Donne unite

Il grande progetto “Donne come noi”: più forti, insieme

E più coraggiose, fiduciose, consapevoli del proprio valore. Sono tantissime le donne che hanno partecipato al percorso di empowerment organizzato dal nostro giornale. Dieci condividono qui la loro esperienza. E ci fanno l’augurio più prezioso per il 2022

In questi ultimi mesi abbiamo compiuto un viaggio speciale. Che con la mente e con il cuore ci ha portato lontano, facendoci condividere pensieri ed esperienze, riflessioni ed emozioni. Donne come noi, il nostro progetto di empowerment femminile, è tornato in campo a Milano, Corsico e San Giuliano Milanese. Abbiamo riportato sul palco lo spettacolo teatrale omonimo, che racconta le storie di donne italiane contemporanee che nella loro vita personale o lavorativa hanno realizzato i propri obiettivi. Con coraggio, competenza, determinazione. Con la capacità di sognare in grande e la voglia di dimostrare che essere donne non è un ostacolo ma un’opportunità.

Non solo: abbiamo coinvolto decine di donne di tutte le età nel workshop guidato dal regista e autore Vittorio Borsari e intitolato Riconoscere il nostro valore e metterlo in campo. Attraverso l’ascolto di storie tratte dalla letteratura o dal mito e la condivisione delle nostre storie personali, abbiamo imparato a conoscere meglio noi stesse e ad ascoltare gli altri, a pensare fuori dagli schemi, a lavorare in squadra e per la squadra.

Un percorso prezioso, che vi raccontiamo qui attraverso le testimonianze di 10 donne che lo hanno condiviso con noi. E ne sono uscite più consapevoli e fiduciose.

Ho condiviso dubbi e paure

Monica, 52 anni: «Nel 2019 ho detto addio al posto fisso che riempiva le mie giornate da 25 anni e sono diventata una libera professionista. Un salto nel vuoto, reso ancora più rischioso dal lockdown. Le paure e le domande senza risposta non sono mancate in questi mesi, così ho partecipato all’incontro attirata dal titolo Donne come noi: volevo condividere il mio stato d’animo con chi poteva capirmi. Ho conosciuto tante che si trovano in un contesto molto simile al mio e ho mantenuto i contatti con loro. Spero che diventeremo compagne di viaggio, e che ci aiuteremo l’un l’altra. Non solo: tra test e racconti ho fatto il punto sul mio percorso professionale. Io mi proponevo come coach e invece ho compreso che preferisco focalizzarmi sulle riorganizzazioni aziendali, tanto che oggi sto seguendo un master sull’argomento».

Donne team
Fare rete
Il progetto è stato realizzato con il sostegno della Fondazione di Comunità
Milano Onlus, in collaborazione con i Centri Milano Donna dei Municipi 2 e 3, i Comuni di Corsico e San Giuliano Milanese, le associazioni Crisi come Opportunità e WeWorld.

Ora sono pronta a nuove sfide

Linda, 34 anni: «Quando si può fare networking, io rispondo sempre all’appello. Ho vissuto sulla mia pelle l’importanza di una rete che ti aiuta quando sono arrivata dall’Uganda, 10 anni fa, e ho dovuto imparare una lingua e una cultura da zero. Oggi mi sento parte di questo Paese, ho 2 figli, un bel lavoro come manager e ho anche lanciato un canale YouTube dove racconto la mia vita italiana. Ma all’inizio è stata dura e ce l’ho fatta proprio perché ho conosciuto donne che mi hanno spronata e hanno creduto in me. Il workshop di Donna Moderna mi ha donato anche uno spunto prezioso: grazie a un test ho potuto riflettere su me stessa in modo più oggettivo e trasparente. Questo mi ha dato una bella scossa e mi ha fatto capire che è tempo di pormi nuove sfide a livello professionale».


«È stato bello poter parlare liberamente dei miei fallimenti. La società tende a farceli cancellare, ma poi loro restano lì, come catene che ci imbrigliano. Invece, è proprio analizzando gli errori fatti che si può ricominciare»


 

Ho scoperto la mia creatività

Manuela, 39 anni: «Lavoro come sorvegliante nei musei di Milano, un impiego che mi piace perché mi permette di stare in mezzo all’arte e alla gente. Però la nuova quotidianità a cui siamo costretti dalla pandemia mi ha spento, appiattito. Quindi ho deciso di partecipare a questa iniziativa perché sentivo il bisogno di impegnarmi. Ho capito come raccontare me stessa e i miei desideri, così posso raggiungere meglio gli obiettivi professionali e instaurare relazioni più serene e costruttive. Alla fine, poi, abbiamo scritto un monologo: mi ha fatto capire che possiamo sempre essere creativi e che posso coltivare questa parte di me. Da allora, cerco di farlo sempre più spesso: scrivo, ragiono su di me e sulle cose in maniera diversa e mi sento più risolta».

Ho ritrovato la fiducia in me

Hilda, 32 anni: «Fiduciosa. È cosi che mi sono sentita alla fine del corso, dopo aver ascoltato tante storie di ragazze che vengono da tutto il mondo e che, come me, spesso sono sole. Sono nata in Africa e mi sono trasferita in Italia da 8 anni per fare la maestra in una scuola internazionale: sono contenta, ma mi mancano gli affetti più cari. Durante il workshop, io e le altre partecipanti ci siamo subito raccontate tanti dettagli delle nostre vite. Ho riflettuto sul fatto che possiamo ispirarci l’una all’altra, senza puntare a modelli irraggiungibili, ma facendo ogni giorno scelte positive e consapevoli. Una consapevolezza che porto nel mio lavoro, perché i miei alunni imparano anche da come mi comporto».

