Perché la proposta di legge sulla parità salariale è importante

Approvata alla Commissione Lavoro e Pari Opportunità del Lazio, ora la proposta di legge passerà all’aula. Qui la sua promotrice Eleonora Mattia ci spiega perché è necessaria

Lo scorso 22 marzo è stata approvata in IX Commissione Lavoro e Pari Opportunità la proposta di legge regionale sulla parità salariale, il sostegno all’occupazione stabile e l’imprenditoria femminile e la valorizzazione delle competenze delle donne. Fortemente voluta da Eleonora Mattia, presidente della Commissione in Consiglio Regionale e prima firmataria, la proposta vuole mettere in campo strumenti concreti per affrontare una situazione aggravata dalla pandemia, ovvero quel gap nella retribuzione che storicamente penalizza le donne. Le donne, infatti, soffrono di più la crisi perché vivono una situazione di disparità strutturale data da un’occupazione più precaria e un sovraccarico di lavoro di cura che si somma all’annoso tema del divario retributivo, dai salari alle pensioni.

Gender gap alto nelle libere professioni

Se la contrattazione collettiva e i minimi retributivi contengono, almeno formalmente, il gap nel lavoro subordinato, la situazione è allarmante per le libere professioniste che guadagnano fino al 45% in meno dei colleghi uomini. Secondo l’ultimo rapporto Adepp, per esempio, se un medico nel Lazio dichiara un reddito di 52 mila euro annui, per le colleghe il dato si ferma a 35 mila; invece un’avvocata guadagna circa 27 mila euro l’anno contro i 65 mila dei colleghi uomini, il 41% in meno. Solo nel Lazio 1 donna su 2 ancora non lavora (52,1%) e nell’ultimo anno, secondo i dati Eures e Istat, l’occupazione femminile è scesa del 3,1% contro l’1,1% degli uomini, 33 mila unità perse su un totale di 44 mila posti in meno. Qui Eleonora Mattia ci spiega perché l’approvazione della proposta di legge in Lazio potrebbe fare da apripista a livello nazionale su una questione che è prioritaria.

Fondi per formazione e sostegno alle imprenditrici

Conosciamo bene il problema della disparità salariale tra uomini e donne: ci spiega come questa proposta di legge vuole affrontare la questione?

Con questa legge – prima in Italia – ci occupiamo di gender gap nel mondo del lavoro a 360 gradi, non limitandoci a mettere nero su bianco il problema, ma proponendo soluzioni concrete in termini di politiche attive del lavoro e incentivi, con un’importante dotazione finanziaria di 7,6 milioni di euro nel prossimo triennio. Partiamo dal sostegno all’occupazione femminile, stabile e di qualità, con l’istituzione del Registro delle imprese virtuose che, insieme al potenziamento dell’Osservatorio regionale pari opportunità, contribuisce alla trasparenza e alla condivisione delle buone pratiche, ma soprattutto mappa le imprese che si distinguono per una cultura aziendale paritaria e rappresenta la base per un sistema di premialità anche negli appalti di competenza regionale. Abbiamo poi previsto 1 milione e mezzo di fondi per sostenere le MPMI [micro, piccole e medie imprese, ndr] che assumono donne a tempo indeterminato. E ancora, uno sportello donna in tutti i centri per l’impiego per l’orientamento professionale e focus sulla formazione in percorsi altamente specializzanti quindi materie STEM, educazione finanziaria e digitale. È previsto, inoltre, un fondo per il microcredito di emergenza e 2 milioni e mezzo destinati al sostegno dell’imprenditoria femminile. Abbiamo dedicato attenzione anche al fenomeno dell’abbandono lavorativo: contrasto alle molestie sul lavoro e revoca dei benefici per le aziende condannate per licenziamenti illegittimi, ma anche misure di inserimento lavorativo delle donne disabili o prese in carico dalla rete dei centri antiviolenza della Regione. Insomma, una legge davvero trasversale e ambiziosa. 

Bonus per babysitting, caregiving e neo papà

Il crollo dell’occupazione femminile è una pandemia nella pandemia e i dati italiani sono particolarmente sconfortanti. Come la nuova proposta di legge del Lazio può fare da apripista a livello nazionale?

