolta mi sento totalmente estranea a questo mondo, totalmente incompresa dalle persone che ho accanto. E non parlo, ovviamente, delle persone a me care ma della gente comune, dei colleghi, dei conoscenti e via dicendo.

Ho sempre sofferto di dismenorrea, ancora dai tempi della scuola media. Ricordo ancora quante volte ho dovuto chiamare mia mamma o mio nonno che, prontamente, mi venivano a prendere a scuola. Dovevo saltare le lezioni per qualche giorno perché ero letteralmente piegata dal dolore. Ricordo quante estati non potevo andare all’oratorio perché il male sopraggiungeva quando meno me l’aspettavo e l’accoppiata caldo/ciclo mestruale doloroso era micidiale. Non pensavo tutto questo fosse dovuto ad una malattia. Fin da bambina, sai che devi soffrire per le mestruazioni… o così ti fanno credere.

All’età di 15/16 anni cominciai ad avere sempre più problemi. Ciclo sempre doloroso, stitichezza alternata ad episodi di diarrea fino ad andare 6/7 volte alla toilette. Molte volte dovevo stare in casa e non potevo uscire con le mie amiche perché, appunto, stavo male. Non mi hanno mai giudicata, per fortuna… anzi, erano sempre pronte per venirmi a trovare. Man mano crescevo, cominciai a lamentare dolore anche dopo i rapporti. Ricordo ancora le parole dei ginecologi; sì, perché non è stato solo uno, ne ho cambiati 4 e la “soluzione” era sempre la stessa. “Claudia, soffre di stitichezza?” “Sì, spesso” “Allora è per questo motivo che ha dolore durante e dopo i rapporti, è normale se non si scarica”. Molto semplicemente mi ero rassegnata, la diagnosi era questa e me la dovevo tenere.

Nel 2013 ho conosciuto il mio attuale compagno. Ovviamente ciò che accadeva, per me, era del tutto normale. Avevamo una vita sessuale molto attiva, una cosa di cui ci siamo sempre vantati… questo perché non si limitava al semplice atto ma c’era tutto il resto: coinvolgimento, passione, confidenze… ci si parlava. Insomma, era veramente perfetta, ci completavamo. Col passare dei mesi, però, altri sintomi cominciarono ad arrivare: cistite sempre più frequente ed i dolori cominciarono anche durante i rapporti. Decisi quindi di rivolgermi ad un altro ginecologo, l’ennesimo. Durante il colloquio gli esposi tutti i miei problemi ed allora mi disse: “le prescrivo una risonanza…vorrei escludere l’Endometriosi”. Restai di sasso, non capivo cosa fosse…e tac, dopo la risonanza ecco il verdetto: presenza di endometriosi. Iniziai a fare ricerche e cominciai ad avere timore…da una parte mi sentivo sollevata, avevo dato un nome al mio problema. Decisi di rivolgermi ad un centro specializzato dove mi misi in lista per l’intervento.

L’anno 2015 è stato il peggiore, un incubo…per me e per il mio compagno. A gennaio 2016 sono stata operata, a distanza di un anno e qualche mese posso dire di stare finalmente bene! Fisicamente non posso di certo lamentarmi, psicologicamente mi sto ancora trascinando dei problemi… non è facile, l’intimità con il mio compagno è tragicamente peggiorata ed è una cosa che ci fa soffrire. Stiamo cercando comunque di recuperare, io ci provo. Talvolta, quando parlo di questa malattia, percepisco un certo senso di disdegno. Sembra quasi che non sia nulla. E’ vero, non sarà un tumore ma non è comunque una malattia facile da sopportare. Ti invalida e ti azzera, come donna soprattutto. Ti senti sminuita… soprattutto quando ne parli. Il brutto è che almeno le altre donne dovrebbero capire invece, talvolta, mi guardano come se stessi esagerando. Quando provo a parlarne perché credo che tutti debbano conoscere questa malattia, mi sento ridicola… come se non contassi nulla perché sto dicendo castronerie. Per fortuna ho una compagno presente, sempre. Non mi lascia mai sola, mi è sempre stato accanto e non mi ha mai mancato di rispetto nemmeno ora che fatico ad essere presente sessualmente. Lo ringrazio e lo ringrazierò a vita. E’ proprio vero che le persone vere e care le senti al momento del bisogno, io posso contarle sulle dita delle mie mani. E qui mi fermo».