Ho iniziato a darmi tempo

Maria Cristina, 47 anni: «Mi è sempre piaciuto scrivere, mettere su carta emozioni e desideri. Poi, però, la quotidianità mi ha portato altrove, verso un lavoro sicuro come impiegata, verso i piccoli, grandi doveri familiari. E la passione è rimasta nel cassetto più dimenticato. Quando mi hanno parlato di un’iniziativa basata sullo storytelling non ci ho pensato un istante, e sono state le ore più utili degli ultimi mesi. Il test iniziale è stato come una seduta di psicoterapia, perché ho risposto di getto e ho esternato il mio grande difetto: penso agli altri prima che a me. Per esempio, non ho mai elaborato a fondo il lutto per la morte di mia mamma, che è mancata per il Covid. Ora ho iniziato a scriverne, a metabolizzare i miei sentimenti, a prendermi del tempo per me. E va meglio».


«Faccio parte di quella schiera di donne abituate a mettere al primo posto i desideri e i bisogni degli altri. Ho capito che, per essere felice, devo partire da me»


 

Oggi mi sento una vincitrice

Hary, 37 anni: «Ho lasciato tutto per amore: i miei genitori in Perù, una fantastica carriera come giornalista. E ho perso tutto per amore: sono venuta in Italia e l’uomo che ho sposato si è rivelato un violento. Gli abusi sono iniziati il primo giorno e sono finiti solo quando l’ho denunciato e mi sono separata. Non ce l’avrei fatta senza il supporto di due associazioni e ora con loro sto ricostruendo la mia esistenza. Voglio lavorare con le donne che hanno subìto violenze, come me, e il vostro workshop è stato un pezzo fondamentale del mio nuovo puzzle. Per la prima volta ho confessato ciò che mi è successo a persone che non conoscevo: farlo è vitale, perché non ti senti più vittima ma vincitrice».

Mi sono rimessa in gioco

Elisa, 45 anni: «Insegno pittura e ho la fortuna di aver trasformato la mia passione nel mio lavoro. Sono anche la mamma orgogliosa di 2 figlie adolescenti. Proprio questa tranquillità, forse, mi aveva un po’ impigrita. Ho partecipato al corso per fare qualcosa di nuovo, che mi costringesse a mettermi in gioco. È stato utile collaborare con altre persone, cosa nuova per me che sono una battitrice libera. Ho apprezzato molto anche il focus sui tanti modi di presentare se stessi. Sono tornata a casa con un nuovo “metodo”, basato appunto sul racconto, e lo sto mettendo in pratica nella mia professione».

Ho imparato a raccontarmi

Patrizia, 42 anni: «Gli ultimi 5 anni sono stati una specie di discesa agli inferi: è mancata mia mamma, ho avuto una paralisi facciale dovuta allo stress, sono stata licenziata durante la pandemia. E ho perso il bimbo che aspettavo. Un giorno mi sono svegliata così stremata che ho capito che dovevo chiedere aiuto. Mi sono rivolta a una onlus e ho iniziato un percorso per ritrovarmi e ricominciare, fatto di ascolto e orientamento professionale. Il workshop fa parte di questo mio cammino speciale. Il momento più bello? Quando gli esperti ci hanno insegnato a raccontarci, sottolineando le nostre qualità, una competenza fondamentale nel lavoro. Non sono mai stata molto brava a parlare di me, ora ho capito che posso, anzi devo, aprirmi. Perché tutti i punti di vista sono preziosi, anche il mio».

Non ho più paura di sbagliare

Nara, 43 anni: «Se il destino scombina i tuoi piani, rimettiti sui libri… Nel mio caso la sorte ha il volto del Covid, che ha sconvolto il sogno di sempre. Nel dicembre del 2019 sono atterrata a Milano con mio figlio adolescente dal Brasile, dove ho lasciato un impiego in banca che odiavo. Milano doveva essere solo una tappa sulla rotta per Londra, ma la pandemia mi ha bloccata. Non sapevo abbastanza la lingua per trovare un impiego e i risparmi si sono esauriti. Così sono tornata a studiare: italiano, prima di tutto, e poi web marketing. E con la voglia di imparare ho partecipato anche al vostro incontro. La parte più bella? Quando ci hanno spronate a parlare dei momenti bui e dei nostri errori: la società tende a farceli cancellare, a rimuoverli, ma poi loro restano lì, come delle catene che ci imbrigliano. Invece, è proprio analizzando gli sbagli fatti che si può ricominciare».

Adesso riparto da me

Laura, 65 anni: «Non ho mai pensato a me. Ho sussurrato proprio questa frase alla fine del vostro workshop. Ed ero quasi commossa. Faccio parte di quella generazione di donne cresciute all’ombra degli altri, abituate a rimboccarsi le maniche. Prima i soldi che non bastavano mai, poi un figlio disabile e ancora un matrimonio che non aveva più nulla da dire. Da qualche mese avevo capito che non potevo proseguire così, eppure non avevo le forze per cambiare. Ascoltare le testimonianze di donne che hanno ricominciato da zero in un Paese straniero, hanno denunciato un compagno violento o si sono inventate una professione diversa mi ha regalato una carica unica. Ho capito che tutto è possibile e il passo fondamentale è partire da me. Qualche giorno fa ho prenotato la prima seduta dalla psicologa: voglio stare bene, finalmente».

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