Insonnia, la melatonina crea dipendenza?

Si discute dei benefici della melatonina contro l’insonnia e della possibile dipendenza. Ma è davvero così? Lo abbiamo chiesto all’esperto

Di insonnia si è sempre sofferto, ma con la pandemia i disturbi legati al sonno sono aumentati, soprattutto tra le donne. Nonostante la fine dell’emergenza Covid, ancora fino a pochi mesi fa circa 1 italiano adulto su 4 si lamentava di non riuscire a dormire bene o di faticare ad addormentarsi. I dati, forniti dall’Associazione italiana per la medicina del sonno (AIMS), sono confermati anche sui social, dove si discute però in particolare dell’efficacia della melatonina, ossia il primo rimedio a cui fa ricorso chi ha problemi di sonno.

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La melatonina è un ormone molto conosciuto e anche oggetto di studi, ma finito ora al centro dell’attenzione per il possibile rischio di dipendenza. Ma è davvero così? Noi lo abbiamo chiesto al neurologo Pierluigi Innocenti, presidente di ASSIREM, Associazione Scientifica Italiana per la Ricerca e l’EDucazione nella Medicina del Sonno.

La melatonina dà dipendenza?

Sui social l’hashtag #melatoninaddict ha totalizzato 1 milione di visualizzazioni. «Va chiarito che la melatonina non dà dipendenza: è un prodotto sicuro, studiato da tempo e che nel corso degli anni è stato molto apprezzato in caso di disturbi del sonno. Ricordiamo che è un ormone prodotto in modo naturale dall’organismo, ma non è un ipnoinduttore, cioè non è un rimedio contro l’insonnia in senso stretto», chiarisce Innocenti.

Quando serve davvero la melatonina?

«Ciò che va chiarito è che non è la melatonina in sé a far male o a non funzionare, quanto l’uso scorretto che spesso se ne fa, sia in termini di indicazioni sia per le quantità – spiega l’esperto – Considerandola una sostanza naturale, infatti, si pensa di poterne fare un uso qualsiasi, ma non è così. Intanto va chiarito che tutte le società scientifiche, sia negli Stati Uniti che in Europa, non la prevedono nelle linee guida contro l’insonnia. Il primo motivo è che è un regolatore dei ritmi di sonno-veglia, quindi può aiutare solo in certi casi come per il jet-lag: quando ci si sposta di molti fusi orari, infatti, può capitare che si fatichi qualche giorno a recuperare la ritmicità adeguata di alternanza giorno-notte».

La melatonina serve contro l’insonnia?

«Il secondo aspetto riguarda maggiormente le cause più frequenti dell’insonnia, che non hanno a che fare con il fuso orario, ma con l’ansia stessa di non riuscire ad addormentarsi o di dormire male. Da questo punto di vista la melatonina non ha alcuna efficacia. Ci si dovrebbe rivolgere, piuttosto, a un esperto che possa prescrivere farmaci mirati, anche se va chiarito che non esiste un prodotto terapeutico come per esempio nel caso della polmonite», spiega il neurologo. Per questo qualcuno sospetta un effetto dipendenza o un effetto placebo: «Chi fa affidamento sulla melatonina potrebbe temere di non riuscire a dormire senza di essa, un’ansia che di per sé rende più difficile addormentarsi», ha dichiarato Jennifer Martin, presidente del consiglio direttivo dell’American Academy of Sleep Medicine e professore di medicina presso la David Geffen School of Medicine dell’U.C.L.A. «Per esperienza clinica chi ha problemi di insonnia spesso inizia con il fai-da-te dalla melatonina, ma rischia di entrare in un loop mentale per cui, non ottenendo risultati, si fa prendere dalla disperazione e pensa che la situazione sia grave. Per funzionare, come per altre cure, si devono ottenere risultati in pochi giorni», chiarisce Innocenti.

Quanta melatonina serve?

«Un altro consiglio è di non aumentare le dosi in modo autonomo, nella speranza di risolvere il problema», aggiunge l’esperto, che ricorda: «La melatonina ha anche un metabolismo molto veloce, il suo effetto svanisce in poco tempo, quindi non stabilizza la qualità del sonno e non impedisce risvegli notturni». Inoltre in quanto integratore, l’Efsa, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare, spiega che 0,5 mg della sostanza può contribuire «ad alleviare gli effetti del jet lag» e 1 mg può aiutare «alla riduzione del tempo richiesto per prendere sonno». Non importa, dunque, il tipo di formulazione (che sia in gocce, pastiglie o gommose), quanto la quantità. Il rischio, però, è che assumendo melatonina con la speranza di dormire presto e bene, si crei uno «stato di allarme costante, per la preoccupazione che non funzioni, mentre quel che serve è uno stato di abbandono, passivo», suggerisce l’esperto.

La melatonina da sola basta?

«Qualsiasi terapia farmacologica andrebbe associata a percorso psicologico di tipo cognitivo comportamentale, associato a indicazioni su come gestire la giornata e poi il proprio sonno o eventuali risvegli notturni; un percorso che è individuale a dipende anche dal tipo di insonnia – spiega Innocenti – Io ripeto sempre una frase ai miei pazienti che dicono di voler dormire e dovere dormire: ‘Il sonno non si pensa, non si pretende, non si compra, va solo rispettato, sarà lui a prenderti’. Insomma, non c’è una terapia da acquistare in farmacia, ma un percorso che può passare da un integratore o da un farmaco, ma necessita di indicazioni su come vivere la giornata e le fasi preparatorie al sonno, per evitare comportamenti e pensieri che lo ostacolano».

Un esempio può essere quello di non consultare smartphone o tablet prima di andare a letto, dormire in una stanza silenziosa e buia in modo da produrre in modo naturale l’ormone che a sua volta induce sonnolenza, ma anche cercare di svegliarsi e andare a letto ogni giorno alla stessa ora, possibilmente anche nel week end, per non sballare il ciclo sonno-veglia. Può essere utile evitare l’attività fisica alla sera poco prima di coricarsi (andrebbe terminata almeno un’ora e mezza prima di andare a letto) oltre a ridurre la caffeina e l’alcol, concedendosi piuttosto una camomilla o un bagno caldo.

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