Lavoro: oggi serve la “contaminazione”

Per contaminazione nel lavoro si intende la capacità di spaziare fra discipline e saperi diversi. È una caratteristica sempre più richiesta, da valorizzare nella formazione e da evidenziare quando si cerca un impiego

Ingegnere e musicista: Edwige Gargiulo, napoletana di nascita e modenese di adozione, è una “contaminata”. Non è una malattia, anzi. Ha unito due passioni apparentemente lontane – la musica e l’ingegneria – e da questo mix si è costruita una professione di nicchia e molto ricercata nel mondo industriale: sound design. Attraverso le competenze ingegneristiche acquisite all’università, Edwige può progettare il suono più efficace per qualunque tipo di prodotto industriale, dal frullatore all’automobile, dall’aspirapolvere all’ascensore. Una cosa non da poco, dato che il marketing basa il successo di un prodotto anche sul suo suono, ad esempio la silenziosità di una lavatrice o il rombo iconico di una moto da strada. Ma questa sua capacità è sorretta da anni e anni di studio della musica che hanno dato a Edwige una consapevolezza profonda del suono e della percezione che suscita. «Esiste un ponte tra la musica, disciplina che appartiene al mondo delle arti, e il mondo fisico dell’ingegneria – conferma Edwige – Percorrerlo significa comporre in una dimensione che basta a spiegare la percezione sonora».

Cosa significa essere contaminati?

Secondo Giulio Xhaet, autore del saggio #Contaminati – connessioni fra discipline, saperi e culture, i contaminati sanno attingere da discipline e culture diverse arricchendo le loro capacità, unicità e possibilità di risultare preziose nel contesto lavorativo: «Sono protagonisti del contemporaneo perché nei territori della contaminazione gli algoritmi e l’intelligenza artificiale si muovono con difficoltà: per questo una persona contaminata è spesso un passo avanti nei progetti e team che devono creare e innovare. L’apprendimento interdisciplinare è la capacità di muoversi orizzontalmente, far transitare la mente da un contesto a un altro. Chiunque può apprendere per propagazione, e un contaminato afferra e assorbe concetti più rapidamente della norma».

Insomma, un po’ come Steve Jobs che deve a un corso di calligrafia piuttosto che a uno di informatica ciò che ha determinato il successo della Apple: il design raffinato, l’eleganza e l’armonia dei caratteri di scrittura, l’attenzione paranoica a ogni minimo dettaglio, anche invisibile. O come Leonardo da Vinci, “contaminato” per eccellenza, che si muoveva muovendosi agilmente fra pittura, ingegneria e architettura.

La iperspecializzazione è meno utile di un tempo

In questi tempi di incertezza (anche lavorativa) essere contaminati porta dei vantaggi. Non a caso Reid Hoffman, fondatore di LinkedIn, ha sempre sottolineato il vantaggio dell’interdisciplinarietà: «Come persona e come professionista oggi devi imparare a risolvere problemi ampi e complessi, e per farlo non puoi interessarti a un’unica disciplina. Perché non cambierà solo il mondo e l’ambiente intorno a te. Cambierai anche tu, che tu lo voglia o no». Insegnamenti che Hoffman ha tratto non da una business school, ma dai giochi da tavolo e dai giochi di ruolo di cui è appassionato.

L’iperspecializzazione ha quindi i giorni contati? Secondo Xhaet non ha più l’importanza che le si attribuiva un tempo: «In contesti a forte tasso di cambiamento non emergono i più bravi nel fare una cosa sola, ma quelli che sanno adattarsi a contesti mutevoli. I migliori iperspecialisti della nostra epoca sono gli algoritmi. Per collaborare con loro e per portare valore aggiunto in un’azienda come nella società, bisogna diventare veri e propri “agenti di contaminazione”.

In che modo le passioni aiutano a “contaminarsi”

Ma allora conviene coltivare tante passioni o sono dei modi per disperdere tempo ed energia? «Potremmo pensare che le passioni extralavorative non abbiano nulla a che fare con la nostra quotidianità professionale» aggiunge Xhaet . «In realtà si riflettono nel modo in cui lavoriamo, ci caratterizzano e rendono unici. Non nel cosa facciamo, ma nel come lo facciamo. Ho conosciuto responsabili delle risorse umane appassionate di sport estremi che riflettevano nel lavoro un’energia esplosiva, architette appassionate di psicologia che riuscivano a empatizzare con i clienti in modo straordinario, insegnanti di letteratura appassionate di matematica che facevano apprendere ai bambini la vita di scrittori e artisti partendo dai “numeri più importanti della loro vita”. Un contaminato trasforma le curiosità in passioni, o addirittura in sane ossessioni».

