Sì, in America esistono le influencer delle armi

Sono veterane di guerra, cacciatrici, tiratrici sportive. Pubblicano sui social post patinati in cui imbracciano fucili. E, dopo le ultime stragi, fanno discutere. Perché attraverso di loro le aziende belliche aggirano il divieto di pubblicità

Lauren Young, veterana di guerra con 200.000 follower, è seduta su uno sgabello della sua casa in Georgia mentre fa colazione: con la mano sinistra regge una tazza di caffè, con la destra una mitragliatrice. «Ci sono 3 cose di cui non posso fare a meno nella vita: una camicia di flanella, un buon caffè e un M249, nel caso qualcuno volesse togliermi le prime 2». Charissa Littlejohn, quasi 400.000 follower, mamma da poco, ha pubblicato diversi post in cui mostrava i pupazzi da regalare a suo figlio assieme a una pistola: «Non vedo l’ora di insegnargli a sparare!». Sono 2 delle “influencer delle armi”. Donne americane che pubblicano sui social patinatissimi autoscatti in cui imbracciano mitragliatori in costumi da bagno e maneggiano pistole in shorts. In cambio di 100 dollari a post e qualche armamento offerto loro gratis dalle aziende belliche.

Sono il cavallo di Troia piazzato dai produttori di armi nelle timeline di Facebook e Instagram

Pedine preziose ma controverse dopo le 2 stragi in Texas e Ohio, che fra il 3 e il 4 agosto sono costate la vita a più di 30 persone. Perché, paradossalmente, la vendita delle armi si impenna nelle ore seguenti le sparatorie, per almeno 2 motivi. Il primo è il timore degli americani per la propria sicurezza. Il secondo, più forte, è la paura che, in seguito al dibattito che si scatena dopo ogni strage, vengano emanate leggi più restrittive sul possesso e l’acquisto. Per volere di Mark Zuckerberg, sui 2 social sono vietate le inserzioni che promuovono «la vendita o l’uso di armi, munizioni e esplosivi». Perciò i colossi degli armamenti hanno deciso di aggirare la norma affidandosi a queste donne.

Alcune sono cacciatrici, altre veterane, altre tiratrici sportive, quasi tutte conservatrici e fan del presidente Donald Trump. Hanno tra i 50.000 e i 500.000 follower e fanno quello che ai loro “datori di lavoro” non è mai riuscito: rendere le armi cool, anche agli occhi delle donne. «Pistole e fucili non sono più un prodotto maschile» spiega Gianluca Pastori, professore di Storia delle relazioni politiche Nord America- Europa all’università Cattolica di Milano. «Ma un simbolo dell’identità americana che viene declinato anche al femminile».

Le donne sono il 38% dei possessori di armi negli Usa

Comprano la prima pistola a 27 anni (gli uomini a 19) e lo fanno quasi esclusivamente per proteggersi. Per questo, la strategia di marketing portata avanti su Instagram è la continuazione di quella iniziata negli anni ’80 dalla National Rifle Association (allora alla ricerca di nuovi clienti che non fossero solo uomini bianchi) e basata sulla paura delle donne e sul loro bisogno di difendersi dalla violenza.

Liberte Austin, 200.000 follower, racconta di essersi interessata alle armi dopo che alcuni ladri si erano introdotti nella sua casa: «Quando ho iniziato a sparare, ho riguadagnato un senso di potere sulla mia vita». Mentre Antonia Okafor, attivista conservatrice, posa con un mitra eleggendolo a oggetto dell’empowerment femminile: «I diritti delle armi sono i diritti delle donne» scrive. Con loro, in America, il mitra diventa addirittura simbolo del femminismo. Geniali sparate di marketing.

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