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Stefania Degosciu: «Sono rimasta incinta e vi dico di non arrendervi mai!»

«Mi chiamo Stefania e ho 29 anni. Sono incinta all’ottavo mese di gravidanza. Questa lettera vuole essere un grido di speranza per tutte le donne che, come me, hanno scoperto di essere affette da endometriosi.

Ricordo ancora il primo giorno in cui, all’età di dodici anni, mi ritrovai con delle perdite marroni e un pò di paura nel diventare grande. Ricordo tutti i cicli successivi. Sembra strano lo so ma il dolore è difficile da dimenticare. Il periodo dell’ovulazione era per me un disastroso appuntamento mensile al quale non potevo sottrarmi. Ricordo ancora tutte le volte in cui mi contorcevo dal dolore. Se dovessi descriverlo a parole direi senza ombra di dubbio che era come se qualcuno mi strappasse a brandelli le viscere. Ricordo mia madre che mi aiutava a sdraiarmi e mi portava subito quell’antidolorifico con retrogusto di anice. Ricordo le mie amiche che non capivano tutto questo dolore. Ricordo le lacrime che mi disegnavano il volto e le tante domande. La risposta però era sempre la stessa: “Stefania su, non abbatterti.. è normale soffrire in quei giorni lì”.

Sono cresciuta con la convinzione che sì, era normale convivere con quel dolore. Era normale non poter fare educazione fisica in qui giorni  lì. Era normale non riuscire a piegarsi dal mal di schiena, neanche per allacciare le scarpe. A vent’anni ho conosciuto quello  che è diventato il mio compagno di vita. A vent’anni mi è stata prescritta la pillola come contraccettivo. I dolori mestruali sembravano spariti. Era incredibile. Il mio ciclo corto, che durava massimo quattro giorni, caratterizzato da perdite color cioccolato, si era improvvisamente allungato. Ero così felice.

Dopo 8 mesi però inizio a vedere che c’era qualcosa che non andava. La pillola mi stava dando degli spiacevoli effetti collaterali. Decido di interromperla. Il mio ciclo scompare per 3 lunghi mesi. L’amenorrea momentanea può dipendere dal forte stress. E sì, ero parecchio stressata quel periodo. Non gli dò comunque molto peso. Riappare verso ottobre. Era regolare e indolore. Mi abituo a questo ritrovato benessere! Decido di riprendere la pillola dopo circa un anno. Dalla visita ginecologica il mio apparato riproduttivo è perfetto. Chiedo che mi venga prescritta la più leggera in commercio. Resisto per sei mesi ma mi rendo conto che Sì, c’è qualcosa che non va.

A me la pillola fa proprio male. La butto via. Gli anni intanto passano. I dolori mestruali si ripresentano presto. E insieme a quelli inizio ad avere dolori lancinanti durante i rapporti. Il mio compagno è sempre lo stesso. Ci conosciamo bene ormai e ci amiamo tanto. Ricordo il grido di dolore di quella sera e il suo sguardo impaurito. Cosa ci stava succedendo? Perché soffrivo così? Nel 2013 contatto un nuovo ginecologo. Dopo un’accurata visita dalla quale non compare niente di anomalo il medico mi guarda e fa:” forse signorina ha dei problemi con il suo partner.. forse dovrebbe indagare dentro di se e capire se c’è qualcosa che non va tra di voi”. Torno a casa con un nuovo, pesante fardello sulle spalle.

