Affrontare un pomeriggio al “Mi-Sex”, il Festival dedicato all’erotismo, richiede nervi saldi e larghezza di vedute. Per esempio, come iniziare un serio reportage quando non si riesce a distinguere una pepata hostess da convention da un’autentica promessa dell’hard? In una gazzarra di pepli inguinali e di tette aerodinamiche è difficile evitare la sindrome da “Hollywood party”, sentirsi un’intrusa totale, altro che inviata speciale. Ma poiché la fortuna aiuta i principianti, vengo a scoprire che la biondina che ho arpionato con un patetico: “Scusa, tu che ruolo hai?” è Michelle Ferrari, una stella nascente del porno. Come se non bastasse il terzetto che l’accompagna è composto dal regista Marzio Tangeri (noto nel settore), dalla sua agente Milena Busi (ex pornostar e ora moglie di Tangeri) e dal fidanzato Luca Rinaldi che se la tiene stretta sul set e fuori dal set.
Un quadretto rassicurante, tutto casa e porno. Tangeri con tono filosofico spiega che ha scelto questo lavoro perché “appassionato dell’argomento”; Michelle racconta come ha iniziato la sua carriera, mandando una cassetta amatoriale. Specificando che era già portata di suo, e che con il fidanzato (sempre lo stesso, i trasgressivi sono fedeli) non si era fatta mancare nulla: club privé e scambi di coppia.
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Insomma, senza il talento, nell’hard, come in altri campi, non si va da nessuna parte. Mi illudo di essermi integrata quando parte sul palco principale il primo spettacolo hot: attorno a Morgana, una bassetta con tacchi di venti centimetri e mascherina sul volto, si raduna una folla adorante (oggi le donne sono poche, ma nel weekend arriveranno le coppiette desiderose di imparare). I maschi la guardano come una Venere di Milo, la desiderano come bimbi in attesa della torta preferita. Durante la sua escalation, che vira dal ginnico basic al ginecologico estremo, mi sorprendo a fare due considerazioni di parte (cioè dalla parte delle donne normali). Prima: per diventare pornostar l’ultimo dei requisiti parrebbe l’altezza. Seconda: la cellulite diventa un dettaglio trascurabile quando si focalizza l’attenzione su alcuni particolari anatomici.
E mi domando: perché queste simpatiche signore non organizzano degli stage di recupero per quelle disgraziate che si rovinano l’esistenza per un etto di ciccia in più o per un centimetro di slancio coscia in meno? Ma vengo riportata alla realtà da Massimo, il fotografo, che mi segnala lo stand Sex Sade dove troneggia una ragazza armata di stivaloni con zeppa, frustino multiuso e ghigno imbronciato.
Ovviamente alla mia timida richiesta di una intervista risponde con un secco no. La capisco, poveraccia, da contratto deve esibire il muso duro, guai a scoprire un animo sensibile. Ma non mi pento della mancata socializzazione: nel giro di pochi minuti Miss Scorbutica mette alla gogna un tapino, lo percuote con aggeggi acuminati e lo riempie di calcioni in anfratti delicati.
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Eppure la calca maggiore si raduna attorno ai pali di lap dance: Crystal (una bambola platino attempata) e Jessica (una rossa formato mignon) si scatenano in eloquenti posizioni saffiche. L’orda di fan del ballo lesbo pare non essere interessata ai dati anagrafici dell’una né alla taglia dell’altra: in un delirio di applausi il duo si attorciglia all’ennesima potenza. A questo punto temo di non riuscire a occultare il mio imbarazzo e cammino a passo sostenuto verso lo stand più casto della Fiera, dove svetta il marchio di Playboy.
La ragazza immagine si chiama Veruska: splendidi occhi verdi, tatuaggi ovunque (nella stanza accanto si eseguono piercing e tatuaggi), una quarta di seno agghindata da coniglietti copri-capezzolo. I fratelli Casadei, agenti e licenziatari del marchio Playboy, ci tengono a sottolineare che la fanciulla non c’entra con il mondo dell’hard e che la loro agenzia si occupa di spettacolo. Ringalluzzita, decido di puntare verso lo spazio dell’Edicolaccia, l’edicola più fornita di vhs e dvd porno di Milano.
I titolari mi confermano che il pubblico femminile è in crescita. E differenziano le varie tipologie di clienti: i “mordi e fuggi”, gli orientati a un genere preciso, gli affezionati a una determinata attrice. E citano Fabiana Venturi. Vergognosa confesso di non averla mai sentita nominare. In un battibaleno la scovano e me la presentano. Mi trovo al cospetto di una garbata signora âgè, un sobrio (per la legge della relatività) abito tigrato. Confessa di aver chiuso con i film porno ma di continuare a ricevere centinaia di proposte indecenti, che spaziano dal matrimonio al lavaggio dei piedi. Poi si scusa, deve scappare, l’aspetta l’esibizione dal vivo.
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Passa un quarto d’ora e la ritrovo nuda, sotto le luci quasi perfetta, con mosse trionfali avanza tra i suoi sudditi, la sovrana di uno strano popolo di morti di fame, bava alla bocca e fette di prosciutto sugli occhi. Forse bisognerebbe suggerirlo, a certe casalinghe disperate: perché non frequentare un corso dell’Hard Academy, magari quello dedicato alle aspiranti spogliarelliste? In fondo, per sentirsi giovani, le donne si sottopongono a esperimenti ben più azzardati.
Numeri a luci rosse
Spettacoli hard, nomi d’eccezione e giochi. È questo il biglietto da visita di Mi-Sex, il Festival dell’eros che si è svolto dal 16 al 18 settembre al Centro Congressi Milanofiori di Assago (Mi) e che ogni anno coinvolge 18.000 visitatori. Chi ci va? E quanto “tira” l’industria del porno? 25-30 è
l’età media di chi frequenta queste manifestazioni. «Ma ci sono anche i pensionati» dice Massimo Bonera,
uno degli organizzatori, «e da qualche edizione molte ragazze». 1.400 è il numero di pellicole hard marchiate Italia,
prodotte per la maggior parte all’estero.
Dai 22 ai 40 gli anni delle pornostar italiane. 400 sono i sexy shop presenti nel nostro Paese. Le riviste? «Quelle
made in Italy non esistono più» dice
Angelo Santoro dell’Edicolaccia.
«Ora vanno tantissimo le straniere di importazione. Oppure quelle riservate
agli scambi di coppia». 224 milioni di euro è il fatturato annuo dei video porno.