Tutti i dati ci mostrano come a soffrire maggiormente degli effetti della pandemia siano state le donne e questo fenomeno mette in luce un problema strutturale dell’occupazione femminile nel nostro Paese. Le donne, infatti, sono impiegate soprattutto nei settori che più di tutti stanno vivendo la crisi, come quello dei servizi e della cura, spesso con contratti che danno poca sicurezza e stabilità e con una percentuale molto alta di ricorso al part-time. C’è poi tutto il tema dei tempi di vita e di lavoro che con il ricorso allo smart working, la didattica a distanza e il sovraccarico di lavoro di cura nei mesi di pandemia, ha raggiunto livelli inaccettabili. La proposta di legge si inserisce in queste contraddizioni, mettendo intanto un accento sull’occupazione stabile e di qualità: non solo le donne devono lavorare – ancora nel Lazio una su due è inoccupata – ma è necessario investire, come prevediamo noi a partire dai centri per l’impiego e dalle università, sulla formazione altamente specializzante per combattere stereotipi e precarietà. Per abbattere i tetti di cristallo puntiamo sulle nuove competenze come il digitale e le discipline tecnico-scientifiche, ma soprattutto supportiamo le donne nel loro percorso di crescita lavorativa. Per questo abbiamo previsto importanti risorse per sostenere l’imprenditoria femminile, ma anche un potenziamento degli strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Non possiamo nascondere che uno dei maggiori limiti delle donne nella sfera lavorativa derivi dal doppio carico di lavoro fuori e dentro casa, con una quota consistente di lavoro non retribuito che grava sulle nostre spalle solo per via delle aspettative sociali. Non solo: maggior numero di permessi, meno ore lavorate, meno straordinari e scatti di carriera. C’è tutto un divario invisibile che nessuna legge potrà colmare se non accompagnata da un adeguato cambio culturale. Noi abbiamo stanziato 2,7 milioni di euro per l’erogazione di buoni destinati all’acquisto di servizi babysitting per gli undici mesi successivi alla fine del congedo obbligatorio (o del congedo parentale se utilizzato), per aiutare le donne a tornare con serenità sul posto di lavoro e non dover scegliere di rimanere a casa perché più conveniente economicamente. Sono previsti anche buoni per compensare l’attività di caregiver, coprendo quindi non solo la cura dei figli, ma anche dei genitori o di familiari non autosufficienti, e infine una norma di cui vado molto orgogliosa: abbiamo previsto dei bonus per i padri che usufruiscono del congedo parentale in alternativa alla madre. Gli uomini del Lazio che decideranno di alternare con le proprie compagne la sospensione del lavoro per prendersi cura dei neonati, saranno premiati. Sono tutti elementi di un quadro più complessivo che tiene conto di fattori materiali e immateriali di un divario trasversale, spesso culturale, che è ormai inaccettabile.

Parità di genere negli organismi regionali

Quali sono, secondo il suo parere, le aree di intervento necessarie per iniziare a smantellare il sistema che produce la situazione in cui ci troviamo?

Credo che ci siano almeno tre aree di intervento prioritario e sono: la formazione, la rappresentanza e la riforma del welfare. L’attenzione sugli strumenti di conciliazione nasce da lontano nel Lazio, dove mi sono battuta per implementare – anche qui, siamo primi in Italia – il sistema integrato di educazione e istruzione 0/6 anni. Non solo perché un sistema di welfare di supporto alle famiglie ha come effetto indiretto il sostegno all’occupazione femminile, ma anche perché investire sui servizi educativi significa mettere al centro i diritti dei bambini e delle bambine fin dalla tenera età, garantendo loro un futuro ambizioso e migliori possibilità di superare marginalità sociali. Su questa legge abbiamo investito circa 48 milioni di euro, a cui si aggiungono i 500 milioni del #NextGenerationLazio. Sul tema della rappresentanza mi soffermo non perché mi appassioni il dibattitto sulle quote, ma perché esiste un problema con le donne nei luoghi di potere e non possiamo negare che questo spesso abbia come conseguenza una visione del mondo parziale. Nella legge abbiamo previsto due tipi di intervento: da una parte l’impegno a garantire l’equilibrio tra i generi nelle nomine e designazioni di competenza regionale, dove nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi; dall’altra, abbiamo previsto delle premialità per i Comuni che rispettano la parità di genere nella composizione delle Giunte comunali, con incentivi e una certificazione di Comune virtuoso. Sono piccole rivoluzioni che servono ad accompagnare una trasformazione culturale quanto mai urgente. Noi facciamo la nostra parte per mettere in campo strumenti concreti e accompagnare questo cambiamento. Lo dobbiamo a tutte le donne che hanno dovuto fare un passo indietro, nel silenzio, per secoli. Per non disturbare. Perché ora invece è il momento di prenderci il nostro spazio e fare rumore.

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