Unione civile: che succede ai figli dopo la separazione?

  • 23 10 2018

Il cantante Miguel Bosè e lo scultore valenciano Nacho Palau si sono detti addio, dopo una relazione durata 26 anni e quattro gemelli nati da madre surrogata. In base a quanto dichiarato in tv dal cantante, l’ex coppia avrebbe intenzione di stringere un accordo per “spartirsi” i figli: sembra che i gemelli Diego e Tadeo possano vivere in Messico col cantante, trasferitosi lì già da qualche tempo, mentre gli altri due, Ivo e Telmo, proseguirebbero la loro vita a Madrid con Palau. Intanto, però, gli avvocati di Palau hanno fatto trapelare la notizia di una causa di quest’ultimo nei confronti dell’ex compagno per ottenere la custodia esclusiva dei figli. Un accordo del genere sarebbe legale in Italia? Cosa prevede la legge Cirinnà quando un’unione civile naufraga e si è in presenza di figli? Ci risponde l’avvocato Lorenzo Puglisi, presidente e fondatore dell’associazione Familylegal.

Cosa succede se la coppia ha figli?

La legge non contiene alcun riferimento alla ‘stepchild adoption’, pertanto per i figli biologici di uno solo dei partner non può ancora essere previsto un diritto di frequentazione successivo alla separazione. Circostanza che potrebbe variare in caso di avvenuta adozione da parte dell’altro partner con una serie, tuttavia, di incognite, che rendono impossibile prevedere l’esito di un eventuale procedimento giudiziario.
 

Cosa succede se i figli sono di entrambi?

Solo quando i figli sono di entrambi, in caso di scioglimento dell’unione civile si estendono i diritti e i doveri genitoriali previsti in caso di dissoluzione di coppie eterosessuali con figli comuni, come il diritto di frequentazione o il diritto al mantenimento o all’assegnazione della casa familiare. Al contrario, nel caso in cui il figlio fosse di uno solo dei due partner, parallelamente a quanto avviene per le coppie eterosessuali, non si configurerebbe alcun diritto né obbligo per colui che legalmente non risulta genitore.
 

Esiste un periodo di separazione come per il matrimonio?

Rispetto al matrimonio poi, le cose cambiano anche quando le parti decidono di dirsi addio. Alle unioni civili infatti non si applica l’istituto della separazione, in sostituzione del quale è previsto un meccanismo più complesso che le parti dovranno utilizzare per porre termine alla loro unione; un meccanismo per così dire ‘misto’ in cui concorrono volontà delle parti, l’intervento dell’autorità amministrativa e di quella giudiziaria.
 
Nel caso in cui una o entrambe le parti vogliano sciogliere la loro unione, dovranno prima manifestare la loro volontà davanti all’Ufficiale di Stato civile e poi, trascorsi tre mesi, presentare al Tribunale competente domanda di scioglimento dell’unione civile, sia essa in forma congiunta o in forma contenziosa. La regolamentazione dell’istituto non prevede la preventiva separazione, né la necessità di una dichiarazione congiunta. L’assenza dell’accordo e la snellezza del procedimento introducono una novità nel sistema, che sembra, quindi, prevedere una forma di divorzio immediato.
 
Lo scioglimento dell’Unione civile comporta fondamentalmente l’estinzione dei doveri reciproci di coabitazione, assistenza morale e materiale e collaborazione che derivano dal rapporto a carico delle parti e restituisce agli ex partner lo stato libero, al fine di poter contrarre un nuovo matrimonio o un’altra unione civile.
 
Esiste un assegno di mantenimento?

Tenuto conto delle condizioni delle parti, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti questi elementi anche in rapporto alla durata del rapporto, la legge prevede l’obbligo per una delle parti dell’unione di somministrare periodicamente a favore dell’altra un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
 
Di fatto, non c’è ancora stato il tempo materiale per costituire un filone giurisprudenziale autonomo. Pertanto, per analogia con la disciplina prevista per il divorzio, si possono applicare i criteri dettati dal più recente orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione: l’eventuale assegno quindi diventa una forma di sostentamento assistenziale, perequativo e compensativo.
 

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È prevista la pensione di reversibilità?

In caso di morte dell’ex partner, al superstite spetta la pensione di reversibilità. Se poi dallo scioglimento dell’unione alla morte del partner, quest’ultimo abbia avuto un nuovo compagno (legalizzato con matrimonio o unione civile), quest’ultimo avrà diritto anch’esso a una quota della stessa pensione che dovrà essere determinata dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto.
 
Quante sono in Italia le unioni civili?

La legge Cirinnà ha dato un impulso alle unioni civili che, a fine 2017, hanno visto un incremento del 149,50%. Dal 29 luglio 2016, data in cui è entrato in vigore il decreto ponte per celebrare le prime unioni, i numeri sono cresciuti vertiginosamente. La classifica vede al primo posto la Lombardia con 1.514 unioni fra persone dello stesso sesso, il 24,9% del totale italiano. Segue il Lazio con 915 coppie (15,1%) e l’Emilia Romagna con 645 cerimonie (10,6%).
 
Il Sud si dimostra un passo indietro rispetto al Centro-Nord. La Campania è la prima regione meridionale a comparire in classifica, solo al settimo posto: 261 unioni, il 4,3% del totale. Puglia (141 unioni, 2,3%) e Sicilia (131, 2,2%) sono al nono e al decimo posto (dati www.truenumbers.it).

Quante le separazioni dopo le unioni civili?

Crescono le celebrazioni civili ma anche le separazioni. “Ad oltre due anni dall’introduzione della legge si assiste a un fenomeno di tendenziale equiparazione tra le separazioni ‘eterosessuali’ e le cessazioni delle unioni civili anche con riferimento ai numeri e alle percentuali che in città come Milano sfiorano il 40% delle relazioni”, conclude Puglisi.

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