L’anno che seguirà sarà difficile da affrontare.  I dolori aumentano. Sono quasi insopportabili ed io non riesco a trovare pace. Il mio compagno, nonostante l’amara sentenza ricevuta dal “luminare” in materia, continua a starmi accanto. A gennaio 2015 sento che c’è davvero qualcosa che non va. Fisso un altro appuntamento. Questa volta con una ginecologa. Durante la visita salto sul lettino dal dolore.. ” la prego si fermi, mi sta facendo malissimo”. Lei guarda il monitor. Sembra tutto pulito ma io continuo a dimenarmi. Mi guarda e con gentilezza mi dice che posso rivestirmi! ” Signorina stia tranquilla, sicuramente non è quello ma potrebbe essere.. intanto le prescrivo un integratore, tra 20 giorni ci risentiamo a vediamo come va”. “Non è quello cosa dottoressa? Cosa non è ma potrebbe essere?” “Endometriosi: microfocolai grandi quanto un grano di miglio.. ” Io perplessa me ne torno a casa con un’ipotetica diagnosi della quale non ricordavo nemmeno il nome. Endo che? Mia madre mi apre gli occhi. Capisco che non è una cosa da sottovalutare e inizio ad informarmi.

Arrivo a Milano, in un centro privato. Mi visita un Professore che opera e fa ricerca. Un uomo tutto d’un pezzo, freddo e diretto. Gli basta poco per individuare il focolaio che mi fa impazzire. ” Signorina lei ha l‘endometriosi“. Decido di farmi operare. Il 16 settembre 2015 vengo portata in una fredda sala operatoria. Vengo ripulita per bene. Ricordo perfettamente ogni singolo istante. La mia pancia urlava dolore ma io ero felice. Sentivo dentro di me di aver fatto la cosa giusta. Dopo 2 giorni vengo dimessa. Torno a casa. La clinica a Roma era lontana dalla mia amata Sardegna. Molti mi dicono che dovrei farmi operare nella mia terra. Ma no, ormai ho deciso. E il tempo mi ha dato ragione.

Due mesi dopo l’intervento Sono di nuovo in piedi, pronta ad affrontare la mia quotidianità. Pian piano mi riapprioprio di tutto. Il mio corpo si rimette. È l’anima che deve ancora accettare e guarire. Lavoro molto su me stessa. Mi metto a dieta. Inizio a correre e ritrovo la serenità. I dolori sono quasi del tutto spariti. Ma c’è sempre la paura. Quella rimane. Persiste e sale proprio da lì, arriva dalle viscere. Inizio a fare yoga, meditazione. Tutto mi aiuta a ritrovare il centro. A novembre 2016 la seconda visita di controllo annuale. Sono pulita. Non ho mai fatto cure ormonali post operatorie. Non posso. Ho una mutazione genetica scoperta grazie al mio Professore, colui che mi ha operato permettendomi di ritornare alla vita e dandomi tanta speranza!

A fine febbraio 2017 il test comprato per scherzo da una collega di lavoro mi dice che “sono incinta“. Non ci credo. È bastato così poco? Qualche rapporto non protetto ed è successo!  Piango di incredula felicità! Ho tanta, tantissima paura di tutto. Ma sono felice. Una nuova avventura. Forse la più bella di tutta la vita!

Questa testimonianza spero servirà a tutte coloro che si sono sentite come me, perse tra dolori lancinanti e diagnosi sbagliate. Non è sempre facile. Lo so bene. Ma non arrendetevi mai! Affidatevi a specialisti che conoscono la patologia. Non tutti sono esperti. Prendetevi cura di voi. Mangiate sano, praticate sport, amatevi e ascoltatevi. Siamo tante, troppe donne che soffrono in silenzio. È ora di parlare. Senza vergogna. È un dovere che abbiamo nei confronti di noi stesse. L’informazione è fondamentale! E credetemi, il tempo, ci darà ragione!».

Le associazioni che aiutano

Sono tante le donne che soffrono di endometriosi e che organizzano gruppi di auto-aiuto in cui possono incontrare e sostenere altre pazienti. Trovi i più vicini a te sui siti di Ape e Arianne.

Queste associazioni offrono diverse guide pratiche sulla malattia: da quella con i migliori centri di cura a quella sulla dieta da seguire. E finanziano la ricerca scientifica attraverso la raccolta fondi.

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