La contaminazione a scuola

Anche il sistema scolastico dovrebbe proporre, sin dall’infanzia, attività che facilitino la contaminazione dei saperi. Ne è convinta Assia Hassanein, docente di Innovazione sociale e tecnologica: «Serve una formazione ibrida, contaminata, una scuola che sappia unire insieme il codice informatico con il codice umanistico. È necessario un percorso di studi capace di portare gli studenti ad affrontare le vere sfide dell’odierna società complessa e globale. Serve una cultura liceale unita a competenze digitali che abilitino i nostri figli a sviluppare il pensiero critico, l’immaginazione e la capacità di analisi.  Serve poter spaziare fra le discipline ed evitare percorsi con studi con materie “a tenuta stagna”: sappiamo bene che la vita vera non è cosi e i nostri figli dovranno essere l’alternativa alle macchine e all’intelligenza artificiale».

Al momento sono poche le realtà scolastiche italiane che fanno della contaminazione un valore reale. Un po’ perché ancorate ai programmi ministeriali che considerano più importante conoscere a menadito le guerre puniche piuttosto che le cause dei cambiamenti climatici. Un po’ perché la scuola italiana è costantemente a corto di fondi, indispensabili per proporre percorsi che integrino discipline innovative e tradizionali. Emergono un paio di realtà considerate eccellenze: l’H-Farm in Veneto (un network di tre scuole internazionali caratterizzato per la centralità del digitale e dell’inglese trasversali a tutte le altre materie) e l’Istituto Tecnico Ettore Maiorana di Brindisi che si è fatto conoscere in tutta Italia per i suoi progetti innovativi. Assia Hassanein, che insegna all’istituto Don Bosco Borgomanero, in provincia di Novara, ci racconta della piccola rivoluzione che sta portando avanti la scuola in cui insegna: «I ragazzi si creano un bagaglio culturale liceale con le comptenze digitali insieme a quelle di comunicazione, di marketing, di sociologia, di economia, di filosofia, che oggi trovano una declinazione reale a livello professionale nel settore digitale. Per noi la tecnologia è un mezzo da utilizzare per creare e non il fine. Facciamo lezione in un fablab (uno spazio di fabbricazione digitale) e utilizziamo la metodologia del design thinking e il cooperative learning. Le materie sono contaminate (anche a livello temporale) e spesso le lezioni sono in inglese e spagnolo. Aiutiamo i ragazzi a sviluppare un senso critico, a farsi delle domande e a progettare. Lo scopo principale di questo percorso non è solo quello di essere “abilitati” ad usare le nuove tecnologie di fabbricazione digitale o i nuovi strumenti comunicativi, ma è apprendere una metodologia, un nuovo modo di collegare i saperi e creare connessioni nuove… esattamente ciò che le macchine non sanno fare».

Quattro consigli per aumentare la contaminazione nei ragazzi

Anche i genitori oltre alla scuola, possono aiutare i ragazzi a “contaminarsi”. Ecco i consigli di Giulio Xhaet per esporre i più giovani a questo modo di approcciarsi alla conoscenza e aumentare così il loro “quoziente di innovazione”.

  1. Imparare dall’infanzia almeno due lingue: aumenta la varietà interna delle nostre prospettive.
  2. Entrare in contatto diretto con persone di culture diverse, contaminandosi al massimo con usi e costumi di altri luoghi, muovendosi non per analogia ma per differenza culturale: assaggiando le pietanze più “lontane” dalle nostre, scoprendo le abitudini più “strane”, capendone le motivazioni e le origini.
  3. Leggere tanti libri cartacei di genere e autori diversi. La tecnologia-libro è tuttora la più potente per l’apprendimento profondo sul nostro cervello.
  4. Sfruttare Internet per scovare l’inaspettato e l’inatteso. Non rimanete prigionieri nella “bolla” delle vostre conoscenze di quartiere o colleghi: esplorate la rete e contaminate il vostro pensiero con persone straordinarie e lontane, raggiungibili grazie a Internet.
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